L'inglese non è più una scelta ma un passaporto obbligatorio

L'inglese non è più una scelta ma un passaporto obbligatorio L'inglese non è più una scelta ma un passaporto obbligatorio Nell'era della rivoluzione elettronica e delle grandi conquiste spaziali, delle guerre monetarle e commerciali, degli interscambi professionali e culturali, il «problema della lingua» torna prepotente alla ribalta dei rapporti personali, Interni e internazionali. Della «seconda lingua», naturalmente, essendosi ormai tutte le nazioni del mondo liberate degli ultimi Paesi coloniali e acquistato quell'identità per la quale hanno lottato e sofferto. E In questa lotta hanno ritrovato, con la loro libertà e la loro cultura, la dignità degli idiomi nazionali. La «seconda lingua», oggi nel mondo, è l'inglese. Dal Canada agli Stati Uniti, dal Paesi del Commonwealth al Giappone, dal Medio Oriente alla Cina e al Giappone l'inglese è senza dubbio la lingua più parlata, dopo quella nazionale. Conferenze Internazionali, accordi aziendali, convegni culturali e scientifici: In queste e in mille altre occasioni è necessario avere almeno robuste nozioni dell' inglese. Astronauti e piloti, marittimi e diplomatici, medici e giornalisti: nessuno può farne a meno. La scuola può e deve essere la prima sede nella quale apprendere questa lingua. A nostro giudizio, lo studio dell' inglese, in Italia, dovrebbe essere obbligatorio sin dalla prima classe elementare, trattandosi di una lingua viva e utile. Studiarla sin dall'infanzia vuol dire impadronirsene subito e poter perfezionarla nell'adolescenza. I vantaggi che ne deriverebbero sono ovvij intanto, si eviterebbe il ricorso a scuole specializzate e private con un notevole risparmio per le famiglie. In secondo luogo, gli allievi acquisterebbero tali e tante nozioni, se non proprio la padronanza della lingua medesima, che consentirebbero loro, forse già alla fine delle classi medie inferiori, di parlare correttamente c correntemente una lingua che, di per sé, potrebbe anche facili tare la scelta dei corsi di stu dio superiori: ci riferiamo all' elettronica, alla fisica nucleare, all'Ingegneria, alla dìplo mazia, alla politica: insomma tutte quelle branche della vita pubblica e privata che oggi «scoraggiano» quanti non ricevono solide basi di studio e di tecnica. Se pensiamo alle intermi nabili polemiche che si sono fatte sul latino e sul greco verrebbe oggi da chiedersi perché il problema della «secondo lingua» non è stato risolto in senso positivo. Ma noi pensiamo che il punto non sia questo, che non si tratti e non debba trattarsi di una scelta tra le cosiddette •■lingue morte» e quelle «t>it>e-. Il latino e il greco sono slate e restano lingue utili e vivissime, soprattutto per coloro che scelgono corsi umanistici: la scelta del lati no non può e non deve slgnl ficare rinuncia delle lingue moderne e parlate. Detto questo, la scuola dovrebbe anche porsi seriamente e in forma definitiva il problema dell'«a/<ra lingua», dopo l'inglese. E qui la scelta non può che essere facoltatia seppure diversificata. Fino a oggi, nella maggior parte del casi «l'altra lingua» era il francese o l'inglese. Posto che l'inglese debba essere la seconda», «l'altra» dovrebbe essere affidata alle scelte dell'allievo e, ovviamente, delle scuole che la insegnano. Come terza lingua oggi si potrebbe tranquillamente indicare il francese. Sono ancora numerosi e immensi i Paesi nei quali si parla: dal Libano all'Untone Sovietica, dal Quebec all'Africa francofona al Sud-Est asiatico. Ma gli sconvolgimenti politici del dopoguerra, la fine della colonizzazione, hanno portato alla ribalta altri Paesi e altre lingue: dall'arabo al cinese, dal russo al giapponese al tedesco. Senza dimenticare un'altra «lingua storica», lo spagnolo, che fa ancora aggio in tutta l'America Latina e nell'intero continente sudamericano (con una sola eccezione di rilievo, il Brasile, dove la lingua parlata resta il portoghese). In quest'epoca, nella quale il concerto delle nazioni ha sempre più bisogno di dialogo c di distensione, la scucia può gettare le basi della futura coesistenza pacifica. La libera circolazione degli uomini e delle idee, sancita dalla Carta di Helsinki, si può e si deve aiutare anche con l'arricchimento e la facilitazione del dialogo, e questo può avvenire se gli studenti di oggi potranno un giorno attingere a un tesoro di conoscenze culturali e linguistiche che in passato troppo a lungo sono state sacrificate o sottovalutate. A