Quale cultura esportiamo?

L'immagine dell'Italia nel mondo: il giudizio di quattro scrittori stranieri L'immagine dell'Italia nel mondo: il giudizio di quattro scrittori stranieri Quale AL Festival di Cannes, che si è inaugurato ieri sera, ci sono due soli film italiani, fra le centinaia degli altri Paesi, in concorso e fuori concorso. Il talento nazionale, che si era espresso per decenni sullo schermo, non esiste più? O ha scelto altre forme per manifestarsi? Dagli Anni Cinquanta il cinema era stato il canale più importante per presentare la nostra cultura, o almeno la nostra creatività all'estero. E oggi il settore è in crisi, dall'antico filone aureo escono rade pagliuzze. Le testimonianze raccolte da Lietta Tornabuoni su «La Stampa» sono tendenzialmente pessimiste. Ma è affidata soltanto al cinema la nostra immagine nel mondo? Mentre l'arte italiana viene sempre più sollecitata a varcare l'oceano, e il più clamoroso best-seller internazionale è il romanzo di Eco, è forse legittimo chiedersi quale cultura esportiamo: se sono cambiati i meccanismi del mercato, o la qualità dell'offerta, o della domanda. Abbiamo rivolto il quesito a quattro Scrittori, di quattro.Paesi. Per gli Stati Uniti a Gore Vidal, romanziere, saggista, da anni radicato in Italia, profondo conoscitore della nostra realtà. Per la Francia a Jean d'Ormesson, della Académie, romanziere e giornalista, che ha sempre dedicato molta attenzione alle nostre vicende cultu- rall. Per l'Inghilterra ad Anthony Sampson, saggista, storico, autore della fortunata «Anatomy of Britain», reduce da un viaggio nel nostro Paese. Per la Germania a Hans Magnus Enzensberger, poeta e saggista, autore di una recente inchiesta sull'Italia. 1 x? loro risposte sono personali, come le avevamo chieste, rispecchiano situazioni diverse, non solo geograficamente: ma proprio la loro diversità mette più a fuoco il problema. Non emerge una sola linea comune. Ognuno dei quattro interlocutori è colpito da un singolo aspetto, e ne dà testimonianza. Per Gore Vidal è la letteratura, con il teatro; per d'Ormesson l'arte; per Enzensberger l'architettura; per Sampson 11 design. Per tutti e quattro, nel fondo, risuona ancora la nota del cinema. La cultura italiana è quella che va da Michelangelo a Visconti, dal Giudizio universale al Gattopardo, sottolinea d'Ormesson, che non dimentica il richiamo dei secoli, anche nell'attualità. Le indicazioni sonò Varie, sarebbe imprudente scambiarle per applausi, oltre la simpatia che i quattro hanno per il nostro Paese. Enzensberger, che è il più critico, ci mette in guardia dal vecchio vizio italiano,di esportare soltanto pochi protagonisti, dimenticando l'unità di una cultura. 1.1. Hans Magnus Enzensberger Emilio "inclini: «L'uomo , T 9idea dell'Italia \\ J—i moderna, di come la sua cultura si espandeva e cambiava, era senz'altro proiettata all'estero dal cinema italiano,' in questi ultimi decenni. Fino ad un certo punto lo è ancora, nel senso che quei pochi film italiani che si proiettano in Inghilterra e che vengono centellinati nei cineclub, arrivano alla ribalta inglese con immancabile ritardo. Ma è ormai il design la voce contemporanea, e l'architettura e il disegno nella moda, nel mobile, nel vestito e la stoffa. Se in un negozio inglese c'è un oggetto italiano lo si vede a un miglio di dtstan- Anthony Sampson , T 9INFLUENZA cul\\ I j turale italiana è i sempre consisten¬ te, sul francesi e su di me. Porse la letteratura — 11 pruno elemento che interessa — è un po' soffocata, in Italia, dal rigoglio straordinario dell'architettura, Roma, Venezia, Firenze, hanno un'enorme presa su di noi. Bpesso, per un francese, la cultura si confonde con un viaggio in Italia. Non esiste cultura, per un francese medio, senza aver visitato l'Italia: Si, esiste una confluenza di cultura, arte e turismo che assicura all'Italia 11 primo posto nel mondo. •Il secondo elemento d'Interesse resta il cinema: da Rosselllnl a Felllnl, da Visconti a Scola, il cinema Italiano ha esercitato una grande influenza non solo sulla critica, ma anche sul grosso pubblico. I trent'annl gloriosi del vostro cinema hanno contato, per la dell'organizzazione» (1968), pari. « Un 'altra manifestazione della cultura italiana, è la stabilità, prova di antica forza e sicurezza. Da anni gli osservatori politici stranieri hanno guardato verso l'Italia coti trepidazione: e invece la rivoluzione, l'instabilità non è venuta dall'Italia, come tutti ci si aspettava, ma dalla Francia. Craxi si lamenta della mancanza di praticità di partiti quali il laborista e dei socialisti francesi, ed ha ragione. •L'Italia mi dà l'immagine di un Paese culturalmente molto vivo. Lo si vede anche nella gente. Come lo si vede nella cucina e nei consumi-. dranno al macero, e non c'è dietro solo lo spreco della carta: vanno perdute tutte le spese generali e redazionali e industriali e promozionali e di distribuzione. Un piccolo disastro. Domanda: Come mai possono succedere cose del genere? Risposta: tutti i quattro tìtoli del piccolo scandalo di oggi sono in vario modo fuori diritti, «di pubblico dominio^, sono per definizione a portata di mano del primo che li vuole tradurre o pubblicare o ripubblicare. Obiezione: fatto salvo Polidori, libro vecchio di un secolo e mazzo, san davvero fuori diritti gli altri tre? Forse sì, forse no; ma lasciamo perdere. Se ne occuperanno (inutilmente) gli avvocati. Inutilmente, perché saranno altri soldi che se ne volano dalla finestra. Allora? Chi pubblica libri fuori diritti corre sempre questo rischio e II discorso finirebbe lì. Gore Vidal Leopardi. Se la cultura italiana ha un posto appropriato, in Francia? Credo che, grazie alla pittura, alla scultura, al Rinascimento, non ci sia un altro paese che si confonde con l'arte più dell'Italia. Piuttosto, l'Italia è un po' museo, è il museo del mondo. Ci si chiede se sia possibile un'immagine moderna della sua cultura Ebbene, Michelangelo e Visconti, il giudizio universale e il Gattopardo, fanno si che il posto dell'Italia nella cultura mondiale sia 11 più invidiabile. Se si può fare di più? Oli istituti di cultura e la società Dante Alighieri sono molto attivi in Francia. Ma l'Italia ha ragione di sviluppare il turismo: è il miglior servizio alla cultura: Diceva.Cocteau: "n francese è un italiano di cattivo umóre". L'Italia deve conservare l'immagine di cultura Inondata di sole». Jean d'Ormesson