Nel Celeste Impero Verne gioca al detective

Un «viaggio straordinario» in Cina Un «viaggio straordinario» in Cina Nel Celeste Impero Verne gioca al detective «La finta notte» di Troisi La vita è un ring per la coppia che inganna il cuore viaggio che il protagonista, di nuovo ricco e desideroso di vivere, deve fare per rintracciare Wang e farlo recedere dal suo proposito omicida. Ma questo espediente così caratteristico della narrativa verniana assume qui un rilievo assoluto e straordinariamente rivelatore: non finalizzato alla conoscenza del mondo né allincontro dell'avventura e neppure al raggiungimento di una meta, non provocato da un solido motivo (andare alla ricerca di Wang non è piti prudente né più sbrigativo che attenderlo all'appuntamento), il viaggio è ridotto alla sua nuda essenza di movimento, alla sua virtù di coniugare in maniera sempre nuova ed esaltante uno spazio ed un tempo. 1francesi, con uno dei loro soliti calembours, l'hanno chiamato l '. Univerne», e non per l'ambizione dt universale conoscenza che guida Verne alla scoperta dei «mondi conosciuti e sconosciuti; ma perché quello che i suol libri disegnano, malgrado lo scrupolo documentario e la serietà didattica, è un mondo a sé, la cui scoperta, non meno avventurosa, è affidata alla sagacia del lettore. Finché i «Viaggi straordinario sono stati una lettura per ragazzi, si è creduto che a dare l'impronta a quel mondo fosse il lievito dell'avventura e che tutto si risolvesse in un felice e un poco fantasioso impasto di aggiornate conoscenze scientifiche e buoni sentimenti, in un breviario, tutt'altro che pedantesco, di scienza e di morale. Poi, con l'inattesa promozione di Verne agli onori della letteratura maggiore, ci si è accorti che quel breviario ero pieno di curiose Incongruenze e anche di sottili veleni: il perbenismo borghese non riusciva a celare qualche ansia rivoluzionaria, la fiducia nel progresso non sapeva smuovere il ferreo conservatorismo, l'amore per l'umanità non impediva manifestazioni di antisemitismo, di sciovinismo, di razzismo colonialista, la rigorosa castità degenerava in misoginia e lasciava trapelare qualche indizio di repressa omosessualità. Soprattutto ci si è accorti che era questa intelaiatura di pensiero a determinare l'assetto dei •mondi conosciuti e sconosciuti; a giustificare non soltanto il proposito dei viaggi di conoscenza, ma anche i loro itinerari, le peripezie e perfino i dettagli delle descrizioni. Per Verne, il giro del mondo in ottanta libri era insomma un alibi per una esplorazione di sé, forse inconsapevole, certo abilmente camuffata, anche se non fino al punto da non risaltare nell'economia generale di un'opera così varia e molteplice, ma, in fondo, così ripetitiva. Nelle Tribolazioni di un cinese in Cina, che è l'unico romanzo che Verne abbia ambientato nel Celeste Impero, questa ambiguità si avverte in maniera indiret' ta, ma ugualmente inequivocabile: la storia del giovane King-Fo che, credendosi rovinato, decide di farsi uccidere dall'amico filosofo Wang, si regge tanto su un fatalismo orientale di maniera quanto su concrete e molto occidentali preoccupazioni (e precauzioni) finanziarie. La Cina, descritta con precisione manualistica, e la corretta ambientazione storica servono solo a fornire la giusta dose di suggestione esotica, e poco importa se questa cornice : non s'intona troppo a una vicenda di polizze assicurative e di detective* americani o a un personaggio come King-Fo die, ■per la propria corrispondenza personale, si serve già del fonografo. La sutura tra digressioni descrittive di usanze e paesaggi e lo sviluppo della vicenda è affidata al lungo e affannoso E non è un caso se di questa scorribanda per la Cina la nostra memoria non salva neppure uno scorcio e lascia invece sopravvivere tutto lo strabiliante repertorio dei mezzi di locomozione, giunche, steamer, cammelli, scafandri galleggianti del ' capitano Boyton, ingegnose carriole a vela e perfino bare: sono loro t depositari del tema profondo dell'avventura verniana, gli emblemi di una peregrinazione inarrestabile che, più che ad un viaggio, assomiglia auna fuga. Jules Verne, se in Cina», tSerra e Riva, DA tempo Dante Troisi va perseguendo un narrare sempre più disseccato, prosciugato, ellittico, da cui è tolta via ogni concessione all'ordinato e progressivo svolgimento di vicende, alla descrizione del personaggi, alla spiegazione degli Impulsi e dei sentimenti e anche delle situazioni che sono all'origine del discorso letterario. Questa accanita ascesi appare ora condotta alle conseguenze estreme ne La finta notte: un'opera che si svolge come sequenza di frammenti, di Illuminazioni, tanto violente quanto spezzate, sènza continuità, di pensieri, azioni, progetti, Intenzioni, discorsi, di rivelazioni, ma ambigue, contraddittorie, dubbie, oscillanti fra memoria e sogno, visionarietà e realtà. Lo scavo Interiore e stre- ! nuamente perseguito da! Troisi: ciò che più gli Importa è cercare di chiarire 11 fondo oscuro dell'anima, dove fermentano e, a tratti, esplodono odi, rancori, tensioni, amore, dolore, Inganno, disperazione. L'occasione di tale indagine: d'anima è data dalla vita di una coppia, esasperata nel contrasti, nelle reciproche insofferenze, nel rancori senza pace, nel continuo, rivoltarsi dell'amore in sospetto, della tenerezza In furia, del rapporto amoroso in accanimento sadico, _ che sogna 11 delitto, l'uccisione del partner. Ritorna ossessivamente l'Immagine dell'assassinio, sognato dall'uomo e dalla donna che compongono la coppia, indifferentemente, In uno scambio continuo di parti fra assassino e vittima, reso ancora più ambiguo dal fatto che la vittima sembra desiderare di essere tale e l'assassino, a sua volta, appare, nel momento in cui si appresta a uccidere, come colui che si carica dell'espiazione di tutto'il male che è nato ed è ere- i soluto durante la vita di coppia. > Ma l'opera, più che di fatti, parla di sogni e di intenzioni e di fermenti della mente. Le ripetute scene; In cui 1 due partners si affrontano, rinfacciandosi 11 passato o le più malvage e subdole Intenzioni del presente o un futuro di tradimento, npn hanno, In ulti¬ LA vicenda di Marionette del destino comincia nell'Irlanda del troubles (i sanguinosi moti Irredentisti all'epoca della prima guerra mondiale) é continua negli Anni Venti, per concludersi ai giorni nostri. Protagonista spesso narrante in prima persona è un fanciullo di famiglia angloirlandese e protestante, appartenente cioè a quel ceto che entrambe le fazioni hanno motivo di considerare con diffidenza. Peraltro agli inizi il conflitto non è che un rombo di tuono lontano, e molte pagine (per inciso, fra le più suggestive del romanzo) sono dedicate alla descrizione dell'irrecuperabile mondo ingenuo e pittoresco dove Wlllie cresce e viene educato. Poi scoppia la catastrofe, anche questa vista e raccontata, assai abilmente, attraverso gli occhi del fanciullo. Per un'assurda rappresaglia ordinata dalle ma analisi, una consistenza reale maggiore del ricordi, che ossessionano l'uomo, delia guerra nel deserto libico e della prigionia o degli scontri sull'Ussuri fra Russi e Cinesi, o degli uomini che hanno avuto Nora prima di Cosimo: fantasmi della mente, che concretano In nomi e in apparenze di fatti le angosce e gli orrori della vita della coppia, In quanto circoscritta in modo soffocante al rapporto dei due che la compongono, In funzione del quali sembrano ruotare tutti gU altri uomini e la stessa storia del mondo. La guerra sull'Ussurl (secondo 11 nome russo) o Wusuii (secondo 1 Cinesi) non è diversa, quanto ad assurdità e crudeltà, dalla lotta che contrappone, nella vita di coppia, Cosimo e Nora Le ferite dolgono ugualmente, le vittime, che, a turno, sono Cosimo e Nora, sono uguali alle vittime distese nel boschi, sul traverso l'amore per la cugina inglese Marianne: un incontro brevissimo seguito da una lunga e apparentemente interminabile separazione, per far terminare la quale occorrerà addirittura il sacrificio di una creatura innocente. Questa parte del libro è la più ambiziosa e originale, e anche quella meno totalmente convincente; per spiegare la ragione delle mie perplessità dovrei però darne ulteriori particolari e discutere il finale, facendo torto all'autore, che certo conta sull'effetto sorpresa per lasciarci con la bocca amara. Mi limiterò a osservare che il suo happy ending è del più insoliti che mi sia capitato di registrare. William Trevor è nato a Cork nel 1928 e si segnalò vent'anni fa vincendo lo Hawthornden Prize col suo primo romanzo, The Old Boys; quello odierno è stato accolto come il suo migliore. Senza dubbio è un

Luoghi citati: Cina, Irlanda, Marianne