Lingotto una fabbrica cambia vita

INTERNO INTERNO Il recupero dello storico stabilimento Fiat: un simbolo e un sogno di Torino Lingotto, una fabbrico cambio vito Per la città del futuro Una scommessa seimila pilastri di Piero Bairati Nell'ottobre del 1923. pochi giorni prima che Benito Mussolini venisse a Torino In visita ufficiale per vedere il nuovo stabilimento del Lingotto, il senatore Giovanni Agnelli convocò nel suo ufficio una commistone di operai. Uno di loro ricordò le sue parole: «Ci sono tre modi per ricevere Sua Eccellenza il Capo del Governo: applaudire, tacere, sabotare. Il tergo non mi va: vi lascio scegliere tra i primi due-. Mussolini venne, vide 11 Lingotto, si conquistò qual che applauso e molto silenzio. Ma tutto sommato fu la meno malriuscita delle tre vi site che Mussolini fece alla Fiat. Le altre due, nel 1932 in occasione del decennale della marcia su Roma, e nel 1939 per l'inaugurazione del nuovo stabilimento di Mirafiorl furono un fallimento. Consolidarono la sua viva antipatia per questa città, la privato gli scappò anche un'impreca^ zlone: •Porca Torino!: Mussolini ebbe comunque parole di vivo apprezzamento per lo stabilimento del Lln gotto. E come lui si espressero 1 molti visitatori che In quegli anni si recarono ad ammirare quell'Insolito edifi ciò a cinque piani, con la rampa elicoidale e la pista di prova sul tetto: Vittorio Emanuele III, i reali del Bel gio. Umberto di Savoia, 11 re di Grecia, Maria José, 11 prln cipe di Romania, Paolo di Serbia, il principe ereditario di Giava, il ras Tafari d'Etiopia, il figlio dello scià di Persia, le famiglie reali del Siam Afghanistan, Yemen. Filippo Tommaso Marinettl- non poteva mancare In quella festa del movimento e della velocità. Vennero anche illustri architetti, che videro nel Lingotto un edificio di ec¬ I venti proget cezionale originalità, superiore al suo stesso modello Ispiratore, lo stabilimento della Ford Motor Company di Htghland Park. Le Corbusier ne parlò con ammirazione e ne ricavò qualche preziosa indicazione per il suo piano di sistemazione urbanistica di Algeri. I letterati ci fecero sopra molta letteratura, i pensatori molte belle pensate. Molto più cauti furono invece i tecnici e gli ingegneri. Quando lo stabilimento cominciò ad avvicinarsi alla soglia della sua massima capacità produttiva, alcuni dirigenti della produzione co mlnclarono a lamentarsi. Lo sviluppo verticale dell'edificio creava delle strozzature nel flusso della produzione. Nello stesso tempo la produzione automobilistica europea, in quegli anni, aveva fatto molti passi avanti; la Fiat correva il rischio di non riuscire a co gliere le nuove e promettenti possibilità che il mercato in ternazlonale stava offrendo. E fu cosi che, già nella prl ma metà degli Anni 30, ma turò l'idea di costruire un nuovo stabilimento più ampio, a sviluppo orizzontale: sarà la fabbrica di Mirafiorl, ispirata da una concezione architettonica esattamente opposta a quella di Lingotto. Per lo stabilimento di Via Nizza venne proposto il prl ino plano di riutilizzazione Nel 1937 Agnelli si consultò con Giancarlo Vallauri, rettore dell'Istituto di Ingegne ria. Insième abbozzarono un piano che prevedeva 11 trasferimento al Lingotto di tutti gli istituti del Politecnico, ai quali si sarebbero aggiunti laboratori di nuova costruzione, aule, biblioteche, un . convitto per gli studenti. ''Venne anche prospettata, con le autorità competenti, la possibilità di trasferire a Lin gotto l'Accademia Militare e ti per rilanciare la Scuola di Applicazione di Artiglieria e Genio. Si sarebbe cosi creata una grande concentrazione di strutture tecniche e scientifiche per la ricerca teorica e applicata. Gli enti interessati, tuttavia, non riuscirono a mandare avanti i negoziati per la scarsità delle risorse a disposizione, ma anche per una forte resistenza psicologica di fronte a un progetto cosi Impegnativo, che comportava una ristrutturazione generale della loro organizzazione e dislocazione nel tessuto della città. L'approvazione di Mussolini non fu sufficiente a indurre le autorità accademiche e militari a fare questo passo. A parte le riserve e le critiche mosse dagli ingegneri e fatte proprie dall'alta dirigenza, lo stabilimento di via Nizza segnò una svolta importante nella storia della Fiat e della città. La neces sita di Investire gli Ingenti capitali accumulati dopo 11 1915 e le prospettive di un mercato internazionale in espansione, avevano suggerito l'opportunità di abbando nare il vecchio stabilimento dì corso Dante, che non potè va più garantire una scala di produzione sufficientemente renumerativa. Ma il Lingotto non signi fico soltanto un Incremento delle dimensioni produttive Significò anche un radicale mutamento organizzativo e, in particolare, 11 passaggio dal lavoro .sul posto» alla co.tena di montaggio. Con queste sue nuove caratteristiche, il Lingotto fu anche il punto d'in-contro e di formazione d una nuova dirigenza tecnica amministrativa, commerciale, organizzativa. I dirigenti entrati alla Fiat negli «anni del Lingotto», giovani o relativamente giovani, furono gli stessi che governarono per i decenni a venire. Oggi il Lingotto non è più una fabbrica: è diventato di nuovo, come negli Anni 30, una grande massa edilizia da riutilizzare per la Torino di domani. Anche in questo 11 Lingotto"*fedéle «nastra storia: continua a-ossero un se gno premonitore della città futura. il complesso i l il ta di un turno di lavoro dalla fabbri e sugli inizi e gl ca del Lingotto i anni difficili di G. Mario Ricciardi L'esaltante 'Viaggio- della fabbrica di via Nizza s'Inizia nel 1915. A volerla è Giovanni Agnelli senior che, nell'aprile del '16, acquista 378 mila metri quadrati per lo stabilimento. La Fiat chiede e ottiene, il 28 marno del '17, il .nulla osta» ai lai>ori. Si comincia con le presse. Il progetto è un gioiello di sobrietà architettonica. Nasce da uno sforzo eccezionale, sconvolge la logica architettonica degli Anni Venti, porta le firme di Guido Fornaca, Ugo Gobatto, Giacomo Matte Trucco. Guida lo staff quest'ultimo. E disegna una costruzione-sfida per una Torino che diverrà capitale dell'automobile. Così, lentamente, prende forma una facciata austera Il senatore Giovanni Agn pagina del movi che si staglia nel panorama anonimo della periferia della città: due corpi paralleli e le officine allineate sul piani diversi. «Uh capolavoro», come scrive Marco Pozzetto che gli dedica un libro, La Fiat Lingotto del Centro Studi Piemontesi. L'idea della pista sui tetti è del '19. Due anni dopo è I realtà: 1050 metri di lunghezza, 24 di larghezza, due curve paraboliche all'estremità larghe 16 e mezzo: un tributo alla civiltà del movimento. Ci si arriva dalla famose rampe elicoidali, l'ultimo ritocco a una costruzione d'autore. Sboccia il '22 con tutto ciò che trascina con sé. In barde ra Nizza apre le porte un complesso mal visto: due fabbricati longitudinali paralleli, cinque piani d'officina soste- elli e Vittorio Valletta mento operaio nutt da 6155 pilastri, la palazzina degli uffici. Per l'Inaugurazione, il 23 maggio del '23, c'è Vittorio Emanuele III. Nell'ottobre dello stesso anno tocca a Mussolini. Scrittori, poeti, cronisti si scatenano in mille descrizioni: «...una nave favolosa scivolata dal mitici oceani sulla pianura dei Taurini»; «un'altra città col muri di vetro»; tempio del taylorismo»; «la più grande tra tutte le fabbriche d'automobili d'Europa»; «Immensa arteria che porta commercio a Torino». Stupore, meraviglia, occhi spalancati e un giudizio di Le Corbusier: «Documento per 1' urbanistica». Anche l'opposizione operaia si esprime. Dal marzo del '27 esce Portolongone, foglio di battaglia del lavoratori del Lingotto. La produzione -gira- dal '23 con 6900 operai. Nel '26 saranno dtclottomtla. La disposizione del macchinari è di Ugo Gobatto. Li vuole rigorosamente In progressione in una geometria puritana, arida, feroce. Dalle fine degli Anni Venti all'inizio dei Trenta dal Lingotto escono dodici vetture l'ora, 50 mila l'anno, due turni di lavoro il giorno. La produzione cresce fino al '26, crolla nella crisi del '31, risale dal '35 in poi. Forgia la «501», dal '25 al '29 la Fiat 509, prima vettura di serie con motore Inferiore ai mille cavalli, prima ad essere venduta con sistema rateale Sava. Dal '32 al '37 trionfa la Balilla, utilitaria con carrozzeria e struttu-. ra Interamente metalliche. Dal '36, In via Nizza si costruisce la Fiat 500 Topolino, la plU piccola del mondo. E naturalmente decine d'altri prototipi: dall'Ardita alla 2800, alla 1500 alla Lancia Delta, l'ultima. Fino al '39 Lingotto è il più grande centro di produzione Fiat. In via Nizza si forma la classe operala torinese. Durante la guerra viene più volte bombardato: nel '42, nel '44, massicciamente. Consuma tra mille insidie le conseguenze degli ultimi fuochi del, regime fascista è' l'occupaeio■ne, nazista, fino all'aprile del 1945. Con la nascita di Mirafiori, è il declino: r e o l i n i e n » a i — a o a a » , . i r l e i i ' e o , è a e o a o, i Villar Perosa gli aveva dedicato una piazza, Giovanni Agnelli aveva fatto cambiare le insegne in «Piazza della Pace». Certo, 11 Lingotto non era Torino, non era l'Italia: che, dal Veneto all'Appennino ligure, sarebbe rimasta a lungo un'immensa questione meridionale. Quindi il movimento operaio — con l'avvento del fascismo e la dispersione (arresto ed esilio) dei suoi capi più agguerriti e lungimiranti: Gramsci, Terracini. Tasca, Sereni — tornò per lo più a ispirarsi ad altri modelli, più arcaici, legati alla campagna, segnati dal passaggio di prima generazione dal mondo contadino alla periferia urbana. Ma il futuro non era nelle povere vicende umane del sottoproletariato contadino e urbano, oggi metodicamente esplorate anche attraverso la «storia orale» — per esempio in Torino operata e fascismo di Luisa Passerini (Laterza) —, bensì In un modulo di produzione che diveniva metro per qualsiasi politica, scontro sociale, prospettiva di sviluppo. Si può far datare dal Lingotto Il definitivo tramonto del rifiuto della fabbrica da parte del movimento operalo italiano. La prosperità dell' azienda significava infatti sicurezza del salario e iniziati-' ve assistenziali; i suol ritmi divenivano costume (soprattutto con la diffusione della 501 progettata dall'avvocato Carlo Cavalli). La sfida era però soprattutto su un altro più impegnativo terreno. Per continuare a contare, il movimento operalo non poteva Insistere nel tradurre in proteste e scioperi la somma dei disagi e del malcontenti individuali, bensì doveva portarsi sul plano organico prospettato dalla fabbrica di nuovo modello e gareggiare con la macchina produttiva, sfidandola nella progettazione del futuro. Perciò nella primavera 1943, durante la Resistenza, e dopo la Liberazione, la parte più matura del movimento operalo, anche al Lingotto, non si lasciò più tentare dall' lnsurreziontsmo vecchia maniera, senza capo né coda, dal sabotaggio contro la produzione, e fece della fabbrica — vegliata e difesa nei giorni più critici —11 terreno di confronto con la dirigenza espressa da quel «professor Valletta» che, con l'aiuto di tante maestranze, anche di fede comunista, l'aveva vittoriosamente tutelata dalle requisizioni hitleriane.