Alaska, dal totem al Duemila

Ala$ka# dal totem al Duemila Nel più grande e più ricco Stato degli Usa ha avuto successo l'integrazione di esquimesi e indiani, ma non tutto è risolto Ala$ka# dal totem al Duemila I circa 65 mila «natives» non hanno subito la sorte dei loro fratelli del West - Non ci sono «riserve» e i diversi gruppi etnici convivono in un crogiuolo di razze - Il passaggio da una società preagricola ad una postindustriale ha provocato, però, uno choc culturale e molti guasti - «Qui un adulto su dieci è affetto da alcolismo» - Casette prefabbricate al posto degli igloo DI RITORNO DALL'ALASKA — Il tentativo di rlscat to è chiaro. A un secolo dallo sterminio degli indiani delle Montagne Rocciose, delle grandi praterie e del favoloso South West, 11 potere bianco fa ammenda con 1 loro fratelli dell'Alaska. Nel più giovane e forse più ricco Stato della Federazione, traboccante di petrolio e minerali, di foreste e pesca, la cui superficie copre un quinto degli Stati Uniti, Washington onora finalmente la giustizia. I circa 65 mila natives (indigeni) sono difesi nel loro diritti patrimoniali e culturali; In nessuno dei «lower forty-elght», gli altri 48 Stati, si è raggiunto cosi in fretta e bene il livello di integrazione razziale dell'Alaska. Qui convivono pacificamente 65 gruppi etnici, con i loro costumi e la loro lingua, la loro religione e la loro identità. Ci ha detto Willie Hensley, un esquimese Inupiat, presidente della United Bank of Alaska: «Per la prima volta, anche se con incongruenze, gli Stati Uniti realizzano il mito del crogiolo'. Storicamente, nulla pesa sulla coscienza americana più del cattivo trattamento degli indiani. Appena oggi, 1 discendenti di Sltting Bull, Toro Seduto, e di Geronimo, in parte tuttora relegati in riserve inospitali, ritrovano l'orgoglio se non i beni delle tribù semidistrutte. Tra le varie minoranze Usa, la loro, dagli Apaches al Sioux, è quella più discriminata. I popoli originari dell'Alaska hanno subito questa sorte solo inizialmente. Gilbert Gunderson, un sangue misto di Sitka (la madre era un'indiana Tlingit), si ricorda di quando, negli Anni Quaranta, i bianchi sedevano da un lato del cinematografo e gli indigeni dall'altro. Ma aggiunge: «Nell'ultimo ventennio, tutto è cambiato: i programmi d'assistema allo sviluppo sono i più generosi degli Stati Uniti, abbiamo totale libertà di scelta, il colore della pelle non fa più differenza». La svolta razziale In Alaska è maturata negli Anni Sessanta. La suggella, dal 1971,11 cosiddetto «Settlement act», la legge sugli insediamenti che ha organizzato gli lndige- ni in 13 grandi Corporatlons, di cui la principale, la Sealaska di Sitka, l'antica capitale russa, figura tra le prime 500 del prestigioso elenco della rivista Fortune. In effetti, 165 mila natives sono tutti azionisti di qualcuna delle società che posseggono fondi finanziari e territori, col loro patrimonio forestale, di pesca e minerario. «A livello locale — ci ha spiegato Willie Hensley — sono state formate anche 203 Corporatlons di villaggi. Il potensiale è-enorme, sebbene per sfruttarlo si incontrino difficoltà tremende-. Nessun indigeno, ha aggiunto, può vendere le azioni prima del 1991. «Il termine di venti anni fu fissato per permetterci di individuare le nostre ricchezse e programmarne l'uso: è un'impresa lunga e faticosa, e i benefici purtroppo si avvertono in ritardo». Gilbert Gunderson ammonisce però di non descrivere la condizione degli indigeni in termini idilliaci. «Il problema — osserva — è die stiamo compiendo in mezzo secolo un salto di un millennio. Le intenzioni e i piani sono buoni, ma la realtà, è un'altra cosa. Fino a non molto tempo fa, l'Alaska apparteneva al Medioevo, adesso è l'avamposto degli Stati Uniti nel 2000». Per 1 natives, è arduo soprattutto l'adattamento culturale. 'Da una società preagricola, veniamo spinti in una postindustriale: non tutti posseggono le risorse inferiori per riuscirci». «Come avvoltoi su una civiltà al tramonto». La testimonianza più diretta delle pene della crescita si trova nel tratto della Quarta A venne antistante il porto ad Anchorage. Come un tempo i pellerossa nel saloon del Far West, cosi oggi convergono nel bar gli indigeni travolti dal progresso. Tra canzoni western e prostitute, piccole' pepite d'oro e cattivo whisky consumano il loro dramma nell'ubriachezza, «/n Alaska un adulto su dieci è affetto da' alcolismo — ha dichiarato pubblicamente 11 governatore Bill Sheffield — e la percentuale tra l natives è ancora più alta». Le leggi sono dure, basta guidare ebbri e la seconda volta si perde per sempre la patente. Mala Tandra, una giovane indiana Athabascan che lavora in tribunale, ci riferisce che l'alcolismo è la ■ tragedia maschile» della sua razza. Ci narra un episodio. A Barrow, nell'estremo Nord, l'equipaggio esquimese di una baleniera feri cinque balene, 11 massimo previsto dalla legge, ma non riuscì a riportarne a terra neanche una. Bruciato nell'orgoglio, l'equipaggio sfidò la polizia e riprese il mare. Il suo capo, Bllly Neakok, mandò un telegramma di sfida al presidente Reagan: «Che la guardia costiera venga a prenderci». La Casa Bianca e l'ufficio del governatore lasciarono naturalmente perdere. E' in questo disagio, nel senso di «assedio culturale», come lo chiama Tandra, che affonda le radici 11 separatismo. A Barrow, Neakok è tra i fondatori della comunità Inuplat dell'Artico, che rivendica la sovranità dei territori settentrionali e dei ghiacci dell'oceano. Il giovane leader non tollera «Z'inyasione bianca» e detesta tanto gli imprenditori di estrazione messicana e coreana dei «lower forty-eight», che monopoliz¬ zano i commerci, quanto gli ecologi, 1 Greenpeace che contestano la caccia alla balena. Neakok sogna di fare della' Corporation regionale, la Artlc Slope, e di quella del villaggio, la North Slope Borough, due strumenti dell'indipendenza dal resto dell'Alaska e dagli Usa. «Il suo è un caso estremo — conclude Tandra — ma significativo. La maggioranza degli indigeni Ita accolto favorevolmente le riforme e per i nostri figli l'avvenire si preannuncia costruttivo. Noi... noi slamo la generazione del passaggio». L'aspetto più positivo del «crooioton è che non dà quasi adito a violenze. Dei 65 mila natives, 1 più, oltre la metà, sono esqui¬ mesi, disseminati lungo le coste del Nord-Ovest e a Sud di Anchorage. Gli indiani ammontano a 22 mila circa: gli Athabascan vivono all'interno e ruotano intorno a Pairbanks; 1 Tingllt, 1 più numerosi, 10 mila, originari del Canada, popolano 11 Meridione, insieme con poche centinaia di Tsmlshlan e Halda. L'ultimo gruppo etcnico è l'aleuto, arroccato sulla penisola e le isole. «Il nostro costume — avverte Tandra — si è modificato. I Tinglit, per esempio, scolpiscono i totem ormai molto raramente: una volta l totem erano i loro libri di storia, i loro annuari, testimoniavano della tribù. Lo stesso accade con gli Aleuti: non abitano più nelle loro specie di comuni. E a Nord tra gli igloo, le capanne di ghiaccio semisotterranee sono state sostituite da strutture metalliche e di plastica die reggono anche al permafrost, il gelo della terra». Con impeto inesorabile, 11 tempo cancella anche ogni traccia degli antichi coloni, Innanzitutto i russi. In nome degli Zar, marinai russi pre sero possesso dell'Alaska nel 1784 e 15 anni più tardi Alexander Baranof proclamò 81 tka ia capitale dei possedimenti. Ma la città, che sorge non lontano da Juneau, la capitale attuale, conserva poco di quell'epoca. La cattedrale ortodossa di San MI chele, ricostruita con enorme fedeltà dopo l'incendio del 1966, ha si un vescovo russo, ma egli officia anche in inglese e in tinglit. Il parroco, un indiano, dice che i fedeli non sono più di 800. «La cattedrale fu progettata da Rastrelli, l'italiano che edificò buona parte di San Pietroburgo, e a cui si deve anche la chiesa di Sant'Andrea a Kiev. I pescatori pregano ancora davanti alla sua icona, la madonna di Sitka, chiedendone la protezione. Ma la città è completamente americana, tutta rock and roll, business e hamburger». Il viaggio nel natives da Fairbanks a Anchorage a Juneau lascia una sensazione strana: che le vecchie tradizioni sopravvivano e che le nuove si formino non tanto in nome di un'identità cui non bisogna rinunciare quanto ad uso del turisti. Le eccezioni sono forse le Olimpiadi indianoesquimesi che si svolgono a Fairbanks tutti gli anni, con le loro danze, i loro incontri di lotta, le loro lavorazioni delle pelli e il tiro della fune tra le donne indigene e gli uomini bianchi. Ennio Card to