Belgrado, 8 presidenti di Frane Barbieri

Belgrado, 8 presidenti Nuovo vertice, per gli anni più difficili Belgrado, 8 presidenti DAL NOSTRO INVIATO BELGRADO — La Jugoslavia da oggi ha otto nuovi presidenti •collettivi»: esattamente a quattro anni dalla morte di Tito cambia 11 vertice dello Stato socialista secondo le regole costituzionali lasciate in eredità dal fondatore della Repubblica. Per certi versi 11 Paese sembra tuttora sotto l'Incubo della perdita del capo storico, peraltri 11 tempo sembra correre rapidamente pure per gli jugoslavi, cosi che l'era di Tito sembra ormai lontana. Anche perché il Paese dell'autogestione ha conosciuto proprio in questo periodo la più grave crisi della sua mal troppo facile esistenza. Dei membri della neo-eletta presidenza federale nessuno aveva fatto parte del massimo organo con Tito vivente, quando il presidente collaudava la formazione collegiale destinata a succedergli. E' la terza generazione, anch'essa proveniente ancora dalla rivoluzione partigiana, che sale alle massime responsabilità. «Presidenza per gli anni difficili» diceva ieri la copertina di un prestigioso settimanale. Malgrado 11 cambio generazionale (tranne due, sono tutti fra SO e 60 anni) non si può supporre che sia la mancan¬ za di esperienza a rendere complicate le prospettive degli otto. Il rappresentante montenegrino nella presidenza, Djuranovie, è stato già primo ministro, lo sloveno Dolane ha coperto la carica di segretario della Lega comunista e ora viene dal ministero degli Interni, il serbo Ljubicic è stato ministro della Difesa per lunghi anni con Tito, due membri, il croato Vrhovec e il macedone Mojsov sono stati ministri degli Esteri, il bosniaco Mikullc aveva presieduto per un turno il partito comunista; infine anche i rappresentanti delle due regioni autonome, Hasani, albanese del Kosovo, e VlaJUovic, della Vojvodlna, avevano svolto importanti funzioni federali. Gli anni difficili che tutti prevedono per il Paese e per i suol otto nuovi capi vengono da una congiuntura economica la quale secondo tutti i sintomi non ha ancora toccato il fondo e da una situazione internazionale la quale restringe il retroterra strategico dei non allineati e minaccia di portare le tensioni più vicino alla Jugoslavia, nella zona balcanica. Le dimensioni della crisi economica sono già conosciute. In cifre: un debito di 21 miliardi di dollari, un'infla¬ zione del 60 per cento, una disoccupazione di 800 mila e un crollo del livello di vita attorno al 40 per cento. In immagini: negli aspetti materiali la Jugoslavia incomincia ad assomigliare ai Paesi socialisti, perde il colore, la vivacità e la relativa abbondanza della vita quotidiana, perde per certi versi nella vita civile gli slanci dell'eresia titolata, pur rimanendo socialmente e culturalmente più viva dei suoi antagonisti-omologhi orientali. Le ragioni del declino sono state esposte con un'asprezza inusitata dalla compagna primo ministro Planine, proprio ieri davanti al Parlamento. Le ha indicate principalmente in una mastodontica politica di investimenti, in una sproporzionata spesa pubblica, in uno scriteriato indebitamento con l'estero, del quale una buona parte è andata spesa nel puro consumo. Dalla fase di insolvenza, la Planine l'ha chiamata proprio cosi, la Jugoslavia non può uscire con i propri proventi in valuta (anche se registra quest'anno un saldo attivo di 300 milioni di dollari), ha dovuto cosi rinegoziare Frane Barbieri (Continua a pagina 2 In quarta colonna)

Persone citate: Hasani, Ljubicic

Luoghi citati: Belgrado, Jugoslavia, Kosovo