Le Filippine dopo 12 anni votano «quasi sul serio» di Vittorio Zucconi

Le Filippine dopo 12 anni votano «quasi sui serio» Parte dell'opposizione per il boicottaggio - Il ruolo della Chiesa Le Filippine dopo 12 anni votano «quasi sui serio» DAL NOSTRO INVIATO MANILA — Nel nostro bunker di lusso con l'aria condizionata stappiamo un' altra birra -Can Miguel* e assistiamo all'agonia di un regime che non muore e al travaglio di una democrazia che non nasce. La notte qui all'Hotel Manila, l'albergo dei governatori americani fino a Mac Arthur e all'invasione giapponese, costa come 11 mensile di una maestra elementare. Una cameriera al ristorante dell'albergo guadagna in mance più di un capo ufficio al ministero. Le prostitute nane di un «club» molto particolare qui vicino incassano in una settimana più del capo ufficio, della cameriera e di noi messi assieme in un mese. Dagli schermi dei televisori, il dittatore Ferdinando Marcos lancia gli ultimi insulti ai giornalisti stranieri (tutti «lacchè» dell' Unione Sovietica e tutti «mestatori» nella vita nazionale) e gli ultimi appelli agli elettori, come se non bastassero i voti che ha già in tasca prima di cominciare e che gli garantiscono i quattro quinti del seggi all'Assemblea Nazionale. Eppure, deve avere paura, perché ha detto che sarebbe «moifo sorpreso* se i suol avversari prendessero più di trenta seggi sul 185 in palio. Ma non importa: è vigilia elettorale a Manila. Domani, lunedi 14, si vota per la prima volta -quasi sul serio* dal '72, quando Marcos proclamò la legge marziale e, come un malato che esce da una lunga febbre, le Filippine barcollano, tremano, ma si godono a fondo queste ore, come una speranza di convalescenza. Per venti milioni di elettori, in 83 mila distretti sparpagliati su 7017 isole, 11 gioco democratico per quanto limitato, per quanto truccato, rivive come una memoria mai del tutto cancellata: questa era pure una democrazia, una delle rarissime in Asia prima di Marcos. Si rimescolano sudori, passioni e stri' scloni, si riaccende il fuoco sotto questo minestrone di culture, razze e isole che bolle sempre e che non cuoce mai. Tutto avviene nel segno dell'assassinio di Benigno Ninoy» Aquino, l'antl-Marcos ucciso all'aeroporto di Manila 11 21 agosto scorso. Le elezioni sono state imposte al dittatore da una America furibonda (Washington era lo sponsor politico di Aquino) come condizione per rifare la faccia al regime e giustificare nuovi aiuti finanziari dal Congresso e dal Fondo Monetàrio, indispensabili alla sopravvivenza del Paese. La campagna dell'opposizione legale, i dodici partiti raccolti nell'-Untdo-, è condotta da Corazòn »Cory» Aquino, la vedova del martire. Ma anche la lotta degli astensionisti corre nello stesso nome: il fratello di Aquino. Agapito detto -Butz», esorta a non Vittorio Zucconi (Continua a pagina 2 In seconda colonna)

Persone citate: Butz, Ferdinando Marcos