Luria,in bicicletta verso il Nobel di Ennio Caretto

 RIMA VOLTA NARRA LA SUA VICENDA DI UOMO E DI SCIENZIATO Luna, U bicicletta verso il Nobel PER LA PRIMA VOLTA NARRA LA SUA VICENDA DI UOMO E DI SCIENZIATO RIMA VOLTA NARRA LA SUA VICENDA DI UOMO E DI SCIENZIATO Luna, U bicicletta verso il Nobel Accolse la notizia del premio mentre lavava i piatti: «Le mie foto con quel grembiule devono aver distrutto il mito maschilista» Pioniere della ricerca medica, pubblica le sue memorie, rompendo un lungo silenzio - Come, ruggito dall'Italia fascista, si fece cittadino americano - L'incontro a Parigi con Carlo Levi • A cena da Fermi: «Aveva appena prodotto la prima reazione a catena» DAL NOSTRO CORRISPONDENTE NEW YORK — «Quella sera (1112 giugno del '40) lasciai Parigi In bicicletta... Un palo di volte fui 11 bersaglio di mitragliate scentrate di aeroplani. Il mio viaggio attraverso la Francia meridionale mi portò a Llmoges, Bordeaux, Tolosa e Marsiglia... Incontrai gente interessante: Carlo Levi, l'autore di Cristo si è fermato a Eboli, che viveva in stile principesco con la sua bella amante, e con cui scappai in tassi poco prima dell'arrivo dei nazisti... E Carlo Dozza, un comunista che aveva combattuto in Spagna e che dopo la guerra sarebbe diventato un quasi leggendario sindaco di Bologna.,. Marsiglia fu la mecca del mio viaggio, perché sede del consolato americano». Cosi Salvador EdioarA Ldria (si vedrà più avanti l'origine del nome), Nobel per la medicina nel '69, ricorda nell'autobiografia di recentissima pubblicazione il mommto più importante della sua vita, la fuga verso gli Stati Uniti, coronata esattamente tre niesl più tardi, il 12 settembre del '40, dall'arrivo a New York. Due soli altri eventi, scrive, ebbero analoga influenza sulla sua ricca vicenda di uomo e di scienziato: il viaggio in treno da Torino a Roma, nel 1937, in cui maturò la decisione di darsi alla ricerca, e l'occupazione nazista dell'Italia nell'agosto del '43, che lo convinse a farsi cittadino Usa. Oggi, settantaquattrenne, e direttore del Centro oncologico del prestigioso Mit, il Massachusetts Jnstitute of Technology, burla è uno dei massimi maestri dati da Torino alla società moderna Questo studioso schivo e impaziente, che per mezzo secolo è rimasto un mistero per il grande pubblico, è nato infatti nella prima capitale d'Italia, quasi all'ombra della Mole Antonelliana, e ha studiato al Liceo d'Azeglio, «per ''tradizione una delle grandi scuole del Paese», dove, ram'''foenta, plasmò II suo intelletto e il suo carattere quel gigante della letteratura latina e italiana, e del vivere civile, die era Augusto Mon ti. L'autobiografia è una splendida sorpresa. Per la prima volta, dietro il velo della riservatezza, Luria parla di sé, della propria opera e del proprio impegno politico con gradevole candore. La struttura rigida del libro — è a blocchi, l'adolescenza e la giovinezza, la parentesi parigina e l'immigrazione negli Stati Uniti, la carriera, e via di seguito —, la ferrea difesa della privacy individuale e familiare, il pudore dei sentimenti e delle emozioni si estrinsecano in una narrazione molto controllata, che annulla la suspense e smussa i colpi d'ala. Ma l'autobiografia apre egualmente squarct insospettati sul inondo culturale dell'Italia dell'anteguerra e l suoi protagonisti e sui fermenti americani dagli Anni Cinquanta agli Anni Settanta. Luria deve il Premio Nobel, condiviso con Max Delbruck e Alfred Hershey, alla scoperta della genetica del batteri, «una delle chiavi di volta, commenta, nello sviluppo della biologia molecolare, la fusione della biochimica e della stessa genetica». Quando incominciò a lavorarvi, alla fine degli Anni Trenta, inizio degli Anni Quaranta, era giudizio comune die i batteri non avessero né cromosomi né geni. Ma i suol esperimenti di laboratorio sui batteri, intrapresi già a Roma, avevano convinto Luria che le modlfi che in essi ottenute provetti vano dai geni. «Non potevo concepire un organismo senza geni ed ero convinto che dove esistono geni esiste anche la possibilità di modlfi che dell'organismo». Grazie allo scienziato torinese, i batteri divennero il fondaménto della ricerca gc netica nel dopoguerra. Nella sua opera di pioniere si sono innestate negli ultimi decenni scoperte importanti come quella di Hershey, che identlfico il materiale genetico delle cellule nell'acido nucleico chiamato DNA, e come quella di James Goldie e A. 3. Goldman sulla chemioterapia del cancro («Mi sono trovato addosso, ironizza lo scienziato, le vesti di suo precursore. A Ma il contributo di Luria alla medicina è andato oltre. Ha il merito della prima riattivazione di cellule o organismi danneggiati da radiazioni, ossia della prima ricombinazione genetica: nonché dell'illustrazione del fe¬ nzc nomeno cosiddetto di restrizione-modificazione, r/m, che è alla base delle moderne tecnologie del DNA. Nell'autobiografia Salvador E. Luria discute del suo complesso lavoro e della scalata al Nobel quasi con distacco: «Del miei tre principali contributi alla biologia, opina, solo 11 primo fu frutto di un'autentica illuminazione intellettuale. Il secondo fu frutto di metodo e lavoro. Il terzo fu un caso». Ma si contraddice quando definisce •una vocazione» il suo ingresso nella biologia attraverso la fisica e la radiologia: «Dirmi di non farla, era come dire a Oauguln di non dipingere». La notizia del massimo riconoscimento scientìfico lo raggiunse la mattina, mentre lavava i piatti dopo il breakfast: «Le mie foto, con quel grembiule, devono avere distrutto il mio mito maschilista in tutti i Paesi latini». Il libro s'intitola A slot machine, a broken test tube ("Una macchina a gettone, una fialetta di laboratorio rotta"), in riferimento a due episodi die fecero intuire al Premio Nobel il principio delle mutazioni genetichedei batteri. Pubblicato dalla Harper and Rou>, fa parte della collana della Fondazione Sìoan, Inaugurata da Disturblng the universe (Disturbando l'universo), di Freeman Dyson* I suol passi più affascinanti, tuttavia, hanno a che vedere con t congiunti, gli amici, la società, il fascismo, e più tardi il maccartismo, la bomba atomica, i diritti civili, il movimento contro il conflitto vietnamita. La personalità di Salvador E. Luria e il ritratto della nostra società ne emergono con immediatezza straordinaria. «Del nebbioso grigiore della mia nordica Torino e delle maniere contenute del piemontesi, davvero 1 protestanti d'Italia», il Nobel narra con palese affetto. Sfilano nelle prime pagine la madre, «autrice spiritosa - di 'parecchie tesi di studenti mici amici», perpetuamente preoccupata della propria salute; il fratello Giuseppe, malaticcio e serio nello studio; il compagno del cuore Ugo Fano, autoelettosi suo mentore, figlio di un professore di matematica dell'Università, oggi docente a Chicago; lo scienziato Giuseppe Levi, «da cui imparai come affrontare gli esperimenti e come portarli a termine». Il salto a Roma non fu facile: lo paragonerà a quello •dall'austera Boston alla California dei narcisi». E' però a Roma, dove si reca nel '37, terminato il servizio militare, che Luria si avventura nella scienza. Lo guidano per mano Franco Rassetti, «un uomo enciclopedico, con hobbles innocui come la memorizzazione di tutte le strade d'Italia», e Geo Rita, oggi professore di virologia a Roma. A Parigi, dove si trasfertrà» Vanno successivo, contribuiranno alla sua preparazione De Benedetti, del laboratorio Curie, e Bruno Pontecorvo, che nel 'SO scapperà In Russia. A Roma il confronto col fascismo è traumatico. Luria viene da una famiglia ebrea, descrive l'Italia come «la meno antisemita delle nazioni europee», ma avverte l'impatto del Manifesto della razza di Mussolini in modo devastante. Il suo antifascismo, nato negli anni universitari, non gli lasda altra scelta che l'esilio. Nei primi anni d'America, méta della «fuga del cervelli» dall'Italia fascista, sfila intorno a Luria un'eccezionale galleria di personaggi. Il primo ad aiutarlo è Enrico Fermi, già insignito del Nobel, poi il fisico Max Delbruck, uno del suoi eroi, quindi ancora Renato Dulbecco, anch'egli un futuro Nobel, e Luria a propria volta aiuterà.. Rita Levi Montanini,'destinata a diventare uno del massimi neuroblologl del nostro tempo, «soprannominata la regina, ricorda, per 11 suo portamento regale e la sua eleganza». Una sera del gennaio '43, Luria è a cena dai Fermi, a Chicago: «Quando la guerra sarà finita, sentiremo di grandi scoperte della fisica?», chiede al collega. «Sei indiscreto», gli risponde questi. «Come potevo immaginare, commenta Luria, che da pochi giorni Fermi avesse prodotto la prima reazione a catena sotto gli spalti dello stadio di calcio dell'università?». Il nome, Salvador Edward, Luria se lo dà all'atto della domanda di cittadinanza americana. Si chiama Salvatore, ma «Salvador, conquistador, ecc..» gli suona meglio. Tutti in America ìianno un secondo nome e llmplegato glielo chiede. «E.», ribatte Luria. «E. Che cosa? Edward?». «SI, Edward», e cosi viene scritto sui documenti. Un altro curioso equivoco si verifica al fidanzamento con Zella Hunoitz, una psicologa di ventun anni, dodici meno di lui, nel '45. Zella, un'ebrea del Bronx di New York, si risente delle barzellette sugli ebrei die «questo piccolo italiano cattolico continua a raccontare». Salvador Edward non smette più di ridere: «Sono più ebreo di te». Con la nascita dell'unico figlio. Don, quattro anni più tardi, la vita familiare e accademica di Luria assume un aspetto definitivo. Passa attraverso due o tre università, fino a che approda al Mit. Gode ormai di solida fama, e non solo come scienziato, ma anche come attivista politico. La sua opposizione alla caccia alle streghe comuniste di McCarthy e alla bomba atomica gli procura non pochi guai. Nel 'SI gli viene rifiutato il passaporto, per impedire che partecipi a conferenze oltre oceano: nel '57 lo visita, per Intimidirlo, un funzionarlo preposto all'immigrazione: nel '69 è sulla lista nera dell'Istituto nazionale di sanità. L'autobiografia dice chiaramente quale peso la politica abbia per lo studioso. «Il mio impegno socialista, asserisce, è In sostanza un impegno alla giustizia economica e all'eguaglianza... Può avere anche radici emotive, la non appartenenza dei miei genitori a una classe definita... Ma io immagino una società In cui la proprietà privata, che promuove gli sprechi e genera 11 monopolio, sia sostituita dalla proprietà pubblica e da una produzione e distribuzione programmate». Luria rintraccia le origini del suo socialismo «nel movimento autenticamente rivoluzionario della classe operaia di Torino, di cui ero stato testimone senza capirlo», e si rammarica di non aver combattuto il fascismo. Il Nobel rivela di avere fatto brevemente politica con Ranàolfo Pacclardl durante gli annt della guerra, quando entrambi si trovavano a New York. «Scrissi per il giornale del leader repubblicano la mia prima serie di articoli sulla struttura di classe delle scuole in Italia... Molto ap- prezzata da Gaetano Salvemini. Scrissi anche sulle r adici storiche — o la loro assenza — dell'antisemitismo italiano e su Carlo Cattaneo, ma temo che il giornale allora avesse già chiuso». Ma l'azione di Luria si diresse quasi subito verso le istituzioni e i partiti degli Stati Uniti, la sua nuova patria, più vitale anche se inf urlante. Ennio Caretto «trspftdatfGnaLcMmgcp