Obiettivo sulla città di Gianni Rondolino
Obiettivo sulla città CINEMA E ARCHITETTURA, UN CONVEGNO A TORINO Obiettivo sulla città TORINO — E' fin troppo facile stabilire uno stretto rapporto fra cinema e architettura. Fin troppo facile nel senso che dai primi cortometraggi dei fratelli Lumière a oggi non c'è praticamente film che non ci abbia dato immagini di ambienti, edifici, strade, città; ih una parola, immagini di spazi architettonici. Film di finzione e documentari, spettacoli fantasmagorici e cinegiornali d'attualità, e oggi telefilm e telenovelas, ci hanno mostrato, in una serie pressoché infinita di situazioni drammatiche, personaggi e oggetti, azioni e comportamenti, immersi in uno spazio tridimensionale che spesso ne ha suggerito e determinato il significato. E tuttavia non molta attenzione è stata posta, da parte della critica e del pubblico, a quella che possiamo definire la dimensione architettonica del. cinema, il avo essere, al tempo stesso, riproduttore ed inventore di luoghi. Perché la macchina da presa, questo straordinario' strumento di rivelazione del reale, riesce non soltanto' a Giostrarci lo spazio in cui normalmente ci muoviamo, ma anche a creare nuovi spazi o a fatti vedere in modo nuovo, inedito, gli ambienti che ci sono sempre apparsi normali, quotidiani. E' insomma un grande viaggio visivo nel labirinto della nostra realtà circoscritta entro i coni ni dell'architettura, intesa nel più ampio significato del termine. Un viaggio affascinante, a volte conturbante e ossessivo, che non ci'può lasciare indifferenti; anzi ci dovrebbe porre alcune domande fondamentali sul nostro essere nello spazio, sul nostro vivere in rapporto agli oggetti costruiti dall'uomo per l'esistenza quotidiana, dalla casa al mobilio, dal villaggio alla città. Sono queste le domande, o almeno alcune delle domande, alle quali cerca di dare una risposta la rassegna-convegno organizzata dalla facoltà di Architettura del Politecnico e dall'Unione Culturale, in collaborazione con vari enti locali e col'Politecnico di Milano, che si svolge in questi giorni a .Torino. Sebbene i molti film presentati siano in larga maggioranza documentari sull'architettura (ma ci sono anche due interessanti, «videoriviste»), non v'è dubbio che l'interesse maggiore 'sia rivolto non tanto alle possibilità cheli cinema offre nel campò della documentazione, quanto alle sue facoltà linguistiche di stabilire nuovi rapporti spazio-temporali, che coinvolgono in pari misura gli architetti, i cineasti e il pubblico. Ha certamente ragione 1' architetto-cineasta- Ugo La Pietra (presente a Torino con un'ampia personale) quando dice: «fi cinema è capace di svelare situazioni nascoste! E se gli oggetti e gli ambienti diventano protagonisti, ti scoprono nel nostro ambiente quotidiano situazioni impreviste proprio come quando si esplorano gli uomini attraverso i loro problemi e le loro passioni: Il grande cinema è sempre riuscito a stabilire queste interconnessioni tra i personaggi e gli ambienti, facendo di questi le immagini tangibili dèi problemi e delle passioni di quelli. Ohi non ricorda le «archi tettare., del film di Hitchcock (di cui attualmente passa sugli schermi l'esemplare Finestra sul cortile) o dei film di Antonionl, le une e le altre strettamente legate alla storia e alla psicologia del personaggi? Chi ha dimenticato la sequenza iniziale, diretta da Saul Bass, di West Side Story, esempio magistrale di cinema «urbanistico»? Chi può rimanere indifferente ai primi cinque minuti di Qua la mano Picchiatello di Jerry Lewis, emblematica rappresentazione della «disumanità» di certa moderna architettura d'interni? Oli esempi, nel cinema di ieri e di oggi, potrebbero con tinuare all'infinito, soprattutto se si vuole andare alla ricerca,di quello che possiamo definire lo sguardo spaziale della macchina da presa. E allora, da Resnals à Godard, da De Palma a Ben rowczyck, le citazioni si affollano, le sorprese si moltipllcano; perché lo sguardo cinematografico è' ormai diventato il nostro nuovo modo di vedere lo spazio che ci cir- conda- Gianni Rondolino
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