Maestro d'angoscia di Sergio Quinzio

Maestro d'angoscia RILEGGENDO SANT'AGOSTINO Maestro d'angoscia Sant'Agostino scrive Le confessioni poco più che quarantenne, fra il 397 e il 400, c La città di Dio fra il 413 e il 426, terminandola dunque quando aveva settantadue anni: quattro prima della morte. L'arco essenziale della sua vita è cosi compreso tra queste opere attraverso le quali l'influsso del suo pensiero segnerà profondamente i secoli successivi, da quelli medievali a quelli moderni. Le due opere — come ha notato Jean Guitton — hanno entrambe un carattere storico, riferendosi la prima al «tempo della storia personale» e la setonda al «tempo della storia in-' ìegrale»; due storie drammatiche, vissute dal santo africano Con intensa passione. E veramente è questa1 la novità agostiniana, quella che Karl Jaspers ha espresso affermando "che Agostino «ha suscitato il 'senso della storicità del nostro essere umano». Questo può rendere conte del fatto che dopo i secoli medievali — quando la stessa _ storia della salvezza veniva inscritta in un orizzonte culturale che rimaneva immobilmente cosmico, com'era quello pagano — proprio partendo da RAgostino Lutero giungerà fino sa disgregare lo statico ordine psacrale aprendo le porte al mondo moderno, mobile e lacerato nella tragica contraddizione di ciò che si fa nel tempo. Un segno dell'attualità di Agostino può scorgersi nella contemporanea pubblicazione delle Confessioni presso Einaudi, a cura di Carlo Carena, e .della Città di Dio presso Rusconi, a cura di Luigi Alici 5\lici fa un confronto, che non £ facile lasciar cadere, fra i Yempi di Agostino e i tempi ajostri: «Anche noi viviamo l' esperienza di un lento ma inarrestabile movimento di disgregazione culturale, come un osqtro senso ,dt smammato e di disagio ali- «mintalo dal susseguirsi sulla sce- na mondiale di eventi ogni giorno piti gravi e. preoccupanti, in cui sembra poter individuare ~primi segni di un trapasso dì civiltà, della fine di un'epoca. An ti,equesti sono tempi di sofisticate] ■raffinatezze culturali e insieme] di vecchie e nuove barbarie». jji Ma Agostino può aiutarci, ;può essere per noi una buona ^medicina? A me appare piuttosto come un grande maestro d'angoscia. Utile, forse, ma 'come il bisturi nella piaga. "~ Le confessioni raccontano la yita di Agostino soltanto fino 3! suo trentatreesimo anno, "alla vigilia del ritorno in Africa, quando sembra pervenuto jlla fede come a un sereno ap-. prodo. Ma gli restano da vive-, le decenni da vescovo dura- mente impegnato nella lotta contro gli eretici, mentre Roma e il suo Impero «oliano sotto i colpi dei barbari. Alberto Pincherle, lo storico ebreo del cristianesimo scomparso nel 1979 dopo aver dedicato la vita allo studio di Agostino, ne descrive gli ulti mi anni con colori foschi: «La sua intransigenza si fa sempre più aspra e impaziente. Ilj>essi- mtsmo che domina tutte le sue concezioni si fa così nero dà lasciare nel lettore un'impressione di sgomento, man mano ch'egli trae dalla sua teologia tutte conseguenze». L'intero genere umano non è che massa damnationis incapace di bene, dalla quale pochi predestinati saran no da Dio strappati e salvati senza alcun loro merito. Ossessionato dalla potenza della sensualità, dibattuto fra molte incertezze, Agostino muore mentre i Vandali assediano Ippona, la sua città episcopale. L'uomo che ci presentano Le confessioni è lo stesso uomo? L'.autobiografia e S0Spctto, e lo è altrettanto quando rautorc tende a co. struire la propria difesa e il proprio elogio e quando, come nel caso di Agostino, tende invece a costruire la propria accusa. L'intenzione sincera non ] in chi convinto ] à\ dovcr mosttare ja propria indegnità e i benefici della mi sericordia divina, le colpe anche piccole rimbombano come orrendi delitti Deriva di qui, credo, l'imprendibilità, e in definitiva ambiguità, delle Confessioni. Nell'introduzione che ha scritper questa nuova edizione della sua traduzione, e che traccia le linee dell'accoglienza fatta al libro fino ai nostri giorni, Carena scrive che confessioni sono state lette come «la narrazione veritiera di una vicenda umana sconvolta e e a i e i sconvolgente»,, ma anche come «la pura ricreazione di un'intelligenza acuta e di uno spirito sensibile al limite dell'allucinaziohe». Possono essere viste come un testo teologico e filosofico, o come un libro di pietà, o come un romanzesco capolavoro letterario. «Si può, come Gide, provarne nausea, e si pud farne un livre de chevet :er tutta la vita». Terrei una posizione mediana, che è come dire che il libro, malgrado pagine indimenticabili, non mi affascina. Contro le intenzioni, mi pare che nasconda più di quel che svela. Va letto perciò fra le righe, non solo scostando il velo di un linguaggio ridondante che resta spesso quello dell'antico retore, ma anche scendendo sotto la superficie un neoplatonismo cristianizzato che distende su tutto manto luminoso di una sempre vittoriosa provvidenza. Allora rivela il suo volto 1' uomo che ha visto ovunque vincere il male, anche ne\\'«innocenza dei bambini»; «lo ho visto e considerato a lungo un piccino in preda alla gelosia: non parlava ancora e già guardava livido, torvo, il suo compagno, di latte». E' l'uomo che manicheisticamente sente dilagare nella propria invincibile sensualità la potenza del male e cerca perciò scampo in un Dio che può «liberare dalla carne». E' l'uomo che a vent' anni patisce terribilmente la morte di un amico e che, una volta convertito, si fa poi un dovere di accusarsi di quella sofferenza come di un illecito attaccamento a ciò che non è Dio: «L'unico a non perdere mai un essere caro è colui che ha tutti cari in Chi non ì mai perduto». Ci sono, nell'Agostino che nelle Confessioni apre il suo cuore a Dio, una dismisura e uno squilibrio che descrivendo l'operazione della grazia ir. lui vuol dimostrare placati, ma che il corso successivo della sua vita rivela, piuttosto che placati, compensati da-un corrispondente .eccesso o^òtiarlo, in una tensione mar risolta, anzi continuamente cresciuta. Storia sofferta di una vicenda interiore, Le confessioni rinnovano radicalmente «un genere letterario non assente ma'assai fragile nell'antichità» (Carena), e che diventerà un genere tipicamente moderno. Questo è potuto accadere proprio perché Agostino «trasse la religione dalla sfera della cosmologia e del culto, facendola consistere nei piti profondi recessi della vita umana» (Harnack). Ma appunto questa è la via che Agostino ha percorso prima di noi, la tragica via di sprofondamento che ci ha apetto. Sergio Quinzio Benozzo Gozzoli. S. Agostino in cattedra a Roma (panie.)

Luoghi citati: Africa, Roma