Un talento non ovvio intrappola la mente E' il mimo Polivka di Osvaldo Guerrieri

Un talento non ovvio intrappola la mente E' il mimo Polivka AH*Alfieri in «Il buffone e la regina» Un talento non ovvio intrappola la mente E' il mimo Polivka TORINO — Bolek Pollvka non merita le platee semideserte. Polivka è una singolare figura di attore-mimo-autore cecoslovacco che comincia ad essere abbastanza noto anche da noi. In Italia ha già rappresentato Pepe, Naufragio, L'ultima caccia e da qualche tempo collabora al Crt di Milano, per la cui compagnia cura raffinate e rutilanti regie (proprio la scorsa settimana 6 passato agli Infernotti con Chicago Snakes). Poiché Polivka è un talento anomalo e non facilmente catalogabile, poiché 11 suo gioco scenico non è mal ovvio, anzi pullula di fresche invenzioni, di derisoria dolcezza e di stupita sur/realtà, pensiamo che non meriti 11 disinteresse che sembra accompagnare questo Il buffone e la regina, in scena all'Alfieri per il cartellone del Toreat. L'Ipotesi dello spettacolo è già tutta nel titolo, con 1 suoi apparenti stereotipi di dominio e di servitù. E infatti quel trono di legno tarlato che ve diamo subito sul palcoscenico è un luogo non facilmente riamovibile. Quanto teatro vi si è accampato, quanto sadomasochismo vi si è consumato. E* un luogo di esaltazione immaginativa, è una stanza di tortura, ma è anche una trappola. Tuttavia Polivka sa evitare tagliole e ragne. Mette in tavola le sue carte: la regina è francese, quindi la interpreta un'attrice francese, e vice versa. Il buffone è polacco e, per definizione, deve diverti re la sua sovrana. L'Invisibile re è tedesco e la sua arroganza non può che parlare tedesco. Su questa situazione di partenza, Polivka innesca una chiacchierata punteggiata di gag, un'esibizione in cui lo specchio a lato del trono non è soltanto il «doppio» del giullare, ma si trasforma in un cielo che accoglie i voli surreali del protagonista. Polivka, in sostanza, sa creare luoghi infinitesimi e infiniti dove il cerimoniale del teatro viene smontato e rimontato, adottato e deriso, n buffone con gobba, trucco pesante e rosso mantello la¬ cero, diventa una presenza malinconica e critica; mostra allo spettatore le componenti formali e didattiche del teatro (Il gioco non risparmia " neppure Brecht), supera la quarta parete, dilaga tra i voycurs di sala per renderli a loro volta complici e servi, si serve di un cavallo di stoffa per mostrare, alternandosi con la regina, una cordiale clownerie, utilizza una falce per estrarne comicità e crudeltà. Ma nel rapporto istrionepotere, la vittima è sempre lui, l'attore, cioè l'immaginazione e la libertà creativa. E infatti 11 finale, con la regina che va alla ricerca di un nuovo buffone, è malinconico e allarmante. Tutto ciò si svolge con raffinata semplicità, con un gusto della chiacchiera che approda a esiti incantevoli e sfilaccia, senza mai annullarli, 11 sottile filamento sado-masochista e una tenue ombreggiatura erotica che lega 11 buffone alla regina, una bravissima Chantal Poullain che, da figurina teatrale con corona di cartone giunge ad incarnare la rapace ambiguità delle creature notturne. Ma sempre con divertimento e con un sorriso abbastanza straniato. Osvaldo Guerrieri

Persone citate: Brecht, Chantal Poullain, Pepe, Polivka

Luoghi citati: Chicago, Italia, Milano, Torino