Giovanni Paolo II in Corea per commemorare l'arrivo duecento anni fa della religione cattolica nella lontana penisola di Vittorio Zucconi

L'estremo confine della Chiesa di Roma li '1 • Giovanni Paolo II in Corea per commemorare l'arrivo, duecento anni fa, della religione cattolica nella lontana penisola L'estremo confine della Chiesa di Roma DAL NOSTRO INVIATO SEUL — Andare a messa a Seul non è come farlo a Napoli o ad Aosta, un'abitudine, una nostalgia, un rimorso per i più, omri comodi, precetti negoziabili. Nei quartieri degli ultimi contadini inurbali, dove il freddo dei tremendi inverni coreani prende l'odor di muffa e urina della miseria, ho visto -chiese» che sono tende militari, 'Cattedrali» che sono garage umidi ancora fetidi di muffa e grasso, confessionali fatti da coperte tese su un filo. E il coro canta il salmo catarroso di una malattia ancora endemica, qui, la tubercolosi. Eppure i preti si lamentano: dateci altre tende, altre coperte: non sappiamo più dove mettere la gente. Nei quartieri distinti di Yongdong, dove abitano i figli del -miracolo», le chiese sono diverse, ma anche qui non bastano. Ricchi benefattori cattolici scommettono coi protestanti su chi riuscirà a erigere più luoghi di culto. Vecchi sul letto di morte lasciano (è accaduto) 500 milioni di won, un miliardo di lire, alla curia per farsi perdonare in articulo tnortls, mercedi operaie non proprio -eque» e qualche klsaeng, orgia, di troppo. Un cattolicesimo fervente, persino un po' fanatico, que¬ sto die accoglie Giovanni Paolo: di contadine che fanno a piedi chilometri nell'alba per una messa, proprio come in Polonia, di giovani che guardano al cardinale come a un giustiziere. Un cattolicesimo che per ora copre dietro V esplosione quantitativa dubbi e confusioni etnico-culturall tra secoli di Confucio accantonati in ventanni di Cristo. «Se la crescita dovesse continuare a questo ritmo — osserva uno studioso gesuita di religioni comparate, padre Del Campana — presto o tardi nascerà una teologia asiatica, con la quale Roma dovrà fare 1 conti». «Sotto le tonache, qui si nasconde spesso un confuciano o un buddista travestito». In Corea, diversamente da quanto accade nelle Filippine, in Giappone, in Vietnam, in India, il cristianesimo è -indigeno», introdotto non dai missionari ma da -mandarini» locali. Alla fine del 1700, quando la dinastia do-' minante Yi era già nella sua parabola discendente, un gruppo di intellettuali coreani scopri il Vangelo durante un viaggio a Pechino, la capitale del vicino impero, attraverso l'opera di Matteo Ricci. Ne rimasero sedotti e uno di loro, Yi Sing Hun, si battezzo in Cina. Quando tornò a Seul vi fondò la prima chiesa cattolica di Corea: era il 1784, ed è questo il bicentenario che Giovanni Paolo celebrerà a Seul, dal 3 al 7 maggio. Duecento anni di crescita, ma niente affatto rettilinea. Dopo la selvaggia reazione della dinastia regnante, che portò alle quattro prandi persecuzioni del 1801,1839,1846 e 1866 e a quell'intensa produzione di protomartiri che il Papa canonizzerà domenica, un avversario incruento ma ben più sottile per la Chiesa di Roma fece la sua comparsa, esattamente 100 anni fa. Con l'arrivo di tre missionari metodisti americani, nel 1884, la Corea conobbe il protestantesimo e l'abbracciò con trasporto. ■ Molto più attivi dei cattolici nella vita civile e culturale della penisola, i protestanti si inserirono nel filone irredentista, nazionalista, modernizzatore, che (anche sull'esempio del vicino Giappone) stava emergendo dallo sfacelo della dinastia Yi che aveva governato sulla Corea per 5 ininterrotti secoli. A loro spetta il merito di avere compilato la prima grammatica di Hangul, la lingua coreana, come strumento per poter tradurre la Bibbia. Ancora i protestanti furono attivissimi nella resistenza politica contro l'occupazione giapponese, intervenuta nel 1910 dopo la fine della dinastia YI: la metà dei -padri» della Corea moderna, i 33 firmatari del -Dichiarazione di indipendenza» del 1915 erano protestanti, contro nessun cattolico. E protestanti erano anche il 25 per cento dei morti e degli arrestati durante i sanguinosi scontri nelle strade di Seul contro gli occupanti nipponici. E' un processo di aggancio alla vita civile che culmina logicamente, subito dopo la guerra di Corea, con l'ascesa al potere del metodista Sygman Rhee, il dittatore educato a Princeton, negli Usa, abbattuto dalla rivolta popolare del 1960 e, astutamente, con l'organizzazione di sindacati operai non di regime, per giocare contemporaneamente su due tavoli. Ma proprio gli avvenimenti dell' immediato dopoguerra, segnano per i cattolici il momento del risveglio. Scattano tre fattori, contemporanei, che favoriscono la tumultuosa avanzata del cattolicesimo coreano. 1) L'inurbamento alluvionale, die porta la capitale, Seul, da uno a dieci milioni di abitanti in un ventennio e porta in città quei contadini che da sempre erano stati i più ferventi cattolici, rispetto agli operai urbani, più prossimi al protestantesimo. 2) ha rivoluzione industriale, che distrugge l'ordinato, gerarchlzeato universo mentale dei coreani, lasciando spazi immensi e vuoti che la Chiesa di Roma riempie in modo più organizzato e rassicurante della frammentazione protestante. 3) Lo choc della guerra e della costante minaccia di aggressione dal Nord, che costringe ogni sudcoreano a vivere in uno stato di incertezza psicologica lacerante, e lo rende disponibile al messaggio di tranquillizzante sai- vezza del Cristo cattolico. La Chiesa di Seul si trova cosi («direi persino suo malgrado», osserva maliziosamente un gesuita) a diventre il collettore di migliaia di persone alla ricerca di qualcosa che riempia l'abisso creato dal crollo degli antichi valori. Un fatto che, come in Polonia, o nelle Filippine, spinge anche la Chiesa di Seul verso 10 scontro con il potere politico. SopraHutto negli ultimi anni del regime di Park, prima del colpo di Stato dell'80, 11 cardinale Stefano Klm aveva vestilo i panni del -Davide» cristiano contro il -Golia» dispotico. Le sue omelie venivano attese con la trepidazione con cui la Polonia aspettava le parole del primate Wyszynski. Dissidenti, sindacalisti ricercati dalla polizia, studenti radicali trovavano (e trovano) rifugio nelle parrocchie, con la tacita complicità della curia di Seul. Selvagge campagne diffamatorie venivano lanciate dal regime (nel '79 suore furono pestate nei villaggi, al grido di «morte ai rossi») e il consiglio ecumenico dei cristiani arrivò a sfidare persino il grande fratello americano, chiedendo il richiamo dell'ambasciatore Richard Walker che aveva definito gli oppositori «ragazzacci viziati». Dopo l'abbattimento di Park, e le grandi rivolte studentesctie di Kwanju (dove il Papa andrà) nell'80, l'avvento •al potere del generale-presidente Chun ha visto attenuarsi il profilo politico della Chiesa cattolica, con delusione dei giovani e del sacerdoti più militanti. Ma la curia che il Papa trova in Corea preferisce, allo scontro degli Anni 70, un ruolo di sentinella critica dell'evoluzione del potere politico. Un fatto che i portavoce del cardinale Kim spiegano osservando che il nuovo presidente governa senza le asprezze del suo predecessore. In più, la gerarchia cattolica è convinta che la maggioranza non desideri ora rovesciamenti di regime, ma preferisca la prospettiva di una evoluzione -fisiologica» del Paese verso la democrazia, senza mettere a repentaglio i successi economici strappati in 20 anni di lavoro durissimo. Vittorio Zucconi