Gli introvabili acuti della Schwarzkopf di Giorgio Pestelli

Gli introvabili acuti Gli introvabili acuti della Schwarzkopf LA Emi ha fatto uno splendido regalo ai collezionisti, agli appassionati di canto e ai fans di Elisabeth Schwarzkopf, con questo cofanetto di cinque dischi, arricchito di ampio materiale illustrativo, dedicato a incisioni • introvabili, o quanto meno assai rare della grande cantante tsdesca. Con pianisti come Gerald Moore e Geoffrey Parsons, direttori come Karafan. Krips, Dobrowen, Ackermann, non Materie e altri, la Schwarzkopf è contemplata in un album retrospettivo che va dal 1947 al 1983. con molte registrazioni tratte dal ventennio aureo 1950-70: Bach e Haendel, Mozart. Beethoven, Schubert e Schumann, strini-s e Wolf. autori ben presenti nel catalogo discografico della cantante, ma qui fissati in occasioni rarissime, come la grande aria di Leonora nel Fiderò o la presentazione della rosa del Cavaliere straussiano in cui la Schwarzkopf (divenuta poi la Maresciallo per eccellenza) cantava nella parte di Sofia; poi c'è Puccini, con arie dalla Bohème, Buttcrfly, Gianni Schicchi. Cliarpentter, Mandolino di Debussy, e non mancano i nomi di Sibellus e Regnatilo Hahn; un disco è tutto dedicato ai -bis- della Schwarzkopf, con pagine di folclore europeo. Volkslleder di Brahms e infine - Voci di primavera, di Giovanni Strauss. Anziché seguire la nostra cantante in tutta l'antologia esaltandoci alla sua versatilità, preferiamo fer¬ Leggera Taco: «Let's face the music», Rea. Mentre e di moda rivolgersi al passato e scimmiottare gli stili del tempo che fu. si ascolta con piacere la proposta di Taco. Con la faccia del bel giovane tenebroso, rubacuori e impomatato, e con una voce calda e vellutata Taco si spinge oltre gli Anni 50. rivisitando tanghi, charleston, ragtime e condendoli con piccanti ritmi dance. Un disco dal suoni rilassanti, fra canzoni divertenti e antologie di romantici •evergreen». •Il grande freddo», Moto»-n. Colonna sonora di un film che viene Indicato come -una riflessione nostalgica della generazione sessantottina*. La scelta musicale è stata fatta non certo tra le canzoni arrabbiate di quel decennio, piuttosto tra quelle piti sentimentali anche se con caratteri Innovativi. Inizia Marvin Oaye con .1 heard lt through the grapevlne>. si passa dal Tem ptatlons, dai R&scals. da Aretha Franklin e si finisce con >A whltcr shade ol pale, dei Procol Harum. marci su due casi particolarmente impressionanti. Uno è il celeberrimo Re degli elfi (Erlkontg) di Schubert in una incisione del 1968: la ballata di Goethe è un famoso esempio di poesia messa in bocca a personaggi (Rollengedlcht). e il genio teatrale della Schwarzkopf emerge con prepotenza nella capacità di racconto, nella virtù rappresentativa con cui realizza l'immortale op. 1 di Schubert. In un punto, nel giro di poche battute (e quindi di I lixabiili Schwar/kopf pochi secondo la cantante deve impersonare via via il padre, il ragazzo e il re degli Elfi, cioè la morte; è stupefacente sentire come la voce della Schwarzkopf cambia colore: oggettiva, piana per il padre che smonta le allucinazioni del ragazzo, concitata per quest'ultimo che vede il re degli Elfi, seducente, mielata per la morte che vuol portarsi il ragazzo a danzare sui prati: ma è un miele subdolo, c'è una nota capricciosa, guati nevrotica che ricorda la protagonista della novella Undlne e fa venire la pelle d'oca. Sublime poi il passaggio dal canto al parlato sull'ultima sillaba della parola Gewc.it (quando la morte ricorra ormai al potere per prendersi il ragazzo): come non pensare alla Schróder-Dcvrient. quando con effetto analogo aveva messo i brividi a Wagner e Berlioz imberbi nel momento culminante del Fidello (-ancora una parola e sei morto-)? L'altro caso mirabile è, appunto nel ridillo, l'aria di Leonora; come tipo di voce la Sclnvarzkopf era una Marcellino, e come tale era stata ir^superata nel Fidello diretto da Furtwaengler a Salisburgo nel 1950; come soprano lirico pareva negata al ruolo eminentemente drammatico di Leo nora, ma la testimonianza offerta dall'aria •Komm. Hoffnung. (Vieni. Speranza) con il grande recitativo che la precede è tale da sconvolgere ogni categoria vocalistica, ogni differenza fra lirico e drammatico; anzi, dovendo superare con l'intelligenza il limite di un timbro per natura dolcissimo, l'interpretazione della Schwarzkopf risulta più .drammatica-, più ricca di scatti e chiaroscuri di quella dell Le onore più titolate, come la Flagstad o la Mòdi, che con voci più risonanti e dense non dovevano forzare la natura per -essereLeonora. Giorgio Pestelli •Les Introavables d'Elisabeth Schwartkopf », S dischi EMI.

Luoghi citati: Salisburgo, Sofia