Italiani nella Russia in fiamme

Italiani nella Russia in fiamme UAWENTURA DI EX PRIGIONIERI DI GUERRA NELLA RIVOLUZIONE D'OTTOBRE Italiani nella Russia in fiamme Nel 1918, in pieno inverno siberiano, tra disagi e pericoli d'ogni genere, 2500 nostri soldati che avevano indossato la divisa absburgica vengono smistati verso Pechino e Vladivostok - Ma centinaia di trentini passano ai bolscevichi, formando addirittura un battaglione - Chi arriva in Cina, chi a San Francisco, chi non tornerà più - Storie curiose e qualche «eroe» Sul finire del 19Ì6 i prigionieri trentini, friulani e giuliani che ai cvant> prestato servizio nell'esercito austroungarico, circa ventimila, e che erano sparsi in quarantacinque governatorati dell' impero earista, incominciarono ad affluire a Kirsànov. Secondo gli accordi tra i goi ci m dia • i-olio essere innati in /laitfl utfrat r.-Mi i liuti lini, ma I andamento della gue: -a e della storia cambiò l nrtcramnil. Già nel 1914 lo tur Nicola ci* << personalmente offerto a littorio Emanuele la con■*gna dei prigionieri di origine italiana, ma per la dichiarata neutralità t'offerta venne rifiutata malgrado l'insistenza. Anche l'opera di prò- J pagando fatta nei confronti dei prigionieri per farli passare all'esercito italiano trovava una certa difficoltà. Dopo le sofferenze del fronte, malattie, ferite e lontananza da casa, questi disgraziati si froi<at>ano davanti anche a problemi morati di non facile sotuzione. Come e quando sarebbe finita la guerra? Ci sarebbe stata rivalsa verso le famiglie che ancora vivevano entro i confini di Austria-Ungheria? E il giuramento prestato? Alcuni goriziani e triestini di pensiero mazziniano, per In piti profettionlsti o studenti, pensavano di organizzarsi in gruppi tra la diffidenza dei colleghi fedeli all' Imperatore. Tra gli ufficiali t>i furono minacce di denunce e persino sfide di duelli secondo le rigorose procedure In uso nell'esercito ritirerò. Finalmente, dopo lunghe insistenze del governo di Pietroburgo, una speciale missione militare italiana venne inviata in Russia con lo scotio di organizzare il trasporto in Italia dei primi scaglioni di prigionieri. La comandava il colonnello Achille Bassipnatio r fra i venti ufficiali che la componevano si trovavano dirci ufficiali volontari 'irredenti-, che per la loro origine uiti'Whtii potuto con pi» facilità far breccia nell' animo del prigionieri. Nell'estate del IBIS la Missione speciale parti da Torino e nell'agosto era già a Mosca e a Kirsànov. Il maggiore dei carabinieri Cosma Moneta fu quello che più si diede da fare per organizzare II rientro di coloro che lo desideravano. Gaetano Razzami nel suo libro Soldati italiani nella Russia In fiamme 19151920 (Trento. J933) scrive: •Oli Irredenti erano in maggioranza contadini nati e cresciuti In piccoli paesi, dal quali forse non si erano mal allontanati se non per 11 servizio militare, gente che I' Italia non l'aveva conosciuta che per quanto gliela avevano dipinta le autorità austriache». Tra costoro, nei eampi di concentramento e nelle condizioni che ben si possono immaginare. •l'Austria aveva jkisUi in atto mezzi di dissuasione, minacciando di fucilazione come disertori 1 sudditi austro-ungarici che si tacevano arruolare dagli Italiani e confiscando I beni di coloro che ai sapeva avessero fatto questa scelta». Si trattava di un vero dramma, e ciò malgrado tremila prigionieri rinunciarono di fatto alla cittadinanza austriaca acconsentendo di essere trasportati in Italia senza l'obbligo di arruolamento nel Regio Esercito. Ma la naia è sempre fatale. in opni condizione e tolto ogni latitudine: il primo treno di ex prigionieri, addobbato a festa e pieno di canti, che era partito il 25 agosto 1916 da Kirsànov. quando dopo otto giorni giunte in vista del porto di Arcangelo, sul Mar Bianco, per qualche misterioso ordine ritorna affa base di partenza tra il dileggio dei soldati rutti e dei prigionieri che erano rimatti 'fedeli'. Verso la metà di settembre parte uno scaglione di millesettecento irredenti che ti giorno 24, finalmente, ti Imbarcano tu un piroscafo exaustri, ungarico Che gli inglesi avevano catturato nei mari delle Indie. Il piroscafo, ribattezzato Hunlspcal. doppia il Capo Nord e attraverso il Mar Glaciale arriva in Inghilterra, a Glasgow, da qui per la Francia li piotilo f ottobre questi ex prigionieri arrivano a Torino ■accolli da autorità civili e militari e da una immensa folla». Il piroscafo inglese ex austriaco ritorna per un secondi^ carico di altri mi Ile set tccénto irredenti; ancora tettecento vengono imbarcati sul piroscafo francete Medie. Anche questi uomini, per fa via del Capo Nord, Inghilterra e Francia, giungono a Torino il 15 novembre. Ma un quarto scaglione arriva ad Arcangelo troppo tardi: i ghiacci hanno chiuso la via del rimpatrio e malinconicamente deve ritornare nell'interno della grande Russia. ti maggiore Manera, che a questi prigionieri aveva dedicato tutte le tue energie, non si perde d'animo, e non potendo ottenere un convoglio ferroviario dalle autorità russe perché le erigente belliche e politiche ti erano fatalmente aggravate, ti accorda con il capo stazione di Kirsànov, e nel pieno della Rivoluzione d'Ottobre a ogni treno in transito per l'Estremo Oriente fà agganciare un vagone-bestiame. Il primo grupjio di quaranta uomini parte il 29 gennaio 1917: l'ultimo, con il maggiore Manera e f prigionieri piti anziani e ammalati, al primi di febbraio del 1911. Anche lo scaglione che era stato bloccato dai ghiacci del Mar Bianco, die ora ti trovava in tosta forzata a Voiogda. cinquecento chilometri a nordest di Mosca, prende finalmente la via dell'Estremo Oriente. Nel cuore dell'inverno siberiano, tra disagi e pericoli di ogni genere duemilacinquecento prigionieri di guerra italiani che già avevano combattuto in Galizia e stri Carpari, arrivano dopo mesi di viaggio a Kharbin, capitale della Manciuria, e da qui vengono smistati verso Pechino e Vladivostok. Ma quanti sono ancora quelli rimasti nei villaggi o nelle città disperse in questo immenso territorio squassato dalla rivoluzione e In parte occupalo dalle truppe degli Imperi Centrali? Molti lavorano presso le fattorie, altri fanno gli artigiani, alcuni persino i marinai sui prandi fiumi siberiani; e la guerra al fronte, le natie valli, persino 1 famigliari tono lontanissimi nel tempo come nello spazio: l importante i sopravvivere, t questo istinto primitivo lo può capire solo chi l'ha provalo. E' la primavera del 1911, con il disgelo; Giocondo Tornasi, fabbro di Cordolo. scrive nel tuo diario: - Il tempo è bello. Intorno a noi per cento chilometri pare un gran mare. Grandi feste della popolazione; tutti vanno in barca con la musica cantano. E' l'ultima festa di Pasqua. La mattina ferro cavalli e poi andiamo In barca. 18 aprile (1* maggio), oggi, primo maggio grande festa per la liberazione della Russia. Andiamo In città per vedere 11 corteo. Parla una vecchia che fu per clnquant' anni deportata In Siberia. Caterina Brezcova. Il tempo e bello. Aspettavano che nel mondo tornasse la pace per ri prendere la «froda di casa Afa qualche volta le condizioni e le vicende portavano questi ex prigionieri a prendere delle posizioni tra t contendenti, e non furono pochi quelli che seguirono il vessillo rotto della rivoluzione Giovanni Cainelli, di Civettano, racconta che un giorno le Guardie Rotte, era di maggio a Tarn boti, (o presero per fare il cuoco, anzi «fare fuoco sotto del grandi calderoni per dare da mangiare a tutu 1 militarizzati*. Ricorda nella tua testimonianza: >La propaganda sovietica puntava tutto per convincerci a prendere le armi: bisognava combattere perché non ci fossero piti guerre, né per noi né per I nostri figli. Centinaia di trentini passarono con I bolscevichi, formando addirittura un battaglione. Mi ricordo che passavano a cavallo cantando le canzoni della nostra terra. Martino Bortolini lavorava nella fabbrica di Ust Katav; quando scoppia la rivoluzione un capo reparto si suicida e fui viene nominato al suo posto. Inventa un congegno per il buon funzionamento della centrale idroelettrica, un servizio telefonico per il servizio interno ed esterno della fabbrica: viene nominato •Eroe del .Lavoro*. Rientrerà in Trentino nel 1923. Ma ci furono anche ben altre curiose storie, come quella del 'Capitano' Compattacelo, ex giornalista, ex commerciante in Manciuria, personaggio un po' misterioso che si autonomina comandante di un battaglione di ex prigionieri trentini e friulani che opera nell'insieme del Corpo cecoslovacco, armato dagli Alleati per combattere i -rossi'. Il battaglione prende il nome di -Savoia, e per le mostrini rosse viene denominato 'Battaglione rosso. Combatte con i bianchi contro 1 rossi, piunpc a Kratnojartk nel novembre del 1918 dove t'incontra con il Corpo di spedizione italiano comandato dal colonnello Fotstnl-Camossi. Il battaglione irregolare viene sciattar gli uomini trasferiti a Vladivostok e del 'Comandante' Compattangelo svanisce ogni traccia. Intanto lentamente, a gruppi, isolati, di propria iniziativa o guidati da qualche graduato, questi rivoli umani ti raccolgono nella concessione italiana di Tien-Ttin. a Vladivostok, nel villaggio di Leo-sha-oou, o a Nlkolslci, tuli 'Usturi. Il maggiore Cosma Manera viene nominato capo della Missione italiana per la ricerca dei priplonieri di nazionalità 'italiana' e arriva a Pechino per organizzare il rientro come già aveva fatto da Arcangelo. Nella primavera del 1918 una nave americana, la 'Sheridan', salpa da Vladivostok per San Francisco con un centinaio di ex prigionieri, i piti ammalati e gli anziani Gli italiani d'America accolgono con prandi feste questi compatriota die attraversano in treno gli Stati Uniti per imbarcarsi nuovamente a New York e. finalmente, arrivare a Genova il 27 giugno. Una seconda nave americana partendo da un porto della Corea, per la stessa via fa rientrare in Italia altri trecentosettanta uomini. Una nostra nave, la Roma, che aveva portato in Estremo Oriente il Corvo di spedizione italiano, riporta a casa altri settecento circa ex soldati absburgtci nostri compaesani che sbarcano a Napoli il 22 ottobre. Ma, anche, ottocento 'irredenti' chiedono di far parte dei •battaglioni neri* feorl chiamati per II colore delle mostrine) del Corpo di spedizione del Regio Esercito: ritorneranno in Italia nel 1920 Non tutti I superriifl, però, ritornarono in quegli anni; in Valsugana conobbi un ex soldato absburgico che ritornò a balla nel 1926. e durante la ritirata del Don nel gennaio-febbraio 1943. un artigliere alpino della Tridentina ebbe la ventura di ritrovare in unict>a il padre che non aveva mai prima conosciuto. Mario RI goni Stern