La storia scritta dalle malattie

La storia scrìtta dalle malattìe UN GRANDE RAPPORTO SU TRE SECOLI DI MEDICINA IN ITALIA La storia scrìtta dalle malattìe II settimo volume degli «Annali» Einaudi fornisce la documentazione più completa e recente: dalia fine dell'ultima peste alla lotta contro il vaiolo e la pellagra • A metà dell'800 un dottore guadagna assai meno di militari, ingegneri e uomini di legge - Le prime vaccinazioni di Come ri colera provocò risanamenti igienici nelle città - Centomila soldati e civili morti di tubercolosi tra il 1915 e il 1922 massa E' possibile scrivere una storia d'Italia dalla parte dei inalati, di coloro che apparentemente non parteciparono in modo diretto ai fatti storici, ma soltanto subirono malattie ed epidemie? Da tempo ci si rende conto che nella storia di tutti t paesi oltre alla politica e alle guerre ci furono vaiolo, colera, malaria, pellagra, tifo, sifilide, tubercolosi e malattie mentali. Questi mali, diffusi a un Infilo inimmaginabile oggi, fanno parte della storia italiana non meno della lotta fra destra e sinistra e della conquista di Tripoli. Poco considerata dalla storiografia classica (Benedetto Croce vi dedica ben poca attenzione nella tua Storia ti ltiiiiic dal 1871 al 1015J, Ilndagtne sull'andamento, V eix>luzione e l'influenza di quelli che oggi si chiamerebbero i -grandi killer» dei primi cinquanfanni di unità nazionale si sta facendo sempre più fasta e precisa. Ne risulta un quadro impressionante della vita giorno per giorno della gente comune, tra minacce epidemiche ed endemiche dalle quali nessuno sapeva bene come difendersi, tn un ambiente in cui i medici erano in massima parte ignorati e l'ospedale era temuto con terrore come un luogo doi>e si andarvi per morire, soli fra sconosciuti morenti. A fornire la documentazione più completa e recente su quale fu l'influenza delle malattie nella società ((affano è ora li settimo volume degli .Annali' Einaudi con il titolo comprensUxì Malattia e medicina (pagg. 1293, lire 100 mila), curato da Franco Della Penta, che raccoglie due dozzine di saggi stoiicl di straordinario interesse, onera di altrettanti autori com'è consueto nei volumi della Storia d'Italia. Un grande rapporto su quale fu Itncubo dei flagelli antichi che si abbattevano sugli italiani, dalla fine dell'ultima peste alla presa di coscienza di nuove malattie di massa, vaiolo, pellagra e il resto. Un dato iniziale quasi sorprendente di questo tipo di ricerche i quello riferito da Elena Brambilla nel saggio sulla .Medicina del Settecento', dal quale risulta che non tutta l'Italia era sproi>vcdula di strumenti per contrastare I flagelli Per esempio il sistema medico lombardo nel 176? cantava fra medici e chirurghi un addetto ogni 1700 abitanti circa, ossia 6 su 10mila: .Un livello che In Austria e In Germania non era ancora raggiunto al primi del '900. data alla quale l'Inghilterra ne contavi; 9 su io mila e la Francia neppure 8 su 10 mila». Oggi ci sono In Italia 23 medici ogni 10 mila abitanti, vuol dire che nel 700 la Lombardia si trovava già a un quarto del livello attuale. Ma ciò che mancherà a lungo ai medici e II prestigio. A metà dell'800 in Italia, come riferisce Maria Luisa Betri In •Medico e paziente 1815-1859-, un dottore guadagna assai meno di militari, ingegneri e uomini di legge. In particolare il medico d' ospedale è ben lontano dal tramonto della concezione elemosiniera. Bisognerà arrivare agli Anni Trenta, quando l'ospedale si apre alla cura del 'paganti., per assistere alla grande metamorfosi e Domenico Preti raccoglie dati Impressionanti, come le 125.449 lire liquidate dati' Osjìcdale maggiore di Vercel¬ li al suo chirurgo capo. La grande svolta nei rapporti fra medicina e società, c/ic risaluta anche la figura del medico, avviene con la cura del vaiolo mediante il racclno inoculato nei malati, che nei primi tempi contiene innesto di vaiolo umano. A Bologna nel 1720 erano morti, si calcola, quattromila bambini in un'epidemia di vaiolo, epidemie spaventose erano avvenute in molte altre imiti dell'Europa e in America. La domanda che ancora ci si poneva nell'Ottocento era se fosse lecita dal punto di vista teologico l'vnmunizzazionc contro una malattia che poteva essere nei disegni imperscrutabili della divina Provvidenza. Zanzare , Ma passerà molto tempo prima che si arrivi alle racefnazioni di massa. La prima iniziativa pubblica fu presa a Firenze nel 1755 su sei trorafcf/l dal 4 ai 6 anni che rennero inoculati con vaialo umano e non subtrono nessun danno, sebbene le epidemie fossero frequenti e si calcoli che II 20 per cento delle morti totali sia da attribuire in quel tempo al vaialo Nel 1808 in Piemonte si ebbe il primo esempio di vaccinazioni di massa affidate ai comuni, ma prima che l'effetto delle vaccinazioni si faccia sentire in tutta la penisola passeranno decenni. Ancora nel 1857 a Ragusa in Sicilia ci furono 1233 morti di vaiolo su 25 mila ablianti. La storia dell'Ottocento è segnata da una malattia che può dirsi tipica del secolo scorso: Il colera. Nessun altro male fece più Impretfin. ne sulla gente, probabilmente per la sua origine esotica nviiiva dall'India), forse per la somiglianza con le antiche pestilenze delle quali si tramandava memoria. Apparve per la prima volta nel 1835 e si ripresentò con ondate epidemiche fino al 1912 quando si deve considerare sparito dall'Italia, a parte episodi molto ristretti. Il colera fu importante non soltanto per la scienza medica, ma perché chiamò in causa duramente i responsabili dell'organizzazione sociale. Ci si rese conto, cioè, che il batterio infettivo colpiva t miseri e che la miseria moltipllcava la gravità della strage, come dice la storica Anna Lucia Forti Messina in -L'Italia dell'800 di fronte al colera». fri particolare le epidemie di colera, che nel Sud ebbero punte di mortalità fino al 58 per cento del colpiti, contribuirono a numerosi risanamenti igienici specialmente degli acquedotti e della rete di fognature nelle città e nei paesi di campagna. Da questo fatto derivò l'impressione che nelle ultime epidemie del secolo e del primo "900 la mortalità per colera fosse più alta nelle campagne che nelle città, impressione confermata anche da epidemie più recenti, come quella del 1947 in Egitto, dove il colera fece strage fra I contadini del Delta e non nelle città. Il totale dei morti di colera ufficiali in Italia fra II 1835 e il 1885, in cinque grandi epidemie, è fissato dagli statistici in 456.577 persone. Impossibile, invece, stabilire quanti morti fece la malaria, per la quale passarono decenni prima die si capisse che non era provocata da 'miasmi, del terreno, ma dalle zanzare. I governi Uberai! dell'SOO si dettero ìr.olto da fare nelle campagna di distribuzione del .chinino di Stato; che almeno controsfora le febbri nelle fasi acute. Ma ancora nel 192$ gli esperti del Consiglio superiore della Sanità Ingenuamente relazionavano che l'aumento della malaria era dovuto alle •piogge Intense» e alla •precocità del calori estivi, di quell'anno. Nello stesso anno un rappresentante in Italia della Rockefetler Foundation suggeriva la distruzione delle zanzare come si faceva in America, ma nessuno lo ascoltava, si credeva che le bonifiche risolvessero il problema, che spari soltanto nel dopoguerra con il Ddt. Miseria Quello della pellagra i uno dei capitoli più drammatici di impotenza della scienza ottocentesca di fronte a una malattia che dilaga all'improvviso, per cause che nessuno capisce. Oià si era presentata nella Repubblica di Venezia e dal 177$ per circa un secolo si continuò a credere, come I provveditori della Serenissima, che la pellagra fotte provocata dal mali guatto o fradicio. Il grano¬ turco era un alimento che aveva cambiato le abitudini dei contadini di molte regioni dopo la sua introduzione in Europa. Nella sua rapida diffusione aveva portato con té il -mal della miseria», perché i contadini veneti, lombardi ed emiliani at»ci>a«o finito per cibarsi esclusivamente di polenta e di pane di mais, trascurando ogni altro apporto vitaminico all' alimentazione. Prima della metà del 700 la pellagra era sconosciuta In Italia, cosi come era poco conosciuto il granoturco. I contadini pellagrosi peggioravano durante l'inverno quando si cibavano più monotonamente di polenta e In primavera avevano manifestazioni di estrema debolezza, sudorazioni, diarree fino a un'ultima fase di gravissimo e irreversibile squilibrio mentale. Non ci fu vera viti-ria sulla pellagra. La malattia regredì gradualmente con il cambiamento delle condizioni alimentari. Quando la scienza medica e lo Stato ti mossero con .locande sanitari!', e •cucine economiche» fa situazione stava già migliorando, era il nuovo benessere del principio del secolo. Contrariamente a quanto si può ritenere in base alla triste fama che ancora ne ietta, la tubercolosi in Italia dal 1881 è sempre stata una malattia in fase decrescente, tranne che nel periodo della prima guerra mondiale, quando ebbe punte elevatissime che la riportarono alle quote del 1887. di circa 2200 morti per un milione di abitanti. Ma un dato quasi incredibile è quello del .riformati' alla visita di leva negli anni dal 1870 al 1873 a Modica in provincia di Siracusa, che dava un quoziente del 64 per mille di ammalati di tbc. In effetti alcune province del Sud. diversamente dall'opinione corrente, erano più colpite dalla tubercolosi di quelle del Nord, dove si pensava che la malattia trovasse un particolare sviluppo nell' ambiente malsano delle fabbriche. Il dato più alto registrato al Nord, infatti, il quoziente del 'riformati' \alla visita di leva di Varese nel 1867, dava il 17 per mille di tubercolotici riconosciuti. Una storia nella storia del tutto sconosciuta è frutto delle ricerche di Tomaso Detti in «Stato, guerra e tubercolosi (1915-1922). Ci furono 100 mila morti per tubercolosi fra militari e civili nel periodo fra il 1915 e il 1922, del quali un po' meno della metà erano soldati. Ma il punto più sorprendente è che fino al 1916. dot oltre un anno dopo l'entrata in guerra, nessuno si era accorto, a quanto pare, die la tbc stava dilagando nell'esercito a un ritmo violento. Gli ospedali militari erano pieni di tisici e nel rigore disciplinare dell' era di Cadorna si arrivava a considerare abili per il fronte coloro che non fossero manifestamente in fin di vita. Quanto influì su Caporetto tutto questo? Dal 1917 si prenderà coscienza che la tubercolosi è un flagello e da allora nasceranno le campagne delle quali poi il fascismo si impossesserà come di un merito proprio. Ancora una volta la malattia si mescola alla storia del Paese. Franco Pierini l l'ictm lunghi: «Il farmacista» (Venezia, Gallerìe dell'Accademia, particolare): un «odontoiatra» di oltre due secoli fa