Non prendiamo i compiti di Leopardi per capolavori

Tutto libri Tutto libri Non prendiamo i compiti di Leopardi per capolavori Nello sfarzo di Venezia naufragano l ii dl B C gle miserie del Baron Corvo FIRENZE — I due autori italiani viventi che Gianfranco Contini considera di più. sono Sandro Sìnlgaglla e Tino Richeltny. Il giudizio, decisamente provocatorio, è contenuto in una intervista del grande critico all'Ansa, contenente un rapido bilancio di tanti anni di studi. Quando gli è stato chiesto di nominare alcuni contemporanei, Contini ha scelto due poeti: 'Due nomi quasi sconosciuti — eail stesso ha dovuto ammettere — ma sono sicuramente votati a una futura grande notorietà: II giudizio è tanto più singolare perché viene dopo una risposta alla domanda sul libro che più. aveva contato nella sua vita: «La Recherche di Proust» ha risposto Contini, sema esitazione. Dopo tanto rumore, pubblicate le «Dissertazioni» scritte a 14 anni cili letture filosofiche, antiche e moderne, e per la capacità di riportare sulla pagina con proprietà di linguaggio, con chiarezza di ragionamento, con precisione di concetti, il succo delle letture. Il Leopardi cita o riassume Aristotele come Cartesio, Cicerone come Newton, Boyle come Lucrezio, Leibniz come Tommaso d'Aquino, Voltaire come Platone, Rousseau come Hobbes, Locke come Malebranche e tanti altri ancora, anche di minima notorietà, ma letti in quanto divulgatori o epltomatorl di dottrine filosofiche per uso scolastico, come Giacomo I /eopardi è giusto che faccia un ragazzo che, appunto, va a scuola, sia pure con una precocità eccezionale. Le Dissertazioni riguardano le varie parti in cui è tradizionalmente divisa la filosofia; logica, metafisica, f islea, ^etica. Colpisce la notevole àttónzlone^ché'il ragazzo Leopardi dedica a problemi di fisica: non soltanto 11 mo-1 to e l'estensione, la cui trattazione rientra nella tradizionale problematica di derivazione aristotelica, ma anche la gravità, l'attrazione, l'Idrodinamica, i fluidi elastici, la luce, l'elettricità (chiamata «elettricismo»), l'astronomia. E', Insomma, la testimonianza ulteriore NICHOLAS Crabbe, un inglese bizzarro metà esteta a metà asceta, naviga con un suo barcone-casa da Venezia fino giù alle Calabrie. Siamo nel 1908: una notte, mentre è all'ancora tra Scilla e Cariddi, sale un gorgo dal fondo, la terra si scuote, a Messina e Reggio si spengono tutte le luci. 'La pioggia scendeva come frigide lance*. All'indomani, tra le macerie di una fattoria Crabbe ripesca uno strano essere metà donna e metà ragazzo: è l'androgina figlia di un gondoliere che nientemeno discende dai dogi Faller. Ribattezzato /Aldo, travestito da maschietto, lo riporta con sé a Venezia. Dove il Crabbe vive una sua vita costruita e strana. Lasciata da giovane l'Inghilterra si è fatto seminarista a Roma: ma è stato espulso per •sensibilità eccessiva* e cosi, posseduto comunque dalla vocazione, ha .giuralo castità per vent'anni, che scadranno tra pochi mesi. Intanto si è mantenuto in orgogliosa mtsertdcon doti tutte di grande raffinatezza: la pittura sacra, la miniatura di codici (possiede . una splendida calligrafia che distilla in inchiostri multicolori e barbarici), la fotografia anche subacquea, le lettere classiche e moderne: è difatti romanziere misconosciuto, saggista sferzante. Ma una generale congiura, una gran rete di inviate meschine, di gesuitiche persecuzioni, lo stringe ed insegue. Sfruttato da committenti ed editori, ingannato da falsi amici e collaboratori, Crabbe sta attualmente soffrendo una esistenza di fughe e miserie, di povertà e ben presto di ■fame. La sventura gli ha dunque costruito addosso una specie di opaca armatura (crab: granchio, In inglese) da cui sporgono solo le pinze della difesa. Dentro, la polpa è molle, venata di nervi. Ztldo è un altro sventurato, come lui bifronte? Prima che II mondo lo offenda, cerca allora di preservarne l'integrità fiduciosa: anche dal proprio desiderio. Con gli ultimi denari gli costituisce una piccola rendita dignitosa, gli ammobilia con parca raffinatezza una stanza. E quanto a sé fuggirà di debito in debito, di fame in fame, di stagione in stagione; fino a ridursi a giacere, l'inverno, su un minuscolo sandolo sferzato dal non si lascia raccontare. Ha il cupo e lucido splendore edoardiano di una prosa troppo matura; è fatto come di pozze ora opache ora lucenti: i frammenti nevrotici e manieristi dell'ultimo decadentismo. Fu pubblicato postumo, decenni dopo che l'autore — un inglese nato nel 1860 cheti chiamava Friedrich Rolfe e si firmava Baron Corvo — era morto di sincope, esule a Venezia, nel 1913. Ma negli Anni 20 Rolfe era già tanto dimenticato che fu necessario un altro libro per ricostruirne la molteplice realtà umana. Nel 1934 cosi uscì (Longanesi, 196S) «Alla ricerca del Baron Corvo» di A. Symons, appassionante carne un poliziesco e chiave indispensabile ai romanzi via via riscoperti del Rolfe. inghiottiti come la cattedrale sommersa di Debussy, come una piccola Atlantide, ma dell'altro ieri. Ancora adesso bisogna dire che quel libri non funzionano uno senza l'altro. Così come Zilda è Zildo (o viceversa, a piacere e secondo l gusti) Rolfe non c'è senza Corvo, e poi questi è il travestito di Crabbe. Giochi particolarmente letterari, insomma, anamorfosi antiquarie. Ma in quel labirinto nevrotico di ossessive persecuzioni, di nervi recisi, di inversioni madide e ambigue, la vera storia di Rolfe è bizzarra e topica; Dedalo di se stesso, Icaro liquefatto negli specchi della laguna, vogatore ullssiano nellt rebours del canali, consumatore alla moda di stoffe e pietrame bizantini, cattolico avvelenato alla Blog, ruffiano di ragazzini e gondolieri deplsisiani che si bagnano tra le barene come vagabondi di Comtsso. Auden lo definisce 'Omosessuale paranoico*, Greenè'«prete spretato*. Cecchi riesuma il vecchio 'inglese italianato diavolo incarnato*. Lui si fantasticava alla Benvenuto Celltnt, e ne peri. Ma è vero, al di là di tutte le maschere, che nessuno gli tese sul serio la mano. «Non sa stare al mondo*, e se ne liberavano cosi. Il fatto è che . 'Chiese sempre a suo modo, e non era II sistema migliore per essere capito*. Ecco allora cosa proprio racconta il libro: una vita di miseria, e la miseria di una vita. .. „ Claudio Savonuzzi Frederick Rolfe Baron Corvo: «Il desiderio e la ricerca del tutto». Longanesi, traduz. B. Oddera. 493 pagine, 19.000 lire. della cultura moderna che si forma fin dalla prima adole- ' scenza 11 Leopardi, onde con perfetta cognizione di causa potrà poi respingere l'arido vero come una delle cause dell'Infelicità dell'uomo contemporaneo. Nulla di più dicono le Dissertazioni filosofiche: compiti, esercizi, da cui mal e poi mal si potrebbe immaginare 11 futuro poeta e pensatore. La lettura non ne è particolarmente amena: ma è resa un poco ancora più complicata dall'edizione, che non è accuratissima, perché manca un apparato di note assolutamente necessario per guidare 11 lettore, ci sono errori (per esemplo, a pagina 33, si parla del «cotanto Industrioso governo dell'alpi», che fabbricano cellette e succhiano dai fiori 11 miele, onde non di montagne parlerà 11 Lcopard i, ma di api), e, infine, i curatori dell'edizione hanno conservato Interamente le consuetudini di scrittura materiale, di punteggiatura, di citazione dell'autore, In questo modo rendendo ancor più difficile 11 seguirne i ragionamenti. So bene che ormai questo vezzo è Invalso fra gli anche più agguerriti e Illustri curatori di edizioni di testi, ma io non riesco proprio a comprendere quale valore abbia' 11 rispetto superstizioso delle pure e semplici convenzioni di punteggiatura e di maiuscolatura o di sottolineatura di parole, comuni allo scrittore pubblicato nelle sue opere somme o minori come anche ai suol contemporanei nelle scritture quotidiane e comuni. Continuo a pensare che xomplto del-curatore dl.*ir) Frederick Rolfe gelo, assediato dai topi che montano dal buio del canali. Ma come un santo stinta tuttavia scrive: false cronache medievali di rara abilità e bellezza, lettere taglienti e feroci al propri nemici, fiere ripulse a chi vorrebbe umiliarlo aiutandolo. Lotta insomma disperatamente, inflessibilmente, con anima e corpo, tra creditori, sfruttatori farisei e distorti, falsità che da dovunque lo assediano come i dèmoni un eremita. «Il desiderio e la ricerca del tutto», 12 titolo scelto dal Baron Corvo per il suo romanzo, è citazione da Platone: l'uomo cerca sempre la metà 'altra* di se stesso, la sua vita si consuma In codesta questua. Crabbe crolla alla fine: per risvegliarsi nelle braccia di Ztldo. che finalmente si apre in Zittìo. Ed è tutto? Il libro (già pubblicato da Longanesi nel 1963) co per Virginia, protagonista e voce narrante, che riesamina la sua vita, riflette sul suo ruolo di figlia, di sposa e di madre. I rapporti con 11 marito, con la figlia Livia, con gli amori del passato si sono mantenuti su equilibri precari, su schermaglie continue e dolorose, anche se vitali, che hanno lasciato dietro di sé ferite non più rimarginabili. Come In tutte le famiglie, anche qui le tragedie esplodono improvvise nel grigiore del quotidiano, senza possibili scarti di novità. E il romanzo non sfugge a certi stereotipi del repertorio Intimista cosi frequenti nella nostra narrativa. La figlia rimane Incinta e 11 suo fidanzato muore per dròga. L'ultimo dialogo tra 1 coniugi è ancora una lotta tra 11 formalismo di lui, favorevole a .un matrimonio riparatore, e la coerenza alle ragioni della vita di lei, che intende lasciare alla figlia libertà di scelta sul bambino. Lontano da facili sociologismi o tentazioni psl. coanallttche, il romanzerà* l'indubbio merito di non' S proporre ricette né modèlla di comportamento vincenti. Nell'universo familiare, secondo l'autrice, non esistono i buoni e 1 cattivi, gli Innocenti e 1 colpevoli e il ' confine tra le ragioni e 1 torti è sempre difficile da stabilire. Massimo Romano Serena Foglia, «Quale amore», Rusconi, 135 pagine, 12.000 lire.

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