In quei manifesti lucean le stelle di Alberto Sinigaglia

lucean le stelle lucean le stelle STORIA del melodramma in novanta avvisi teatrali. Faust sbircia Mefistofele, calze rosse, spada al fianco, diabolica riassetta tentatrice: sullo sfondo gira l'arcolaio Margherita, bianca purezza nell'abito e nel volto. Sette piccoli egizi sono dannati a formare la parola Aida; sotto una Sfinge grassoccia, sulla fatal pietra, i prezzi dello spettacolo: poltrona lire 10, galleria 1,50. Otello il moro, occhi di fiamma, irrompe sulla scena. Fedora, maliarda vendicativa, sfodera il più audace decolleté. Manon Lescaut si spegne, a sera, presso un'agave, in una landa desolata. Adriana Lecouvreur cade fra le braccia di Maurizio e di Michonnet. E'notte nel villaggio di fiaba, suona un corno: lo udranno l Maestri Cantori. Sir John Falstaff, pingue, nell'abito di scena. Tosca, eroina, nel sangue del barone Scarpia. Turandot scintillante e glaciale. Ecco «La dolcissima effigie» (Edizioni Lint, Trieste, 131 pagine s.i.pj: i migliori •manifesti italiani dell'opera lirica» tra il 1860 e il 1920, a cura di Roberto Curci e Gianni Goti. Grevi cartelli zeppi di parole, poco o niente attraenti, lentamente assumono colori e immagini, si fanno palestra di grafici e pittori, «strumento sempre più sofisticato di adescamento di una medio-piccola borghesia cautamente disponibile alle lusinghe del Progresso e, anche, della Cultura». Nelle tattiche e strategie di persuasione prende il potere la figura. Grandi timonieri sono due editori musicali: Sonzogno e soprattutto la «ditto Ricordi*. Grandi occasioni sono le «prime» al Teatro alla Scala, ma anche le stagioni della Fenice di Venezia, del Regio di Torino, del Co- «Madama Buherfly» in un ì di Medicoviiz (1904) munale di Ferrara, del Grande di Brescia, del Verdi di Trieste, del Sociale di Udine, dell'Arena di Verona. Grazie al melodramma e ai suoi eroi, la reclame acquista forza, tecniche, malizie. Le impiegherà poi per ben altre campagne, per ben altri prodotti. Due nomi primeggiano tra i maestri della nuova arte: Alfredo Hohenstein e Franz Laskoff. Ma altri li seguono a breve distanza: Leopoldo Metlicovitz, Marcello Dudovich, Giovanni Maria Maialoni, Aleardo Villa. Firmano dipinti in piena regola o abili 'montaggi*, privilegiano il protagonista o la scenografia, la vicenda o l'epoca. A un certo punto, il lento riflusso: la parola sfida le immagini, strappa loro terreno, si prende la rivincita. Il manifesto dell'opera torna a riempirsi di nomi e di cifre, talvolta imprigionati in goffi fregi, vano tentativo d'abbellimento. Sarà così per sempre? L'esplodere del consumo musicale, la rinnovata passione per il melodramma ha ridato coraggio ai teatri, colore e fantasia ai 'loro avvisi. Lo spazio per mille altre dolcissime effigi certo non manca. Albt Siili Alberto Sinigaglia

Luoghi citati: Brescia, Ferrara, Torino, Trieste, Udine, Venezia, Verona