Sudan, la rivolta della savana

Sudan, la rivolta della savana Il regime f iloccidentale di Nimeiri tra il vento integralista e l'insurrezione del Sud cristiano appoggiata dall'Etiopia Sudan, la rivolta della savana Il 23 settembre dell'anno scorso il Presidente, per un calcolo politico, vuotò cerimoniosamente una bottiglia di birra nel Nilo Poi venne introdotta la legge coranica: dalle punizioni corporali alla decapitazione - L'opposizione, da sempre insofferente, si è ribellata > Cinquemila guerriglieri contro 58 mila soldati, in strana alleanza con Islam e marxismo - Un nuovo Mandi? ÉOAL NOSTRO INVIATO HARTUM — I granelli di bla trasportati dal vento punzecchiano la faccia in un bombardamento micidiale di folate sferzanti, implacabili, che non concedono tregua. Bisogna stare attenti agli occhi, ripararsi il volto: meglio annodare subito il fazzoletto dietro la nuca. I colpi di spillo fanno quasi male, nel giro di pochi minuti i capelli sono impiastricciati, assumono un colore Indefinibile, a metà fra il biondo sporco ed 11 rossastro. Il deserto appare già meno nitido, sparisce persino ili sole, offuscato da un velo che pare nebbia. Qui lo chiamano habob; più a Nord, verso 1' Egitto, diventa lo hamsin; quando spazza la Nigeria assume un altro nome, harmatan: ma sono altrettante variazioni sullo stesso tema. E' sempre lui, il vento del deserto sahariano, il vento di Allah. Da alcuni mesi soffia, e non soltanto In senso metaforico, anche sul Sudan, con la violenza tipica dell'intransigenza islamica. E travolge tutto, come un uragano. Spariscono cosi di botto le «impurità» importate dalla civiltà occidentale, gli «eccessi» del modernismo diventano vittime sacrificali da immolare, sul terreno rimane inciso un unico comando religioso: torniamo àtt'austerity coranica dei nostri padri, e 11 Profeta che lo? impone. In verità, questo viaggio alle origini 1 sudanesi proprio non se lo aspettavano. Per un Paese da sempre legato alla causa araba, però sotto il segno inconfondibile della tolleranza, della coabltazione tra maggioranza musulmana, concentrata a settentrione dell'Immensa nazione africana, e minoranze cristiane sparse nelle province equatoriali, l'introduzione cosi tardiva della sharia, la legge del Corano, si è rivelata un fulmine a elei sereno, e anche un'arma a doppio taglio. Accadde il 23 settembre dell'anno scorso, una data ormai storica. Quel giorno, il presidente Guatar Nimeiri si' sentiva soddisfatto. Oli era bastato un gesto simbolico — un po' di birra versata cerimoniosamente nelle acque torbide del Nilo, che nella capitale sudanese congiunge i due rami principali, il Bianco e l'Azzurro — per cancellare 11 passato e lanciare una nuova era. Poi è venuto 11 resto: 1 bulldozer che riducono in poltiglia migliaia di casse di phisky, il divieto di servire alcolici nel locali pubblici entrato in vigore all'improvviso, e con esso la lista delle punizioni corporali da infliggere a quanti osino ancora violare 1 principi dell'Islam. Quaranta scudisciate agli adulteri, 11 taglio della mano destra per i ladri, la decapitazione degli assassini confessi. Ma perché tanto fervore, che significato ha questa imprevista severità moralizzatrice? Che cosà nascónde insomma il tentativo di coranlzzazlone | portato alle sue estreme con¬ seguenze: mossa politica dettata dalla necessita di allinearsi con lo schieramento predominante in seno all'Organizzazione dell'Unità Africana, rinsaldando nel contempo 1 legami con l'Egitto di Mubarak? Oppure, carta da giocare con coraggio sul plano interno, di fronte alla crisi economica e alla ribellione delle regioni meridionali? Oggi, ad alcuni mesi di distanza dall'inizio dell'ondata integralista, 4 possibile tracciare un primo, sommarlo bilancio dell'operazione. «Mineiri — spiega un diplomatico che conosce a fondo il mondo arabo — non lo ammetterà mai, è assai orgoglioso; adesso comunque deve rendersi conto della realtà. Era partito lancia in resta, ora sarà costretto a rimangiarsi alcune promesse dettate chiaramente dalla convinzione, rivelatasi per lo meno incauta, che l'opposizione avrebbe ingoiato il rospo in silenzio.. Il risentimento delle popolazioni, Insofferenti da anni nei confronti del potere centrale, pare sta aumentato a vista d'occhio; non trascorrerebbe giorno senza che episodi di insubordinazione dilaghino a macchia di leopardo lungo le savane vicine all'Etiopia, e dove l'accesso agli stranieri viene proibito dai militari. Tuttavia, nonostante la mancanza di conferme dirette, un fatto appare Innegabile: la rivolta nel Sud non risulta affatto sedata, rischia anzi di espandersi pericolosamente. Laggiù agiscono alla macchia almeno 5000 ribelli comandati dall'ex colonello John Oarang. Disertò dalle file dei governativi in maggio, dopo che l'esercito gU aveva ordinato di trasferirsi con il suo reparto al Nord. Due guarnigioni si ammutinarono, a Bor e a Pibor, e negli scontri morirono una settantina di soldati. Da allora, a Khartum si ammette ufficialmente che il gruppo Anya Nya, 11 «veleno dei cobra», è confluito assieme ad altre formazioni estremiste nel ranghi dell'Esercito di liberazione nazionale sudanese addestrato da consiglieri sovietici, cubani e tedesco-orientali giunti da Addis Abeba grazie alla copertura del regime fllomarxtsta di Menghlstu. Una spina nel fianco, e non è la sola. Per capire 1 problemi del feldmaresciallo, in sella al potere dal 1969, è meglio gettare un'occhiata alla posizione geografica del Sudan. Al Nord confina con l'Egitto, a Nord-Ovest si,,appoggia,Al deserto della Libia, a Ovest, sta accanto al Ciad e alla Repubblica Centroafrlcana. Verso Sud, ha frontiere co-, munì con lo Zaire, l'Uganda ed li Kenya. Infine c'è l'Est, dove corre la fragile linea di demarcazione cori l'Etiopia e si allunga la breve costa del Mar Rosso. In tutto, otto «gomito a gomito» che alimentano la sindrome dell'accerchiamento, che fanno Intravedere nemici appostati dietro ogni duna. Certo, a Nimeiri gli avversari non mancano. Agli etiopici e a Oheddafl non piacciono le sue aperte simpatie per l'Occidente, 1 ripetuti richiami all'alleanza con gli ! Stati Uniti ora li spingono entrambi sulla strada della destabilizzazione armata, facendo leva per assurdo sull'amicizia di clan cristiani che, pur di combattere gli appena 58 mila fedelissimi di Nimeiri (è la consistenza dell'esercito, su oltre 20 milioni di abitanti), accettano aiuti e consigli elargiti nel nome dèlia jlhad, la guerra santa. Ed ecco che a Khartum si respira un'aria pesante di Incertezza, che vengono annotate con preoccupazione le notizie sulla sorte di tecnici stranieri rapiti dal fuorilegge (l'ultimo è stato rilasciato giorni fa, dopo mesi di prigionia). Ci si chie¬ de inoltre quanto vi sia di vero negli annunci, seguiti da immediate smentite, sull'ipotesi di un ponte aereo con l'America per rifornimenti militari da impiegare contro la sedizione. Nel frattempo, 1 detenuti rilasciati in settembre con fiduciosa magnanimità dalle prigioni di Stato continuano ad alimentare la malavita locale; una bottiglia di cognac spunta cifre da capogiro al mercato nero; e l'atteso Incontro bilaterale del ministri degli Esteri del Sudan e dell'Etiopia, previsto in settimana a Nairobi, slitta a chissà quale data travolto dal fiume di accuse lanciate da Addis Abeba. Nimeiri, dicono, «non insegue il dialogo costruttivo: ha sposato purtroppo la tesi dell'aggressione in combutta con il presidente Reagan, perciò crollerà presto schiacciato dal peso dei debiti: che superano, stando alle cifre più recenti, gli otto miliardi di dollari, quasi 13 mila miliardi di lire. Dal palazzo che fu il quar-, tler generale di Gordon Pascià, il generale Inglese ucciso da dervisci 11 25 gennaio 1885, se 11 cielo è limpido, al di là del Nilo, si Intravede la cupola dorata del mausoleo eretto dal suo vincitore; 11 Mandi. L'ufficio del presidente Nimeiri sta al primo plano: le finestre guardano dall'altra parte, verso la Mecca. Una coincidenza, un'ispirazione inconscia? Di quell'ayatollah che aveva incendiato il Sudan un secolo fa nessun vuol più parlare. Il Sudan ha un nuovo mahdi cui pensare. Piero de Garzarolll LIBIA

Persone citate: Gordon Pascià, Mubarak, Profeta