Telegiornale, un rito liturgico di Paolo Garimberti

Telegiornale, un rito liturgico INTERVISTA CON I DIRETTORI: PERCHE' LTNFORMAZIONE POLITICA E' NOIOSA? Telegiornale, un rito liturgico Albino Longhi, rete 1 : «La legge c'impone i dosaggi. Prolissi? Ma vallo a trovare, da noi, il politico capace di condensare un messaggio in 30 secondi» - Ugo Zatterin, rete 2: «Non è giusto che tutti siano uguali per il video: uno starnuto di De Mita può far cadere il governo, uno di PanneUa no» - Ma c'è chi sta peggio: Francia e Germania, che grigiore DAL NOSTRO INVIATO ROMA — Ogni giorno, per sei volte al giorno, tante sono le edizioni del telegiornale, Albino Longhi, direttore del Tg 1, si cimenta in quello che definisce ml'antico e mai risolto esercizio della quadratura del cerchio»: che, nel suo caso, consiste •nell'esigenea di coniugare il ruolo di servigio pubblico, attribuitoci dalla legge, con la massimizzazione dell'ascolto-. E' un dilemma storico, questo, per l'informazione televisiva in Italia. Ed è opinione diffusa che, nell'alternativa, i giornalisti televisivi, prima e dopo la riforma, privilegino 11 «ruolo di servizio pubblico», inteso essenzialmente come atteggiamento compiacente verso 1 partiti, opposizione compresa, piuttosto che gli interessi degli ascoltatori, che pagano 11 canone. Quindi, telegiornali troppo lunghi, ma soprattutto troppo ufficiali per via di certi servizi politici senza immagini (quando va bene, scorrono le facce Immutabili e arclnote del segretari del partiti), che sono soltanto un florilegio di citazioni diligentemente raccolte e rigidamente scandite nella durata. Un esercizio che diventa ritualmente insopportabile 11 sabato e la domenica, quando i discorsi del leaders politici sono più numerosi e le citazioni del telegiornali anche. Enfasi Questo malinteso ruòlo di «servizio pubblico» talvolta sembra sfiorare addirittura la disinformazione. Come è accaduto al recente congresso democristiano per l'Incidente De Mita - Marini, dove la diversa qualità, e quantità del servizi ha fatto pensare ad una voluta sottovalutazione del Tgl democristiano e ad una compiaciuta enfasi del Tg 2 socialista. Proprio da questo caso siamo partiti per capire, attraverso due lunghi colloqui con 1 direttori, quale è la realtà politica e giornalistica esistente dietro 1 telegiornali. •Il giornalismo è, di per se stesso, un'opera di mediazione: dice Ugo Zatterin, ven¬ tisette anni di televisione alle spalle, direttore del Tg 2 dal 1080. «Afa nel caso di un telegiornale le mediazioni sono più di una: c'è quella imposta dalla Commissione di vigilanza, per cui dobbiamo rispettare certi dosaggi, certe regole di equilibrio tra i vari partiti; ma c'è anche la mediazione che deriva dalle stesse aree interne esistenti nella redazione. Insomma, con il pretesto che siamo un servizio pubblico, dovremmo applicare ogni giorno le regole di Tribuna politica: tutti sono eguali davanti alla tv, stesso spazio, stessa importanza, uno starnuto di Pannella vale quanto quello il De Mita. E io dico che non mi sta bene: perché uno starnuto di De Mita può far cadere il governo, quello di Pannella no». Al plano di sopra (la redazione del Tg 2 è al terzo piano di via Teulada, quella del Tg 1 al quarto), Albino Longhi conviene che il vero nodo è la politica interna. «Non è tanto una questione di pressioni dirette delle forze politiche sull'organizzazione del lavoro quotidiano, spiega Longhi, un mentova- no pacato e arguto con un'Innata tendenza . alla sdrammatlzzazlone. E' che, in realtà, la legge ci impone certe regole e queste regole, che chiamerei di rappresentazione della politica, vanno a scapito dell'autonomia. Io ero partito molto motivato, volevo ridurre la politica al minimo indispensabile, dare spazio solo a ciò che lo meritava. Ma poi gli avvenimenti stessi di questi ultimi anni e quella che chiamerei la liturgia della politica italiana, per cui ad ogni dichiarazione ne seguono subito altre dieci, mi hanno sopraffatto. Perciò conservo il cosiddetto pastone politico: minuti di parole e parole, quasi sempre senza immagini, e inevitabilmente noiosi: Il pastone •Ho lottato per tre anni e' mezzo e ho quasi abbassato le armi, incalza Zatterin.' .L'attività principale del di-\ rettore di un telegiornale è l'esercizio della rinuncia: parti al mattino con l'idea di un telegiornale e, alla sera, te ne esce uno diverso: Entrambi 1 direttori lanciano accuse di scarsa telegenlcità, soprattutto linguistica, al politici italiani. 'Sarebbe relativamente semplice abolire il pastone, sostiene Longhi. 10 vorrei sostituirlo con brevi interviste ai protagonisti della giornata. Sarebbero certo più vivaci, se non altro perché ci sarebbero le immagini. Ma vammi a trovare un politico italiano capace di lanciare un messaggio alla gente in trenta secondi: Eppure 1 telegiornali italiani non sono tanto malvagi. Due anni fa, un diplomatico francese, assegnato a Roma, mi manifestò la sua piacevole sorpresa nel trovare che 'il telegiornale in Italia è molto piti completo e vi- ■ WaceWqWètlì orribili che'ab-' piamo noi,In Francia: Andrea Barbato, che è stato un ottimo reporter televisivo negli Anni Sessanta (la sua cronaca dell'assassinio di Robert Kennedy è ancor oggi considerata un modello di giornalismo televisivo) e ha poi diretto il Tg 2 prima di essere eletto deputato, dice: «/ telegiornali di tutto 11 mondo si somigliano. Quelli italiani non sono peggiori di quelli che ho visto in altre parti del mondo. Altrove c'è più spregiudicatezza nel commenti politici. Ma altrove significa poi Stati Uniti e Inghilterra, perché in Francia e Germania i telegiornali sono decisamente peggiori dei nostri: Longhi riconosce che il suo telegiornale ha il difetto di una certa ufficialità, 11 che si traduce spesso in un eccessivo grigiore. Però aggiunge: •Noi non siamo un giornale stampato, che può permettersi scelte selettive anche perché chi non lo ama può comprare altri ottanta quotidiani a suo piacimento. Eppoi non ho ventiquattro pagine tra le quali calibrare tutte le notizie che arrivano. E' come se facessi un quotidiano di una sola prima pagina, nella quale devono entrare politica intema, politica estera, cronaca, economia, sport. Al massimo, posso decidere che un servizio, che mi pare meno importante o mi place di meno, lo metto nell'edizione della notte anziché in quella delle otto di sera». Ma si sente confortato dagli Indici d'ascolto: dai trenta al quaranta milioni di persone vedono ogni giorno le sei edizioni del Tgl, con una punta di 18-20 milioni per l'edizione delle 20. Risposte Zatterin, 1 cui telegiornali raccolgono dal 12 ai 13 milioni di ascoltatori, è assai piti critico. Prendendo come modello 1 telegiornali anglosassoni, universalmente considerati 1 migliori, Zatterin afferma che l'Informazione televisiva italiana è più «noiosa ed annacquata- per almeno quattro ragioni: la lingua, meno sintetica e moderna dell'Inglese; 11 costume degli interlocutori, politici e no, «incapaci di dare risposte secche, chiare ed esaurienti-; la nostra cultura giornalistica, «che ha come modello la letteratura, piuttosto che le regole giornalistiche del chi, quando, dove, come, perché-; la struttura politica italiana, •che è molto più complessa di quella inglese o americana: Ma, al di là dei problemi d'ordine generale e del condizionamenti politici, Zatterin chiama In causa anche la professionalità del giornalista televisivo italiano. «Lidea che i nostri giornalisti hanno del telegiornale, dice, è quella di una bella tribuna' dalla quale esprimere la propria opinione sul fatti che dovrebbero raccontare. D'altra parte, le assunzioni non sono mal quelle che il direttore vorrebbe perché è costretto a scegliere tra i giornalisti delle varie aree politiche che gli vengono proposti. Da noi il giornalista senza etichetta, più che senza tessera, non si assume. Eppot io non ho un editore al quale rivolgermi. La Rai non è un editore, è una gestione burocratica. A chiunque mi rivolga la risposta invariabile che ottengo è di non rompere le scatole-. Allora non c'è rimedio? Saremo costretti a vederci sempre questi giornali televisivi un po' troppo ufficiali, un po' troppo diluiti e un po' troppo verbosi, a meno che le «private» non facciano un giorno o l'altro 1 loro Tg (ma, garantisce Zatterin, «non lianno nessuna voglia di farli perché i telegiornali costano troppo)-? i •Sinceramente non camberei: molto, risponde Longhi. D'accordo, il modello americano è Interessante. D'accordo, sarebbe meglio avere più. immagini e meno pastoni politici. Ma se guardo la durata media dei nostri servizi, non trovo che siano cosi terribilmente lunghi come si dice. Ecco, guarda qui: ieri in 27 minuti c'erano 15 servizi più i cosiddetti vivi, i tempi in cui parla il conduttore e fa il ponte tra un servizio e l'altro. Il che significa una media di un minuto, un minuto e venti secondi a servizio-, . «Farei «n, ielegiorjtale..d,i-\ lvénW 1Atnù%*:;m)&M~aT\ massimo, dice Zatterin. Afa 'sonò belìe'utopie, visto che noi dobbiamo durare quarantacinque minuti perché non possiamo violare il pa¬ linsesto. Si parla anche di abolire questa distinzione di testate, di tornare alla testata unica. Non so se siala logica della lottizzazione a imporre la doppia testata-, •Certo, osserva Barbato, un rimedio sarebbe proprio quello di creare una direzione unificata dell'informazione, che la gestisca sui due canali; perché questa assurda concorrenza tra le due testate, questo innalzare le bandierine del Tg 1 e del Tg 2 ad ogni occasione, è diventata una micidiale gara alla spesa. Ma il rimedio decisivo sarebbe di mettere nel telegiornali professionisti talmente bravi e al di sopra di ogni sospetto da vanificare le quotidiane attività sotterranee di quella rete di referenti dei partiti, che ormai è ramificata in ogni struttura dell'informazione televisiva-. Paolo Garimberti