Vivere a Monaco, che schikeria

Vivere a Monaco, che schikeria LA GIOCONDA CAPITALE SEGRETA DELLA GERMANIA OCCIDENTALE Vivere a Monaco, che schikeria Culla luppo fica DAL NOSTRO INVIATO MONACO DI BAVIERA — Vivere a Bonn è comodo, ma noioso: e ogni conversaMone tra i giornalisti stranieri, tra le matricole e gli arnioni di questa mini-capitale sfocia sempre nella medesima domanda, oziosa, e tuttavia irresistibile. Quale città tedesca offre il volto più simpatico, l'abbraccio più caldo, la voce più suadente? Colonia e Dusseldorf sfoggiano ricchezza, ma non bellezza: e lo stesso si può dire di Francoforte. Amburgo è maestosa, cosmopolita, ma con un distacco all'inglese e un clima iniquo. Tutti amano Berlino Ovest, febbrile, eccitante, misteriosa, non senza titubarne però: quelle ette nascono dalle incertezze economiche, dalla mutata indole, dalle tensioni sociali. E cosi, sempre più spesso, la maggioranza del voti va a Monaco. Monaco è tante cose: è tutto ciò ette dicono le guide e le agenzie di viaggio, e in più industria, soldi, cultura, arte, eleganza. In questa nazione, mai rimessasi esteticamente dalla distruzione fisica della guerra, Monaco è un'isola di grazia urbaiia: ed è tornata ad essere, come all'epoca del Wittelsbach, una piccola capitale di una seconda Austria felix, la Baviera. E' forse l'unica città tedesca che, in misura maggiore o minore, abbia tutti gli attributi di una vera polis, con una scena capace di ospitare il tecnologo e il regista, il banchiere e lo scrittore, il creatore e il consumatore di ricchezza. «Vollà, une capitale!», esclamò Charles De Ganllc durante la sua vi sita del '62: e De Gaulle non era uomo da eccitarsi facilmente. La storia è veramente una ninfa bizzarra. Oggi Monaco è sinonimo di progresso, d'intelligenza, di buon gusto: ma la memoria non può dimenticare che fu pure la culla del nazismo: Fu1 'a'Monaco'Che Hitler emerse dal nulla e colse il dèstro per-dare al suo fanatismo voce politica; fu a Monaco che il suo gruppuscolo di eccentrici, utopisti e avventurieri, forte di soli sette iscritti, decollò per il suo viaggio, tragico e sanguinoso. 1920: alla Hofbràuhaus, la più vasta birreria del mondo, ed una delle più antiche, con i suoi Immensi ri storanli e i suol indigeribili piatti, nasce il .partilo nazionalsocialista dei lavoratori tedeschi.. 1S23: Hitler tenta di costringere il governo bavarese e la Relchswchr a proclamare una rivoluzione nazionale, ma il putsch falli sce. 1938: Conferenza di Monaco, acme dell appeasement, Inghilterra, Francia e Italia forzano la Cecoslovacchia ad accettare i diktat di Hitler. La Baviera occupò sempre un posto particolare nel cuore di Hitler e notevole fu il contributo bavarese al nazismo. Va a credito del monacensi non aver spinto nell'ombra questo torvo passato. Una guida ufficiale rammenta che, tra il '35 e il '45, la città portò, e sfoggiò, il titolo di •Hauptstadt dcr Be wcgung», capitale del Movi mento nazionalsocialista. Pubblicazioni distribuite a giornalisti e visitatori non tendono nessun velo sui campi di concentramenlo a Flossenburg e a Dachau Tale è l'orrore die accende quest'ultimo nome che ci si domanda perché nessuno l'abbia mai cancellato. Ma si e dinanzi a uno di quei grovigli storici tipici della Germania e, in parte, dell'Europa. Dachau, a 22 chilometri da Monaco, è luogo antico e bello, era amato dalla casa reale. Per secoli, prima del 1933, i pittori avevano dipinto le dolci, morbide luci del Dachauer Moos, la brughiera. Semldislrutta dai bombardamenti aerei, lontana dalle regioni tradizionali del potere economico, senza la vitalità di Berlino, senza il dinamismo di Francoforte, senza il know-how cosmopolita di Amburgo, la Monaco del dopoguerra non pareva avere un futuro molto brillante. Ma gli anni neri e grigi fini rono prima del temuto. Il 'miracolo tedesco., naziona le, diede il primo colpo di sperone, poi la città prese a correre da sola. Nel 70, la popolazione arriva a 1 milióne e 300 mila anime, un numero perfetto, e tale è rimasta. L'economia dell'intera Baviera balza di successo in successo, è quella afflitta oggi dal minor numero di disoccupati; Monaco si piazza saldamente al terzo posto nella lista delle grandi città industriali, dopo Berlino e Amburgo; diviene la beniamino degli investimenti stranieri; le sue fiere, i suol congressi, i suoi seminari attirano oltre un milione di visitatori l'anno. Non c'è bisogno di naufragare nelle cifre per dare unidea della muscolatura economica conquistata dalla Baviera. Da oltre ventanni, la sua crescita è di circa il 4 per cento Vanno, mentre quella della Repubblica Federale, nella sua inlierezza, è del 3. dell'Isar. E' una ricchezza die si aggiunge a quella elargita da auto, macchine utensili, chimica, strumenti di precisione, ecc. Il prodotto regionale lordo si è moltiplicato sei volte dal '60. L'altra grande industria è quella dell'allegria. Monaco è sempre stata gioconda e festaiola: ma ora è qualcosa di più, è la capitale di un edonismo forse senza raffronti in Europa. Thomas Mann aveva già parlato del suo «Indistruttibile genius loci»; oggi ,i biografi della città, anche i più seri e severi, rendono omaggio alla sua frizzante Jole de vlvre. L'intenso cattolicesimo bavarese non ha mai smorzato questa letizia del sensi, stimolati, come a Venezia, dall'architettura stessa, che è quasi sempre un sorriso, una melodia mozartiana. Jole de vlvre e lalssezvivre, per cui poco suscita scandalo. Le coppie ignude che passeggiano per i viali . dell'Engllscher Garten, fra mamme e bambini, turbano forse gli stranieri, ma non i monacensi che dicono: «Quando verrà. l'Inverno, si vestiranno». E quando si dice divertimento non si pensi soltanto alle sagre popolaresche, alle kermesse carnascialesche, innaffiate da torrenti, fiumi di birra (alcune statistiche: la Baviera produce quasi il 30 per cento della birra tedesca e pare che il bavarese medio riceva da tale liquido il 40 per cento della sua nutrizione). Le «schlkerle» possono essere aride e arcigne, non però a Monaco dove gli ingredienti sono diversi. Uno scrittore la definisce «Die Vielschlchtlge Oesellschaft», una società a molti strati, ma nessuno impermeabile al cento per cento. L'aristocrazia (vi sono ben sette principi bavaresi) si mischia facilmente con la ricca borghesia, vecchia e nuova: ed entrambe non disdegnano la compagnia né del cinema, che a Monaco ha la sua capitale, né della cultura, né dello sport, né di tutto ciò che scintilla in generale. Non vi sono molte barriere in questa «schikeria», che taluni definiscono «la più democratica». Scrittrici e starlets, baronesse e sarti, industriali e tennisti, cantanti e parrucchieri. Accesso Ubero. Persino ai giornalisti. A Monaco, il termine «die Promlnenz». vip, si fa elastico. E' l'opposto di Amburgo, più facoltosa di Monaco, ma ancora inamidata da una certa severità luterana. Non è una facezia quella che ricorda che, mentre ad imbarco una bancarotta è imper- donata, a Monaco se ne possono accumulare due o tre, sema vedersi chiusa nessuna porta in faccia. In realtà, la Baviera in generale e Monaco in particolare sono al polo opposto di tutta la Germania, non soltanto perché hanno avuto una famiglia, i Wittelsbach, che li ha governati dal 1180 al 1918, non soltanto perché l'identità regionale ha tuttora la vitalità di un'identità nazionale, per cui è l'unico Land della Repubblica Federale che si definisce Frelstaat, stato libero, e lo proclama alle proprie frontiere. Non soltanto per tutto questo, ma anche perché in una Germania americanizzata, standardizzata, privata dalla storia di un volto nitido e luminoso, la Baviera resta una terra a suo agio tra il passato e il presente, danza fiera come una giovanissima signora all'antica. Verità, ma con paradossi. Gli undici milioni di bavaresi dicono: «La Oermanla è divenuta irriconoscibile. Persino 11 suo nome è ambiguo, Bundesrepubllk, Repubblica Federale, in un'Europa dove sledono, orgogliose, una Gran Bretagna, una Francia, un'Italia, una Svezia, ecc. La vera Oermanla è ormai la Baviera». E cosi affermano di essere i soli, genuini difensori di «das Dcutsch-tum... la germanità, al punto dì trasformarla, talvolta, in una visione un po' parrocchiale e bigotta del mondo. Vi sono sane tradizioni, vi è un giusto patriottismo, ma non di rado all'ombra di un goffo tpercampanillsmo. Come quello che indusse la tv bavarese, unica nella Repubblica Federale, a respingere il programma per bambini Sesame Street, perché «troppo americano», ■perché colpevole di offrire «modelli di condotta sconosciuti al piccoli bavaresi», e /orse nocivi. Il partito dominante, l'Unione cristiano-sociale, e "fi' ,suo esuberante, estroso, irriducibile leader, Franz Josef' Strauss, compendiano e simboleggiano questo singolare cocktail di sciovinismo, cattolicesimo, conservatorismo, a prima vista allarmante, ma, per fortuna, diluito da tolleranza, flessibilità, scetticismo e un certo lassismo di stampo mediterraneo. Se lo •Stato libero, della Baviera fosse soltanto una terra di nostalgie, grettezze e arroganti provincialismi. Monaco non sarebbe meta, e casa, di intellettuali, artisti, banchieri, industriali, tecnologi. Non sarebbe quella che Thomas Wolfe ha chiamato la •capitale segreta della Oer¬ manla». Mario Cirlello