L'inflazione e i cinque «colpevoli» di Mario Salvatorelli

L'inflazione e i cinque «colpevoli» I nostri soldi L'inflazione e i cinque «colpevoli» di Mario Salvatorelli (■Mi è diffìcile assumere una posizione autonoma di giudizio sulle misure economiche decise dal governo, e le sarei grato se volesse rispondere a taluni interrogativi che potrebbero illuminarmi», scrive, da Genova, il signor Giacomo Chclo, uno dei tanti, devo aggiungere, che vorrebbero <Tumi» sull'argomento. Ed ceco il primo degli interrogativi che il lettore, giustamente desideroso di ragionare con la propria testa, si pone c mi pone. «E' vero che era già in corso una tendenza alla riduzione del tasso d'inflazione che faceva prevedere una flessione del 2,5 per cento, senza che il governo prendesse nessun accorgimento particolare?». E' vero che l'andamento dell'inflazione, negli ultimi sci mesi del 1983, e all'inizio del 1984, poteva far sperare che si potesse scendere al 10 per cento nel dicembre prossimo. Ma, attenzione. Un conto è la tendenza, un altro la realtà, in un campo come quello dei prezzi, così sensibile a ogni stormir di fronda, invariabilmente interpretato nel senso di «pericolo in vista», c non certo nel senso che arriva uno zefiro di primavera. Quindi, la mancanza d'interventi del governo — che, in questo momento, non giudico — avrebbe potuto invertire questa tendenza, in senso negativo. Seconda domanda del lettore: e E' vero che nel 1983' abbiamo avuto una riduzione del ì per cento circa, malgrado i forti aumenti di alcuni servizi, decretati dal governo, che hanno inciso sensibilmente sul paniere per la determinazione degli scatti di scala mobile?/). E' vero anche questo, anzi, se si considera che nel gennaio 1983 l'aumento del costo della vita era pari al 16,4 per cento sullo stésso mese del 1982, e che in dicembre l'aumento era sceso al 12,8, in realtà la riduzione e stala non di 3, ma di 3,6 punti percentuali. Attenzione, però, anche in questo caso. Infatti, se si prendono le ^parole alla lettera, cuna ridu- zione del ì per cento circa», come scrive il lettore, avrebbe voluto dire scendere dal 16,4 al 15,9, perché il 3 per cento di 16,4 corrisponde, appunto, allo 0,5 per cento. Invece, scendendo dal 16,4 al 12,8, cioè dei 3,6 punti ricordati, la riduzione c stata del 22 per cento. Tenda domanda: «In percentuale, tptale incidenza possiamo presumere che abbia sull'inflazione la riduzione del costo del lavoro nella misura stabilita?». Posso rispondere con le parole contenute, a questo proposito, ncll'ultinlo documento di governo, dove si dice che, con la predeterminazione degli scatti di contingenza al ritmo di due in febbraio, maggio, agosto e tre in no.vembre (da rivedere, eventualmente), d'inflazione tendenziale scenderà dal 12 all'I! per cento». In sostanza, quindi, questa programmata riduzione del costo del lavoro dovrebbe incidere di un punto sul tasso d'inflazione. C'è da aggiungere che ogni punto di contingenza, nell'arco di un anno, cioè nei dodici mesi successivi al suo «scatto», comporta un costo aggiuntivo del lavoro per il sistema economico di 1500 miliardi, di cui 800 per l'industria. E c'è da concludere che, sempre in base alla politica di governo, altre misure, come il conteniménto delle tariffe dei servizi pubblici, la riduzione del costo del denaro, eccetera, «dovrebbero as¬ sicurare il raggiungimento prefissato del 10 per cento d'inflazione nel 1984». Ultima domanda, la più difficile: «Quali sono le componenti più importanti che influiscono sull'inflazione, e quale percentuale assegnerebbe a ognuna di esse?». Ho detto clic è la domanda più difficile, perché le risposte • «ufficiali» non mi convincono. Certo, in base a esse, dovremmo mettere al primo posto il disavanzo pubblico, e assegnargli almeno il 50 per cento di «colpa» dcll'in- . flazionc. E lo prova il fatto che il suo «differenziale», rispetto agli altri Paesi del mondo occidentale indu: strializzato, in rapporto al prodotto interno lordo (differenziale di circa tre volte tanto), è molto simile al differenziale tra la nostra e l'inflazione altrui. Ma, il 50 per cento non basta, perchè il disavanzo pubblico, che in pratica coincide, in Italia, con il fabbisogno del Tesoro, si tira dietro anche buona parte della colpa dell'alto costo del denaro, a causa della concorrenza che i rendimenti di Hot c Cct esercitano nei confronti di altri impieghi del risparmio privato. Su questa base, rimane un 40 per cento di responsabilità dell'inflazione, che potremmo dividere in parti eguali tra altri quattro «colpevoli», che elenco. L'alto costo del lavoro per le imprese, a causa di oneri sociali pesantissimi, e non giustificati dal livello dei corrispondenti servizi. L'eccessivo carico fiscale sulle retribuzioni, a causa di aliquote Irpcf che seguono l'inflazione, non il potere d'acquisto, ma «compensano» l'evasione di altre categorie di contribuenti. I costi di distribuzione moltiplicati da una catena commerciale troppo tortuosa. Il «super-dollaro», con il quale ' l'Italia acquista materie prime e petrolio in misura supcriore a quella degli altri Paesi industrializzati, escluso, forse il Giappone, che, però, può permetterei ben altri controlli sui costi c sulla sua moneta.

Persone citate: Giacomo Chclo, Tumi

Luoghi citati: Genova, Giappone, Italia