Perché nella nostra letteratura crescono poche piante e animali

Perché nella nostra letteratura crescono poche piante e animali Perché nella nostra letteratura crescono poche piante e animali presto la Romanità come in seguito pretto il Crittianetimo; la scomparsa di ogni traccia di animismo Ma forte, ansi, sono motte di più Altrove il Cristianesimo, pretto i popoli per cui il bosco si è identificato (e ancora ti identifica) con la vita stessa, non è mai riuscito a soffocare la radice pagana: l'elemento pagano, te pure trasformato, tradotto o mascherato nel termini cristiani, è riuscito a mantenere una tua segreta forra e vitalità che qui invece ti è cancellata del tutto. E per Cristianesimo bisogna intendere anche la cultura che ha generato, la scuola, dove soltanto oggi ti comincia a preoccuparti di insegnare a conoscere la natura che ci circonda, ma quando ormai dalla stalla tono fuggiti quasi tutti i buoi, per cui la natura assurge di nuoto a livelli mitici; per chi non ho mai veduto un rospo, il rospo acquista la medesima pregnanza mitica di un dinosauro o di un Ippogrifo. E invece perché questa frattura non si operaste era necessario che tanto il pettirotto quanto il rospo, la quercia come il frassino entrassero a far parte di un sistema di riferimenti quotidiani e familiari. La realtà naturale che entra ed ha un posto nella nostra letteratura è una realtà offricela, la vigna, l'uliveto, ti campo di grano. II «tordino eeomet frutteto degli agrumi), il taglio del bosco. Il mondo selvatico entra solamente come selvaggina, nel medesimo modo come il mondo vegetale esiste soltanto quando è trasformato in prodotto In Hardy come in Lawrence, in Shakespeare franto che ti è potuto ricavare dalia tua opera una tua flora), in Powys come In Tolfcten la natura mantiene tempre la sua identità, da noi la perde di continuo. C'è in questi scrittori una sottanelale unità di linguaggio. La maggioranza degli italiani ti capisce quando parla di calcio, altrove gli uomini, gli inglesi o i tedeschi o i danesi hanno in comune questo linguaggio di base per cui parlando di un rospo conoscono una tua costellaeione di attributi, un tuo sparlo di vita e fantastico, che permette loro di cominciare un discorto. Qui questo non c'è. Ed è forse II motivo per cui pur estendo cresciuto qui, abbia letto e riletto i miei classici italiani e li ami tnon faccio ovviamente questioni di valori) qui mi sento un Isolato: mi è più vicino it linguaggio di una civiltà lontanissima e perduta come quella di Murataki, o di Hardy, di Stifter o di Lawrence — perché lo trovo piti carico di un mio modo di vivere la vita e di accostarmi agli elementi della vita — di quello di una grandissima parte dei nostri scrittori che appretto o anche amo, ma non faranno mal parte del mio mondo domestico. animali, e in to ciò. insommnuamente, neforme straordo ria .sorbe. QV a indicare, sej tutto dò che /fantasia popoEppure, non . energia? Eccpartila «naturI (fieno, a un B senza riposo,■ reme fantast■ scuro di noi ' quello dove àsuincu«scspsj eppure, non il opera In pMt '/ tri un modo oL energia? Rec «à. energia? Ecco a osa '/ tri un modo o il* un ci L energia? Reco a «sa Proust disputato PARIGI — Gli editori francesi si contendono Proust. Alla noria dei tempo perduto è sotto diritti da Gallimard fino al 1987. L'opera in cinque volumi fu pubblicata nell'arco di quindici anni tra il 191Ì e il 1927: perche diventi di diritto pubblico debbono passare sessant'anni (per il diritto d'autore infatti gli anni di guerra contano doppio). Ma già da «quest'anno i singoli volumi del ciclo proustiano possono essere pubblicati in ordine sparso, purché non abbiano alcun rimando, né in copertina ne all'interno, che richiami l'unità dell'opera E così gli editori Garnter e Fiammanon hanno deciso di pubblicare il capolavoro di Proust, per cosi dire «in incognito». E' un'edizione stabilita sul manoscritto con un ampio apparato di note, che si rivolge a un pubblico di srudenti e studiosi. Il primo volume, già in libreria é La prigioniera Fotografia di Martin SIccanB (da «Photoamerica». ed Herodote) botanica. PERCHE esiste — e che esista e certo — una frattura tra gli scrittori italiani e Io natura? E' inutile cercare di negarla, perche' basta spostare lo sguardo dalla letteratura nostra ad una straniera, del centro Europa per etempio, per rendersi conto di quanto questa sia profonda: le cote che appartengono alla natura, le erbe, gli alberi, gli animali non hanno mai il posto che occupano nelle altre: non esiste in Italia né un Thomas Hardy, né un D. H Lawrence, come non esistono neppure scrittori naturalisti quali uno Hudson o un Garin Maxwell o un Baker. Non c'è nella nostra letteratura un Adalbert Stifter. o un P J Jacobsen. né uno scrittore della levatura di Goethe nel cui mondo e pensiero la natura abbia radici profonde, e non mi riferisco naturalmente soltanto alle •Affinità elettive, o ai suol scritti di Non c'è uno scrittore dove le cose della natura assurgano a protagoniste, abbiano non la forra mitologica di una idea, ma partecipino quali soggetti di una vicenda, o parti o riferimenti costanti del discorso. Per il semplice moti do che il modo di guardare a quelle cote e di viverle è diverso presso i popoli per cui la natura è tempre presente come stagione e si identifica coi suoi oggetti. La natura, nella letteratura nostra, può avere una centralità mitica, assumerti la parte del destino, come m ferirà, può arrivare ad esprimere una tua eoralità, ma il coro non si scinde mai, non si diverri/ica negli oggetti che li compongono. Quali tono le caute? Un tempo mi sembrava di poterle Identificare con facilità: il carattere del tutto antropocentrico della nostra civiltà, pio Ippolito Plzxetti Una biografia del grande scienziato terieeata o la risonanta magnetico-nucleare (Toc ed Rmn). Ciò che rimane immutato è II desiderio di scrutare la natura là dove l'occhio non arriva, ciò che i raggi X permisero per la prima volta di fare, guadagnando a Rontgen il primo Premio Nobel della storia (1901). C'è In questo desiderio qualcosa di profondo e di primordiale. Non a caso, quando si diffusero le prime radiografie, la rio furia ti colorò di attese magiche e trrationall. quasi che ora foste diventato possibile fotografare l'anima. O prefigurare nell'Immagine tetra dello scheletro nascosto sotto li rosa della pelle e della carne. Il destino di disfacimento che attende ogni creatura. Cosi, per questa via, la scoperta di Rontgen fini con 11spirare persino I poeti. Citare Gottano sarebbe un riferimento tardivo. Olà 11 12 marno 1196 Lawrence K. Russell su Life scriveva versi non dei tutto esecrabili, coti tradotti da Pino Donltttti: • Ella e slanciata, e alta, ed e sottile / ma l'ossa sue son piene di fosfati / che 1 raggi riproducono con vile / curiosità, snidando 1 carbonati. / Ampères e ohmt oscillan lievemente / mostrandoci la spina Bua dorsale, / che ormai non è nascosta più da niente / ma brilla, nuda, di una luce frale. / Oh costole racchiuse In una gabbiai / O viso con la carne ormai dispersa! / TI guardo con amore ma con rabbia / nella foto catodica e perversa I •. versano un cartone nero. Poi ho Impiegato un'assicella di legno, del libri e sempre ho creduto di essere vittima di un'illusione. Infine ho usato la lotogralla e l'esperimento ha avuto successo». La scoperta scientifica ha in se stessa la struttura del racconto, arni, del .giallo.. Finalmente qualcuno se n'è accorto, ed ecco che accanto alla valanga di biografie che vanno da Cario Magno a Claretto Petacd, incominciano a collocarsi le vite di scicrruriafi A novanfanni dalla scoperta dei raggi X. Giorgio Cosmacini, docente di radiologia all'Università di Milano, ha opportunamente pensato di biografare Rontgen. Il libro iRlttoli, pagine 267, lire 25.000) è forte troppo amburìoso: aspira a un quadro universale dell'epoca tentando troppo esteriori e noeicmittici raccordi tra tforia, cottume, filosofia, politica E tuttavia la vicenda umana e scientifica di Rontgen riesce ugualmente suggestiva, come già si poteva intuire leggendo un libro letterariamente pia riuscito e sullo stessa argomento. I cacciatori d'ombre di Pino Don tee fri pubblicato da Mondadori nel 1978. Oggi sappiamo che i raggi Xci hanno aperto una nuova finestra sull'universo: sono raggi X t messaggi che ci giungono da stelle che collassano e da palar rie esplosive Al contrario, la radiografia, pur rimanendo uno strumento diagnostico importante, è ormai offuscata da tecniche più avantate come la tomografia castale compu- Perché nella nostra letteratura crescono poche piante e animali Perché nella nostra letteratura crescono poche piante e animali presto la Romanità come in seguito pretto il Crittianetimo; la scomparsa di ogni traccia di animismo Ma forte, ansi, sono motte di più Altrove il Cristianesimo, pretto i popoli per cui il bosco si è identificato (e ancora ti identifica) con la vita stessa, non è mai riuscito a soffocare la radice pagana: l'elemento pagano, te pure trasformato, tradotto o mascherato nel termini cristiani, è riuscito a mantenere una tua segreta forra e vitalità che qui invece ti è cancellata del tutto. E per Cristianesimo bisogna intendere anche la cultura che ha generato, la scuola, dove soltanto oggi ti comincia a preoccuparti di insegnare a conoscere la natura che ci circonda, ma quando ormai dalla stalla tono fuggiti quasi tutti i buoi, per cui la natura assurge di nuoto a livelli mitici; per chi non ho mai veduto un rospo, il rospo acquista la medesima pregnanza mitica di un dinosauro o di un Ippogrifo. E invece perché questa frattura non si operaste era necessario che tanto il pettirotto quanto il rospo, la quercia come il frassino entrassero a far parte di un sistema di riferimenti quotidiani e familiari. La realtà naturale che entra ed ha un posto nella nostra letteratura è una realtà offricela, la vigna, l'uliveto, ti campo di grano. II «tordino eeomet frutteto degli agrumi), il taglio del bosco. Il mondo selvatico entra solamente come selvaggina, nel medesimo modo come il mondo vegetale esiste soltanto quando è trasformato in prodotto In Hardy come in Lawrence, in Shakespeare franto che ti è potuto ricavare dalia tua opera una tua flora), in Powys come In Tolfcten la natura mantiene tempre la sua identità, da noi la perde di continuo. C'è in questi scrittori una sottanelale unità di linguaggio. La maggioranza degli italiani ti capisce quando parla di calcio, altrove gli uomini, gli inglesi o i tedeschi o i danesi hanno in comune questo linguaggio di base per cui parlando di un rospo conoscono una tua costellaeione di attributi, un tuo sparlo di vita e fantastico, che permette loro di cominciare un discorto. Qui questo non c'è. Ed è forse II motivo per cui pur estendo cresciuto qui, abbia letto e riletto i miei classici italiani e li ami tnon faccio ovviamente questioni di valori) qui mi sento un Isolato: mi è più vicino it linguaggio di una civiltà lontanissima e perduta come quella di Murataki, o di Hardy, di Stifter o di Lawrence — perché lo trovo piti carico di un mio modo di vivere la vita e di accostarmi agli elementi della vita — di quello di una grandissima parte dei nostri scrittori che appretto o anche amo, ma non faranno mal parte del mio mondo domestico. animali, e in to ciò. insommnuamente, neforme straordo ria .sorbe. QV a indicare, sej tutto dò che /fantasia popoEppure, non . energia? Eccpartila «naturI (fieno, a un B senza riposo,■ reme fantast■ scuro di noi ' quello dove àsuincu«scspsj eppure, non il opera In pMt '/ tri un modo oL energia? Rec «à. energia? Ecco a osa '/ tri un modo o il* un ci L energia? Reco a «sa Proust disputato PARIGI — Gli editori francesi si contendono Proust. Alla noria dei tempo perduto è sotto diritti da Gallimard fino al 1987. L'opera in cinque volumi fu pubblicata nell'arco di quindici anni tra il 191Ì e il 1927: perche diventi di diritto pubblico debbono passare sessant'anni (per il diritto d'autore infatti gli anni di guerra contano doppio). Ma già da «quest'anno i singoli volumi del ciclo proustiano possono essere pubblicati in ordine sparso, purché non abbiano alcun rimando, né in copertina ne all'interno, che richiami l'unità dell'opera E così gli editori Garnter e Fiammanon hanno deciso di pubblicare il capolavoro di Proust, per cosi dire «in incognito». E' un'edizione stabilita sul manoscritto con un ampio apparato di note, che si rivolge a un pubblico di srudenti e studiosi. Il primo volume, già in libreria é La prigioniera Fotografia di Martin SIccanB (da «Photoamerica». ed Herodote) botanica. PERCHE esiste — e che esista e certo — una frattura tra gli scrittori italiani e Io natura? E' inutile cercare di negarla, perche' basta spostare lo sguardo dalla letteratura nostra ad una straniera, del centro Europa per etempio, per rendersi conto di quanto questa sia profonda: le cote che appartengono alla natura, le erbe, gli alberi, gli animali non hanno mai il posto che occupano nelle altre: non esiste in Italia né un Thomas Hardy, né un D. H Lawrence, come non esistono neppure scrittori naturalisti quali uno Hudson o un Garin Maxwell o un Baker. Non c'è nella nostra letteratura un Adalbert Stifter. o un P J Jacobsen. né uno scrittore della levatura di Goethe nel cui mondo e pensiero la natura abbia radici profonde, e non mi riferisco naturalmente soltanto alle •Affinità elettive, o ai suol scritti di Non c'è uno scrittore dove le cose della natura assurgano a protagoniste, abbiano non la forra mitologica di una idea, ma partecipino quali soggetti di una vicenda, o parti o riferimenti costanti del discorso. Per il semplice moti do che il modo di guardare a quelle cote e di viverle è diverso presso i popoli per cui la natura è tempre presente come stagione e si identifica coi suoi oggetti. La natura, nella letteratura nostra, può avere una centralità mitica, assumerti la parte del destino, come m ferirà, può arrivare ad esprimere una tua eoralità, ma il coro non si scinde mai, non si diverri/ica negli oggetti che li compongono. Quali tono le caute? Un tempo mi sembrava di poterle Identificare con facilità: il carattere del tutto antropocentrico della nostra civiltà, pio Ippolito Plzxetti Una biografia del grande scienziato terieeata o la risonanta magnetico-nucleare (Toc ed Rmn). Ciò che rimane immutato è II desiderio di scrutare la natura là dove l'occhio non arriva, ciò che i raggi X permisero per la prima volta di fare, guadagnando a Rontgen il primo Premio Nobel della storia (1901). C'è In questo desiderio qualcosa di profondo e di primordiale. Non a caso, quando si diffusero le prime radiografie, la rio furia ti colorò di attese magiche e trrationall. quasi che ora foste diventato possibile fotografare l'anima. O prefigurare nell'Immagine tetra dello scheletro nascosto sotto li rosa della pelle e della carne. Il destino di disfacimento che attende ogni creatura. Cosi, per questa via, la scoperta di Rontgen fini con 11spirare persino I poeti. Citare Gottano sarebbe un riferimento tardivo. Olà 11 12 marno 1196 Lawrence K. Russell su Life scriveva versi non dei tutto esecrabili, coti tradotti da Pino Donltttti: • Ella e slanciata, e alta, ed e sottile / ma l'ossa sue son piene di fosfati / che 1 raggi riproducono con vile / curiosità, snidando 1 carbonati. / Ampères e ohmt oscillan lievemente / mostrandoci la spina Bua dorsale, / che ormai non è nascosta più da niente / ma brilla, nuda, di una luce frale. / Oh costole racchiuse In una gabbiai / O viso con la carne ormai dispersa! / TI guardo con amore ma con rabbia / nella foto catodica e perversa I •. versano un cartone nero. Poi ho Impiegato un'assicella di legno, del libri e sempre ho creduto di essere vittima di un'illusione. Infine ho usato la lotogralla e l'esperimento ha avuto successo». La scoperta scientifica ha in se stessa la struttura del racconto, arni, del .giallo.. Finalmente qualcuno se n'è accorto, ed ecco che accanto alla valanga di biografie che vanno da Cario Magno a Claretto Petacd, incominciano a collocarsi le vite di scicrruriafi A novanfanni dalla scoperta dei raggi X. Giorgio Cosmacini, docente di radiologia all'Università di Milano, ha opportunamente pensato di biografare Rontgen. Il libro iRlttoli, pagine 267, lire 25.000) è forte troppo amburìoso: aspira a un quadro universale dell'epoca tentando troppo esteriori e noeicmittici raccordi tra tforia, cottume, filosofia, politica E tuttavia la vicenda umana e scientifica di Rontgen riesce ugualmente suggestiva, come già si poteva intuire leggendo un libro letterariamente pia riuscito e sullo stessa argomento. I cacciatori d'ombre di Pino Don tee fri pubblicato da Mondadori nel 1978. Oggi sappiamo che i raggi Xci hanno aperto una nuova finestra sull'universo: sono raggi X t messaggi che ci giungono da stelle che collassano e da palar rie esplosive Al contrario, la radiografia, pur rimanendo uno strumento diagnostico importante, è ormai offuscata da tecniche più avantate come la tomografia castale compu- Perché nella nostra letteratura crescono poche piante e animali Perché nella nostra letteratura crescono poche piante e animali presto la Romanità come in seguito pretto il Crittianetimo; la scomparsa di ogni traccia di animismo Ma forte, ansi, sono motte di più Altrove il Cristianesimo, pretto i popoli per cui il bosco si è identificato (e ancora ti identifica) con la vita stessa, non è mai riuscito a soffocare la radice pagana: l'elemento pagano, te pure trasformato, tradotto o mascherato nel termini cristiani, è riuscito a mantenere una tua segreta forra e vitalità che qui invece ti è cancellata del tutto. E per Cristianesimo bisogna intendere anche la cultura che ha generato, la scuola, dove soltanto oggi ti comincia a preoccuparti di insegnare a conoscere la natura che ci circonda, ma quando ormai dalla stalla tono fuggiti quasi tutti i buoi, per cui la natura assurge di nuoto a livelli mitici; per chi non ho mai veduto un rospo, il rospo acquista la medesima pregnanza mitica di un dinosauro o di un Ippogrifo. E invece perché questa frattura non si operaste era necessario che tanto il pettirotto quanto il rospo, la quercia come il frassino entrassero a far parte di un sistema di riferimenti quotidiani e familiari. La realtà naturale che entra ed ha un posto nella nostra letteratura è una realtà offricela, la vigna, l'uliveto, ti campo di grano. II «tordino eeomet frutteto degli agrumi), il taglio del bosco. Il mondo selvatico entra solamente come selvaggina, nel medesimo modo come il mondo vegetale esiste soltanto quando è trasformato in prodotto In Hardy come in Lawrence, in Shakespeare franto che ti è potuto ricavare dalia tua opera una tua flora), in Powys come In Tolfcten la natura mantiene tempre la sua identità, da noi la perde di continuo. C'è in questi scrittori una sottanelale unità di linguaggio. La maggioranza degli italiani ti capisce quando parla di calcio, altrove gli uomini, gli inglesi o i tedeschi o i danesi hanno in comune questo linguaggio di base per cui parlando di un rospo conoscono una tua costellaeione di attributi, un tuo sparlo di vita e fantastico, che permette loro di cominciare un discorto. Qui questo non c'è. Ed è forse II motivo per cui pur estendo cresciuto qui, abbia letto e riletto i miei classici italiani e li ami tnon faccio ovviamente questioni di valori) qui mi sento un Isolato: mi è più vicino it linguaggio di una civiltà lontanissima e perduta come quella di Murataki, o di Hardy, di Stifter o di Lawrence — perché lo trovo piti carico di un mio modo di vivere la vita e di accostarmi agli elementi della vita — di quello di una grandissima parte dei nostri scrittori che appretto o anche amo, ma non faranno mal parte del mio mondo domestico. animali, e in to ciò. insommnuamente, neforme straordo ria .sorbe. QV a indicare, sej tutto dò che /fantasia popoEppure, non . energia? Eccpartila «naturI (fieno, a un B senza riposo,■ reme fantast■ scuro di noi ' quello dove àsuincu«scspsj eppure, non il opera In pMt '/ tri un modo oL energia? Rec «à. energia? Ecco a osa '/ tri un modo o il* un ci L energia? Reco a «sa Proust disputato PARIGI — Gli editori francesi si contendono Proust. Alla noria dei tempo perduto è sotto diritti da Gallimard fino al 1987. L'opera in cinque volumi fu pubblicata nell'arco di quindici anni tra il 191Ì e il 1927: perche diventi di diritto pubblico debbono passare sessant'anni (per il diritto d'autore infatti gli anni di guerra contano doppio). Ma già da «quest'anno i singoli volumi del ciclo proustiano possono essere pubblicati in ordine sparso, purché non abbiano alcun rimando, né in copertina ne all'interno, che richiami l'unità dell'opera E così gli editori Garnter e Fiammanon hanno deciso di pubblicare il capolavoro di Proust, per cosi dire «in incognito». E' un'edizione stabilita sul manoscritto con un ampio apparato di note, che si rivolge a un pubblico di srudenti e studiosi. Il primo volume, già in libreria é La prigioniera Fotografia di Martin SIccanB (da «Photoamerica». ed Herodote) botanica. PERCHE esiste — e che esista e certo — una frattura tra gli scrittori italiani e Io natura? E' inutile cercare di negarla, perche' basta spostare lo sguardo dalla letteratura nostra ad una straniera, del centro Europa per etempio, per rendersi conto di quanto questa sia profonda: le cote che appartengono alla natura, le erbe, gli alberi, gli animali non hanno mai il posto che occupano nelle altre: non esiste in Italia né un Thomas Hardy, né un D. H Lawrence, come non esistono neppure scrittori naturalisti quali uno Hudson o un Garin Maxwell o un Baker. Non c'è nella nostra letteratura un Adalbert Stifter. o un P J Jacobsen. né uno scrittore della levatura di Goethe nel cui mondo e pensiero la natura abbia radici profonde, e non mi riferisco naturalmente soltanto alle •Affinità elettive, o ai suol scritti di Non c'è uno scrittore dove le cose della natura assurgano a protagoniste, abbiano non la forra mitologica di una idea, ma partecipino quali soggetti di una vicenda, o parti o riferimenti costanti del discorso. Per il semplice moti do che il modo di guardare a quelle cote e di viverle è diverso presso i popoli per cui la natura è tempre presente come stagione e si identifica coi suoi oggetti. La natura, nella letteratura nostra, può avere una centralità mitica, assumerti la parte del destino, come m ferirà, può arrivare ad esprimere una tua eoralità, ma il coro non si scinde mai, non si diverri/ica negli oggetti che li compongono. Quali tono le caute? Un tempo mi sembrava di poterle Identificare con facilità: il carattere del tutto antropocentrico della nostra civiltà, pio Ippolito Plzxetti Una biografia del grande scienziato terieeata o la risonanta magnetico-nucleare (Toc ed Rmn). Ciò che rimane immutato è II desiderio di scrutare la natura là dove l'occhio non arriva, ciò che i raggi X permisero per la prima volta di fare, guadagnando a Rontgen il primo Premio Nobel della storia (1901). C'è In questo desiderio qualcosa di profondo e di primordiale. Non a caso, quando si diffusero le prime radiografie, la rio furia ti colorò di attese magiche e trrationall. quasi che ora foste diventato possibile fotografare l'anima. O prefigurare nell'Immagine tetra dello scheletro nascosto sotto li rosa della pelle e della carne. Il destino di disfacimento che attende ogni creatura. Cosi, per questa via, la scoperta di Rontgen fini con 11spirare persino I poeti. Citare Gottano sarebbe un riferimento tardivo. Olà 11 12 marno 1196 Lawrence K. Russell su Life scriveva versi non dei tutto esecrabili, coti tradotti da Pino Donltttti: • Ella e slanciata, e alta, ed e sottile / ma l'ossa sue son piene di fosfati / che 1 raggi riproducono con vile / curiosità, snidando 1 carbonati. / Ampères e ohmt oscillan lievemente / mostrandoci la spina Bua dorsale, / che ormai non è nascosta più da niente / ma brilla, nuda, di una luce frale. / Oh costole racchiuse In una gabbiai / O viso con la carne ormai dispersa! / TI guardo con amore ma con rabbia / nella foto catodica e perversa I •. versano un cartone nero. Poi ho Impiegato un'assicella di legno, del libri e sempre ho creduto di essere vittima di un'illusione. Infine ho usato la lotogralla e l'esperimento ha avuto successo». La scoperta scientifica ha in se stessa la struttura del racconto, arni, del .giallo.. Finalmente qualcuno se n'è accorto, ed ecco che accanto alla valanga di biografie che vanno da Cario Magno a Claretto Petacd, incominciano a collocarsi le vite di scicrruriafi A novanfanni dalla scoperta dei raggi X. Giorgio Cosmacini, docente di radiologia all'Università di Milano, ha opportunamente pensato di biografare Rontgen. Il libro iRlttoli, pagine 267, lire 25.000) è forte troppo amburìoso: aspira a un quadro universale dell'epoca tentando troppo esteriori e noeicmittici raccordi tra tforia, cottume, filosofia, politica E tuttavia la vicenda umana e scientifica di Rontgen riesce ugualmente suggestiva, come già si poteva intuire leggendo un libro letterariamente pia riuscito e sullo stessa argomento. I cacciatori d'ombre di Pino Don tee fri pubblicato da Mondadori nel 1978. Oggi sappiamo che i raggi Xci hanno aperto una nuova finestra sull'universo: sono raggi X t messaggi che ci giungono da stelle che collassano e da palar rie esplosive Al contrario, la radiografia, pur rimanendo uno strumento diagnostico importante, è ormai offuscata da tecniche più avantate come la tomografia castale compu-

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