I nottambuli

I nottambuli L'AGENDA DI F. & L. I nottambuli Ma voi come fate, ci sentiamo chiedere talvolta, a naie senza patemi davanti all'ocilmi dell» telecamera, a iedrre su quelle seggiole o poltrone da intervista e risrtondete alle domande «tei conduttore senra lonirvi al panico? £ Corrai mai il rappcxto tra lo scrittore e i «r.tii media non sembra crearvi dilemmi, drammi, coliche di coscienza? Ah, rispondiamo noi, uriche per lo scrittore e per l'oca tutto dipende dalla prima impcvssione, àM'imprinI nng, con»; lo chiama Koruad - Lotcnr. «• al nostro imprinting televisive;, al battesimo del fuoco, al ptimo contatto col Mostro, noi avemmo il paradossale privilegio di esscte sornioni da uno degli uomini più schivi, tiepidi e petplessi che abbiamo mai conosciuto, d.i un Virgilio titubante e dolcissimo, di un poeta di suptema sensibilità e ombrosità, e ti.» i maggioti del Novecento italiano: «lai nostro amico (indimenticabile? eh, sì, indimenticabile) Vittorio Sereni. lino < he leggesse, senza saper alno di lui, le sue prose pudicamente autobiografiche ora tistampatc con molti inediti nel volume del Saggiatore • Gli immediati dintorni», non * pottchtie mai immaginare Seleni nella parte di Pippo Baudo o di Raffaella Carta. Eppure fu ptoptio lui a invitarci al léilk-iìtou- che. conno ogni ve tosimiglianra, guidava per la tv ticinese una (quindicina d anni fa. La tiasmissionc si ' chiamava «Lavori in corso» e Sereni ce ne parlò come di una riunioncina familiare, cordiale, alla buona, praticamente un incontto con gli amici al - caffè piima di andare tutti iena da qualche parte. E se 'età lui — te della timidem, signote dello scrupolo, zar del rossole e dell'imbarazzo farci una pioposta simile, potevamo fidarci. ■** Ci venne a prendere con la sua Giulietta blu alla starione Garibaldi d» Milano, una geli «ix «u di fine febbraio o pria cipio di marzo. Sulla macchina c'et « gii il responsabile ticinese del programma, il suo amico Gì) trito Mascioni, else non conoscevamo; e tutti t quanto partimmo per Lugano sotto un ciclo gonfio di nubi malaugytantt, Poco dopo infatti co minciò a nevicare, il tergicristallo della Giulietta si produsse in una breve, stridula agonia e si fermò del rutto. . Avremmo scommesse» qualsiasi somma sull'annichilita confusione di Sereni; che invece, come divertito, stimolato dall'impreviste», invitò quello di noi elve gli sedeva accanto ad abbassate il vetro e tentare di azionare il congegnò con la mano sporgendosi alt'infuoti. Goà, perigliosamente, procedemmo. La neve entrava turbinando nella macchina, ma menne noi battevamo i derni pensando con nostalgia alle r'FSS, il pilota, sdegnoso della tormenta, tutto proteso in avanti, le mani strette a) volante, seguiva l'esiguo alone dei fati con un sortiso eccitato, entusiastico. Non vedemmo in quell'atteggiamento altro cl>e fanciullesca freschezza, candida gioia Ili vivete, capace di ttamutarc il br . viaggio in un sfida li Michel StrogoiT, quei tot nanti, qurlle salite e discese tia oscure masse collinose, in chissà quale paesaggio fantastico. L'euforia avventurosa di Sereni non si placò a Lugano, città 3 noi allora ignota. Volle farci da guida nella notte, per vie desettc e piazze appena imbiancate, lungo il cupo, I «■alido mistero del lago, su pei lipide e tortuose sttade fino in belvedere che sapeva lui e la cui, attraverso il "telo ota rado delia neve, si contempla vano all'ingiro grappoli e festoni di lumi alti sulle acque. Gesticolava, tideva, pattava a voic alta nel glande silenzio, e con un minimo incoraggia mento da parte nostra avrebbe forse intonato un qualche cui 10 militate o popolare. Poiché non c'era ttaffico scendevamo camminando, noi quattro, su tutta la latghezza della strada, e Scteni ci parlò di un quadre che gli pareva di asci visto in un museo o in un libro, raffigurante quattro .antichi gentiluomini in mateia nell'oscurità. No, non età Iji ronda di notte, ma qualcosa di vagamente simile, almeno per11 soggetto e forse l'epoca. Spagnolo? Olandese? Francese? Italiano? Non avrebbe sa¬ puto dite, il suo ricordo era appannato, lontano, e tuttavia preciso, insistente, quasi ormai un'ossessione. Potevamo dargli una mano a identificarlo? C'a sfotrammo di ripescare dalla memoria qualche indizio, qualche possibile nome, ma Sereni scuoteva la testa, le nostre ipotetiche attriburioni non coincidevano con la sfuggente elusività del quadro, che del resto non poteva escludete di avere semplicemente sognalo, ammise. Contro le nostre, più clic austere, scettiche abitudini, seguimmo poi quel ttascinatote nel night in funzione sotto l'albergo, intenditi dalla sua effervescente disponibilità, dal l'espansività conviviale che lo animava da qualche ora c che evidentemente gli faceva apparite come un «coipo di vita» ciò che età dopotutto un noi male viaggio di lavoro. Tra i tavolini «emiJcserri < .-langori dell'orchestrina lo vedemmo insediato ne! pieno godimento del presente, e ci limitammo a scoraggiare due volenterose intrattenitrici accorse a proporte cl>ampagnr. Nella penombra dovevano averci scambiati per giocatoti del Casinò di Campione verni ti 11 a festeggiare una vincita, ma quando ordinammo coca cola e tamarindo (se c'eta) fummo con una smorfia abbandonati al nostto squallido destino. L'indomani Scteni si rivelò un intervistatore impeccabile come se non avesse mai farro altro in vira sua, provocando suggerendo, facilitando, sbloc canoa Affascinati da quelle spcricn/a incredibile (cssct messi disinvoltamente a prò prio agio da un notorio prò frssionista del disagio, dell impaccio) ci scordammo del tutto i Mitri matta, il loto inquietante potete, le problematiche ombre che proiettavano. Per noi la tv testò definitis'amenre associata al profilo nitido e gentile del poeta, al suo sguardo tettattilc, alle sue repentine erubescenze, al suo sottiv» «empie un po' eomtcciato, in bilico tta la necessità del sospetto e il desidetio dell'abbandono Passarono anni, e un giorno ci arrivò a casa una rivista letta ari a con alcune sue poesie nedite. Una era intitolata Addio Lugano bella» e recaa, in cpigiafr, una dedica a noi e a Gry trito Mascioni, 'toro Minio pcrcU*. C'eta dentro quel viaggio in macchina, la nevicata tra le montagne, i laghi tranutori, la passeggiata notturna pei la città; e c'eravamo, in chiusura, noi stessi: Ne tanno atteri i genti/uomini r.cìlamluli I utsi con me per itrada I da un auadro I tu lo una tolta, perso I di villa, rmtorto tra altrui remtnticenzt I e» udiamo sognato. Quei \tisi ci tiempitono di illegittimo orgoglio, ma ancor più di vergogna retrospettiva. A pochi è dato di servire, sia pure indegnamente, da mattoni in un edifìcio lirico; a pochissimi di cogliere l'istante mitacotoso in cui la Musa sfiora il poeta e mette in moto i suoi scgteti circuiti d sintesi c trasfigurazione. Noi, pei tutta quella sera, avevamo avuto sotto gli occhi il fenomeno, e non ce n'eravamo accorti. L'allegria, la giubilante vivacità, l'umote vagabondo di Sereni altro non erano stati che i segni superficiali del di vino possesso, le irrefrenabili manifesta/ioni di un poet sotto ispirazione Non avevamo capito niente, non aveva mo meritato né la dedica, né la qualifica di 'gentiluomini ncltamluli', per quanto di' sbieco, in condominio con le ..-.!. he figutc del quadto. ** E tuttavia, vari anni dopo, quando la poesia enttò a far patte dell'ultima raccolta di Sereni, Stilla tanakk (a pag. IS), ci dispiacque che la dedica fosse srata soppressa, e al suo posto ci fosse un verso di battolo Cattafi. aitando mila nota ti >x andammo. Ormai c'eravamo abituati all'idea gtatificante di «esser dentro» una poesia di Sereni, e parlando in seguito con Mascioni di quella sostituzione progettammo di chiederne sevetamente conto all'autore: usando la carta intestata e la fuma (falsa) di qualche amico avvocato gli avremmo. inviato per taccomandata una richiesta di pubbli-, a riparazione a nome di tutti e ne, minacciando quetcle e sequestri nel più gelido e intimidatorio linguaggio legale. Per almeno dieci secondi Scteni ci sarebbe cascato. La sua motte, un anno fa, c'impedì di mettete in atto i nostto sclvetzo. Ma tornando in questi giorni a Lugano per un'alria intervista televisiva e ritrovando le stesse nubi osaite, gli stessi brulli pendii, la stessa neve sul lungolago livido di vento, ci siamo ncotdat' di quel lontano imprinting, e da un verso bellissimo di Sete ni ( Tulio, li sa, la morti dissigilla) abbiamo dedotto una giustificazione, o un presagio, di questo nostro indiscreto tacconto. Che non può avete una vera conclusione: nessuno ormai sarà più in grado d sciogliete l'enigma del quadto e dei suoi fantomatici nottam buli. Carlo Frutterò Franco Lueentini

Luoghi citati: Lugano, Milano