Un'oasi italiana sul Golfo in guerra di Tito Sansa

Un'oasi italiana sul Golfo in guerra Un'oasi italiana sul Golfo in guerra Sono «vezzeggiati» dai regime, per il quale l'opera è essenziale - E gli ayatollah chiudono un occhio su certi «peccati» DAL NOSTRO INVIATO BANDAR ABBAS — C'è stato un solo giorno di sciopero in piti di 7 anni da quando gli italiani lavorano a Bandar j Abbas, sulla sponda Iraniana del Golfo Persico, per costruire uno dei porti più moderni del mondo. Fu Quando il termometro superò all'ombra I 55 gradi e l'igrometro segnò un umidita relativa del 92per cento. Fu uno sciopero non proclamato, tacitamente accettato dai datori di lavoro. Sotto II sole a picco del tropico, gli uomini dei cantieri, grondanti e sfiniti, si guardarono, e senza una parola abbandonarono gli attrezzi per ritirarsi nelle loro abitazioni rinfrescate dall'aria eondlrionafa. A cedere per primi erano stati peraltro gli operai iraniani e gli scaricatori abusivi afghani e pachistani, pur abituati a lavorare, durante la lunga estate. 10 ore al giorno, con temperature oscillanti tra lète i 50 gradi, nella foschia dei vapori che si levano dal Golfo. In queste giornate d'Inverno, le condizioni di vita a Bandar Abbas sono Ideali: la temperatura non arriva a 30 gradi, verso sera si leva una fresca brezza protwiienfe dai deserti innevati del Nord. L'altro giorno è perfino piovuto per tre minuti.' l'ultima volta (lo ricordano ancora) accadde il 5 pc-nnalo del 1983. Dalle 6 dsl mattino fino al tramonto (alle 11), con una brer* Inferrueione per il pranzo (tra le 11JO e le 12.30). circa 3 mila iraniani e poco plU di 500 Italiani tmuorono rnonfaane di ferra e di sabbia, dragano II fondo del mare, trasportano milioni di metri cubi di pietre, preparano colate di cemento. E' un cantiere di dimensioni colossali, su un'area di 2 mila ettari, per una spesa di circa 2 mila miliardi di lire, sorto In una zona In cui II deserto si confondeva con le spiagge del mare. Già sono pronte le due dighe frangitutto, /Tina lunga 2400 metri, l'altra USO e che delimitano uno specchio d'acqua largo 4 chilometri ed esteso per 380 ettari, contenente due grandi bacini lunghi oltre un chilometro e larghi 250 metri. Il fondale del porto era bassissimo, ora le draghe hanno scavato fino a oltre 16 metri di profondità, e ad opera ancora da completare già possono et truccare contemporaneamente 25 navi fino a una stazza di 70 mila tonnellate. Unità di ogni continente affollano il porto, decine e decine di altre sono all'ancora al largo, in attesa del loro turno, vicino al vecchio, glorioso transatlantico Raffaello l'acqulifafo dallo Scià, per farne, insieme con la Michelangelo, due club di ufficiali), abbandonato e in disarmo. £' indispensabile, a tu mettono pli iraniani, la costruzione di un terzo bacino (il progetto è stato commissionato all'inizio dell'anno alla società Condotte del gruppo Iri-ltalstat) per permettere l'attracco contemporaneo di 33 nevi. Ad opera ctmplctata, fra circa 3 anni, gli Italiani lasceranno una vera e propria città portuale. COH «frode, ferrovia, magazzini (già pronti), uffici, servizi, ospedale, eccetera. Da quaggiù, dove otto anni fa era deserto totale abitalo soltanto dalle vipere te ci sono ancora, escono a maggio e a ottobre, durantm l'estate neppure loro resistono alla calura), sarà possibile sviluppare un traffico di 4 milioni e mezzo di tonnellate annue di merci, potranno partire ogni giorno 1350autocarri e 18 treni a pieno carico. Gli italiani di Bandar Abbas (erano quasi 6 mila prima della rivoluzione khomeinlsta, ora sono circa 500. ma il numero i destinato ad aumentare) non capiscono l'ammirazione e la fierezza nazionale del visitatori venuti dall'Italia di fronte allimponenza e alla perfezione dell'opera, che fu assegnata dal governo iraniano alla Condotte — e il caso di ricordarlo — al termine di una gara d'appallo affollatissima, alla quale parteciparono 171 Imprese internazionali di prestigio ed esverienMa. Ciò che la piccola comunità di italiani catapultata dal lavoro sullo Stretto di fiormuz (quoti un avamposto dell'ormai triennale guerra tra Iran e Iraq) vanta con orgoglio è la vita nel villaggio italiano. Abitano in casette bene ammobiliate, dalla pulizia esemplare; hanno un Circolo che dal 4 dicembre scorso — data Quasi «lorica — 6 stato persino dotato di un biliardo (il Corano lo vieta, come vieta qualsiasi gioco, ma per i nostri le autorità religiose ram¬ no chiuso un occhio); hanno due club per bambini e ragazzi; le donne italiane, all'interno del campo, possono circolare in abiti europei, senza ti cupo chador, hanno perfino una spiaggia privata dove possono mettersi in costume da bagno Naturalmente, l'alcol è severamente proibito; si befono Coca e Pensi (nonostante l'antiamericanismo ufficiale), aranciata fatta in casa e un liquido amarognolo che della birra ha soltanto 11 nome. • Tanto di guadagnato senta alcol — dice un operalo — ci slamo abituati. I bevitori sono riparlili tulli». Afa un iraniano che ha studiato in Italia con/Ida: .Ci sono alcuni veneti e piemontesi e si arrangiano con l'uva sultanina, gli ayatollah lo sanno ma non ci fanno caso.. 51 rendono conto che, senza la presenza del cantiere italiano, Bandar Abbai sarebbe rimasto un piccolo porto con 20 mila abitanti, mentre oggi, dopo 7 anni, è una città formicolante di attività e di traffici, con una popolazione di 70 mila anime. Ma l'orgoglio maggiore del villaggio Miei quale da sette anni non c'è stata una lite», dice uno) è la scuola: 104 allievi alle elementari, alla media e nella prima liceo «cfeMtifico (l'anno prossimo ci sarà la seconda, e in seguito la terza), 10 insegnanti 11 professor Franco Ometto, insegnante dì matematica, dice: .Qui slamo più avanti che In Italia». Al primi di febbraio, già tutte le classi hanno completato II programma dell'anno, gli ciurmi sono pronti per le commissioni d'esame, Quapplu o a Teheran. Ometto era docente di matematica pura e di filologia comparata all'università di Teheran; dopo la rlioluzione. non potendo rientrare in Italia con la moglie iraniana, ha scelto di venire a Bandar Abbas «per vivere in un ambiente Italiano». Ne«*uno che si lamenti per la vita dura. -Co il telefono In teleselezlone con l'Italia — dice Salvatore Mazzella, comandante di un battello della Dragomar — ogni ire mesi di lavoro gli scapoli vanno a trascorrere due settimane di ferie in Italia». / turni per le famiglie sono diversi: 8 mesi quaggiù, poi. in coincidenza con le ferie, che cominciano a maggio, lunghe vacanze in patria. Il giorno pili bello i il martedì, quando parte l'aereo per Teheran, dove si pernotta in attesa del Jet del mercoledì per Roma. La domenica non esiste, si am>erte solo perché al tramonto c'i la Messa; il giorno di riposo i II venerdì islamico. Le distrazioni sono poche, se si escludono le trasmissioni della televisione in lingua Inglese dei Paesi dirimpettai del Golfo, Abu Dhabi, Oman, Dubai. » Pochi ci credono — dice l'ingegner Massimo Loffredo, capo del cantiere — ma qui la vita 6 assolutamente normale». Tito Sansa

Persone citate: Bandar, Bandar Abbai, Bandar Abbas, Franco Ometto, Loffredo, Salvatore Mazzella