Un cinema da fine del mondo di Stefano Reggiani

Un cinema da fine del mondo MENTRE ESCE «THE DAY AFTER», INIZIATORE DI UN NUOVO FILONE ATOMICO Un cinema da fine del mondo Il genere è cominciato negli Anni Cinquanta, ma la ripresa trova una situazione politica inedita: mai tanto vicini alla catastrofe, mai tanto consapevoli della pace - In «The atomic cale» la propaganda nucleare durante la guerra fredda, in «Guerra e pace» gli apologhi del dopo-bomba - Il film europeo più impressionante è chiuso negli archivi della Bbc • A che serve descrivere l'apocalisse ROMA — La paura atomica ti distende in un nuovo filone cinematografico. The day after esce in questi giorni in tutte le città Italiane col suo titolo-bandiera, l'orrore si paga di nuovo al botteghino, ma con la consapevolezza che la flneione è armai impari a ogni possibile realtà. Tcslament ha già dato per scontato anche l'orrore, in un eventuale -giorno dopo* ci sarà posto solo per la pietà inutile verso gli Innocenti coinvolti, verso il mondo Incolpevole e distrutto. Ma allora i colpevoli chi sono? E che ti può fare per trasformare la descrittone dell'apocalisse in un meteo per scongiurarla? Il •filone atomico- non s'è mai veramente interrotto nel cinema. Idealmente è incominciato con le riprese dei documentaristi americani tra le rovine di Hiroshima (le immagini del disastro sono state rese pubbliche solo di recente, dopo una lunga censura); di fatto, la paura atomica è diventata oggetto di racconto e di ipotesi negli Anni Cinquanta. In quel clima incerto tra guerra fredda e pacifismo, quando un saggista come G u ni ho Anders andava in giro per il mondo a predicare: -Il nostro primo jicnslero al mattino sta: atomo.. In Italia cera il pacifismo religioso di Aldo Capitini, si leggevano le lettere del maggiore Eatherly, ufficialmente im)iatzito dopo aver partecipalo alla missione aerea su Hiroshima; la gente andava al cinema a vedere L'ultima spiaggia, sforiti di un gruppo di sopravvissuti che attendono nell'angolo di un'AustroIta inutilmente neutrale l'arrivo della pioggia radtoattl va che li distruggerà. Quasi Tcslament. un giorno prima Ma al cinema cerano anche I personaggi di Dergman. il prete di Luci d'Inverno os sessionato dal pensiero della bomba e gli amanti stranili di Rcsnais che cercavano illusioni nei luoghi della catastrofe. Hiroshima mon amour. Oli Anni Sessanta sembrano segnati dal sarcasmo di Kubrick col tuo Dottor Stranamorr e l'invito a vivere felici con la bomba: te siamo nelle mani dei poeti meglio prenderla allegramente. In realtà, l'avvenimento cinematografico degli Anni Sessanta, da questo punto di villa, fu un film che nessuno noM l'edere nelle tale pubbliche o In tv. proibito perché troppo crudo: Wargame sfoco di guerra, era slato commissionato al regista Peter Watkins dalla lìbc che, dopo averlo presentato a qualche festival, lo mise negli archivi e non lo diede più a nessuno. Wargame, montando materiale di repertorio, tratto per esempio dal bombardamenti di Londra, e scene ricostruite, cenala di Illustrare la guerra atomica non il giorno dopo, ma il giorno stesso, con lo sfascio minuzioso e terribile della capitale Inglese. Possiamo dire che oggi il timore che bloccò Wargame (timore di impressionare, di gettare il panico) sia superato? The Day Afler i una risposta: cento milioni di telespettatori americani l'hanno visto, c'ù stata molta emozione nel Paese, ma anche una certa retorica riduttiva Mimi abbiamo fatto un film politico-/, una rincarta alle garanzie '.gli effetti che al vedono hanno avulo l'avallo di scienziati di fama-/ Eppure l'impatto emotivo di The day after é minore di quello suscitato, i pochi che l'hanno visto, da Wargame e il regista Nicholas Meyer .sembra essersi orientato a un compromesso: il -giorno dopo- non sarà forse la fine completa di tutto, ma un nuotw. Imperrcrufablle Mediocri di gente malata c di vandali straccioni. Per la pace la novità del filone reinmi tato da Meyer è che si Interface In una sttuatlone politica Inedita, In un clima internationale tendente un'altra volta alla guerra fredda, in una ripresa di orgoglio nationale americano, in una crescita Inarrestabile degli armamenti, di Urss e Usa. ma anche In una cultura che ha già scelto definitivamente e necessariamente la pace. Reagan e Andropov non hanno dietro di sé le due schiere compatte di una guerra sacra inverosimile, ma la cultura del dubbio e della protesta. Cosi in America Tiic Day After, anche se non e un -nini politico-, può lanciare Il suo appello «al popoli e al loro leaders |ier prevenire II giorno fatale» e la gente può accoglierlo come un inrito a superare la vecchia censura che colpi Wafktnt: coraggio, guardiamo. Meyer e troppo cauto? Ne verrà di sicuro un altro che sarà più esplicito. quando si apre una fessura taltri direbbe: il mercato) è difficile fermare II flusso delle immagini Anche se alcuni epigoni della Scuola di Francoforte pensano die sia tutto un trucco del capitale per abituare la gente alla fine del mondo (un capitalismo stoico). Anche la curiosità rivolta al -dopo-, la decisione di prefigurare il mal visto, fa parte di una situazione politica che non ha mal sentito la ;«issi(u;ir<i della guerra tanto vicina e insieme tanto inammissibile Ma qual è il lite lodo etutto per render* ti • giorno dopo- un'immagine vera e insieme irreallteablle? Il cinema non possiede purtroppo la bocciletla magica; adesso che s'è conquistato un pubblico, può forse scegliere. The day after è la scelta -popolare-, un lungo telefilm in cui l'America è rappresentata dalla città di Lawrence, vicino a Kansas City. C'é fa gente di tutti l giorni, come In ogni telefilm. Il buon dottore, la casalinga che stende I panni. I olot>anl die amoreggiano. I soldati che si esercilano. la polizia che vigila: c'é anche la distrattone di tutti I giorni, le notizie ascollate alla radio e alla tv con metto orecchio, chissà che diavolo succede in Europa, chissà che fanno a Berlino (ma sempre II deve cominciare?). Insomma partono I primi missili che quasi nessuno se ne accorge, vicino a Lawren- ce si spalancano le bocche dei silos. I razzi della replica nucleare lasciano una bella scia di fumo nel tranquillo azzurro del cielo. E' la fine di un giorno apparentemente normale e l'inizio dell'apocalisse: una tempesta di fuoco c di i<enfo radloaffft>o. una rampata gigantesca che Incenerisce le case, le automobili, la genie. Proprio come accadde, in scala ridotta, a Hiroshima. Sopravvivere Ha fatto bene Meyer a supporre erte qualcuno sopravvivrà? A descrivere l'anno zero del nuovo mondo che non vuole finire del tutto? Ha seguito una regola narrativa abbastanza americana: nel nulla non c'é speranza e non c'è azione, non c'è cinema; bisogna che anche II giorno dopo sia un'avventura, perché la genie ti ascolti. Per correggere in parte e spiegare il film di Meyer ci correbbe la proiezione contestuale di The alomlc calè: ecco fa scelta -politica-. The alomlc cale di Kevin Rafferty, distribuito dalla cooperativa -L'Angelo Azzurro-, è uscito finora solo a Roma nel circuito dell'Arci. E' una raccolta di brani documentari degli Anni Quaranta e Cinquanta tratti da fonti ineccepibili, da archivi militari e statali, e montali in modo da illustrare sinteticamente come il governo americano di allora educava la gente ad affrontare senza timori la possibilità di una guerra atomica. Per esemplo, avvertenza agli alunni delle scuole: appena vedete In cielo II bagliore dell'atomica gettatevi sotto t banchi e copritevi la testa con le mani. Avvertenta ai soldati: la contaminazione radioattiva è solo il quindici per cento della pericolosità di una bomba atomica, non bisogna preoccupartent troppo. Oppure: reclame di buone giacche Imbottite di polvere di piombo, anche tt •spesso basta la cute a deviare una radiazione nociva-. Abbiamo tiifo The alomlc caie in una platea di ragazzi che ridevono di gusto; probabile segno die la licenza di raccontare panzane sulla guerra atomica è finita, ma iidi-v. certo che ci vogliono, per il pubblico più giovane, sedute supplementari, dedicale In nuovi modi al -giorno dopo-. Il filone del cinema neonucleare può contare anche sulla stella morale o poetica, la più adalla forse alla tradizione europea. L'anno scorso al festival di Berlino renne presentato Guerra e pare, ancora in attesa di distribuzione perché in Europa I fenomeni nascono di riflesso In Guerra e pace, opera collettiva dei registi Schlocndorff. Kuge, Aust. Engettfelù. lo scrittore Heinrich Boell suggeriva due apologhi a quegli spettatori che non si accontentano delle emozioni semplici e -popolari-. Primo apologo: dopo una guerra nucleare sopravvivono solo due coppie dt astronauti che volteggiano nel ciclo, una coppia americana e una sovietica. Guardando, il mondo finito I sovietici cominciano a pregare, g'.t americani sognano il comunismo che non fu, uomini fenibilmenfe uguali, ormai soli. Secondo apologo.' dat<anli a un bunker antinucleare una raaazta che e ri matta . fuori, esposta alle radiazioni della bomba, implora 11 fratello di farla entrare: «Sono affamata e morente, sono tua sorella-. Il fratello la uccide per non essere contaminato. La guerra atomica ha la stessa -moralità- della guerra delle caverne. Anzi, ne ha di meno, perché deve sbrigativamente dimenticare millenni di culturali cinema non è solo a combattere la sua battaglia per rendere comprensibile e Impossibile la guerra atomica: gli tocca il compito più gravoso, scavare nelltmmaginazione collettiva un Interdetto splendente, un tabù ben motivato. Chissà se farà In tempo, chtssà se vincerà fa scommesse. In War Oames di Badham un computer Impazzito tiene fermato sull'orlo della catastrofe da due ragazzini (ma I generali avevano già smesso di sperare e di tentare). Stefano Reggiani I ' n'iiniii.igim da - Ih. day afler». Il film americano sulla paura atomica, che si proietta in questi giorni nelle eitlà italiane