Il partito del rifiuto

Il partito del rifiuto INDAGINE SULLE SCHEDE BIANCHE Il partito del rifiuto 22 ottobre 1865. E' la prima volta che si vota in Italia dopo la mone di Cavour. Su venticinque milioni di italiani di allora, quanti ne comprendeva lo Statò unitario appena nato scmta Roma e senza Venezia, gli aventi dititto al voto politico sono 504.26J, in base ai requisiti rigidissimi di istruzione e di censo necessari per essere iscritti alle liste elettorali (gli stessi dello Statuto alberano del 18-18, estesi pari pari dal Regno di Sardegna al Regno d'Italia: 40 lire d'i imposte annue — lire di allora —, istruzione supcriore, minimo di 25 anni). lì i votanti? Solo 271.92} si avvalgono di quel tormentato e aristocratico diritto di voto, recandosi concretamente alle urne: una percentuale del 55,9 per cento, più bassa anche in rapporto ai tempi, anche in rapporto agli stessi precedenti del Piemonte cavoutiano. L'ombra dell'astensionismo elettorale gravò su tutta la vita del giovane regno. Non votavano i cattolici, per il non opedit verso lo Stato laico e scomunicato; fino al 1895 non votavano neanche i repubblicani di osservanza mazziniana, per la variante laica del «non rassumus» rispetto allo Stato fondato sulla folcita alla monarchia (Cattaneo, eletto alla Camera nel 1860, rifiuterà di entrarvi per non dover prestare giuramento; Mazzini morti a Pisa sotto nome inglese). Le classi popolari sottratte al voto, per la stessa natura oligarchica e ccnsitaria della soluzione politica dell'uniti, difesa con intrepida coerenza d.tlla destta storica; fino ai 1882 nessuna riforma elettorale, e poi quella di Dcpretis fondata su una attenuazione prudente del censo (da 40 lite a 19,40), sull'età a 21 anrù e su una più netta riduzione del livello di istruzione (seconda elementare o prova di saper leggere e scrivere), tale da portate la massa degli aventi diritto al voto ad appena due milioni,-so-una popolazione avviamela», trenta mijipni dopo la liberazione di Venezia e di Roma. Pino al 191}, fino alla riforma giolittiana del suffragio universale maschile. E su questi due milioni sempre percentuali oscillanti fra il 58, il 5}, il 55, »': 59* di votanti effettivi. Le polemiche sulle cause di quell'astensionismo. Vaticano c mazzinianesimo a patte, furono aspre e si prolungarono per tutti i decenni dal 1870 al 1910. Come sempre si distinse |>cr il suo rigore consequenziario Sidney Sennino, leader dei moderali toscani che sari il massimo avversario e quasi lo storico dirimpcttaio di Giolitti: •'Gran signor* citila logica astratta», come lo chiamerà lo statista picmonrese con una definizione ancora insuperata. Proprio dopo la liberazione di Roma, e prima del malinconico test del novembre 1870, il più basso, 45,5 per cento di votanti, Sonnino aveva denun- 'mpmvptlpliRsrpgdetcecdeciato col rigore, un po' protestante e un po' israelitico che lo caratterizzava, uno stile che 10 tenne comunque lontano dal costume nazionale, ['«inerzia e l'incuria» che spingevano le classi possidenti a distriate 11 voto. E fece una proposta, l'erede della destra, il continuatore di Illusoli (anche nella intrattabilità), che ebbe con sé il futuro: la proposta del suffragio universale, come correttivo e quasi come punizione alla paviditi e alla mancanza di senso civico dei ceti possidenti ** Qual era il ragionamento di Sonnino? «Ammesse tutte le classi al volo, la borglxsia si scuoterebbe per paura, se non per altro, dal suo torpore». La classe operaia, incalzava Sonnino, sapreme difendete i suoi diritti; lo stesso le campagne. «Crescendo il numero degli elettori, concludeva Sonnino, crescerebbe in ragione assai piì forte la proporzioni da votanti». Fu poi così vero? Quando Giolito, pi', tanti motivi ma anche per sfilare l'arma al suo collega-rivale Luzzatti, concesse il suffragio universale solo maschile, fra 1912 e 191}, egli italiani aventi diritto al voto passarono da poco meno di tre milioni a oltre otto, la percentuale dei votanti scese dal 65 per cento (che era il massimo storico del Rsgno d'Italia toccato nelle precedenti elezioni del 1909) al 60 per cento: per attestarsi sui 56,6 nel novembre 919, sul 58,4 nel o a i e a a , a i s e e e l a r o i a u e 8, i di o o al e aei l o a o a e o0, di n- 'maggio 1921, sull'85.8 dell'aprile del '24 (ma gii con la medicina della legge Acerbo). Ci vorri la Repubblica per vedere la percentuale dcll'89,1 per cento, quella della Costituente — a suffragio universalizzato anche alle donne —, e poi il 92,2 per cento il 16 aprile 19-18, e poi il 95,8 per cento il 7 giugno 195}... G vorri la Repubblica; e la storia di questo astensionismo elettorale < ripercorsa, con abbondanza di particolari e con rigore di argomentazioni, da due studiosi diversamente ispirati, uno di estrazione storica e uno piuttosto di estrazione politologica, Mario Caciagli e Pasquale Statarne .//in.», in un volume estremamente utile (ma perché anche qui manca l'indice dei nomi?) delle Edizioni di Comuniti intitolato // volo di chi non vola. L'astensionismo elettori Je in Italia e in Europa. ■ ** Noi preferiamo la parte sull'Italia a quella, necessariamente un po' generica, sull'Europa. Abbiamo gii tanti casi da risolvere in casa nostra che riteniamo di non avere il diritto a pronunciarci sulle vicende altrui. E la veri noviti, emergente dall'analisi accula ta, è la crescita del partito del l'astensione: da quel 1948 al 198}, alle ultime elezioni del 26 giugno che hanno visto l'espressione complessiva del non voto salire a oltre il 16 per cento (dal 6,2 del 195}). Ma è un errore — in cui cadono anche gli autori — parlare di «astensionismo elettorale». L'astensionismo, comu ne a tutti i Paesi avanzati (e in Italia molto meno forte che alttovc: si pensi alla Svizzera) investe la non partecipazione al voto, comprende coloro che non si scomodano, la mattina della domenica né del lunedi (finché rimani il lunedi), per andare a deporre la scheda nell'urna. Ncll'8} tale percentuale i stata di circa 1*11 per cento: 4.824,657 voti. Ma accanto a quei quasi cinque i milioni di italiani ce ne tono altri 2.210.787, pari al 5 per cento degli elettori complessivi, che si i recato alle utne, che si i «scomodalo», vincendo «pigrizia e incuria», per deporre la propria scheda, ma ha poi scelto la via della polemica — la scheda bianca — o della collera — la scheda nulla o beffarda. Orca l.jOO.OOO schede nulle (pari al 2,9 per cento) sono i dati provvisori riferiti dagli autori. Circa 900.000 schede bianche, pari al 2,1 per cento. E incremento delle prime, in quattro anni, dell'I,2 per cento (rispetto alle elezioni del '79: erano solo l'I,7 per cento); incremento delle seconde, nello «esso quadriennio, dello 0,1 (2,1 contto 2,0). Complessivamente 2,9 e 2,1 fanno il 5 per cento. Il pattilo della scheda bianca o nulla e un partito di forze di poco inferiori — per avere u un termine di riferimento — al partito repubblicano, che ha raddoppiato ncll'8} il proprio suffragio, passando al 5,2 per cento. E' un panilo, quello del rifiuto, che gli autori della presente indagine collocano in una prospettiva troppo generica c indefinita. E' un partito che deve essere studiato e a profondilo, li' un partito nveste le zone metropolitane del Nord industrializzato più che altrove; è un partito che comprende i giovani più degli anziani; è un partito che lambì su- la sinistra più della destra; è un partito che nasconde l'esasperazione e l'insofferenza verso i partiti attuali, verso i loro sistemi di potere, verso le lottizzazioni e le sparizioni che trovano tante tolleranze e tante complicità anche in questo momento. Il democtatico conscguente deve guardare.a quei due milioni c più di italiani che si sottraggono alla logica del sistema, come qualcosa che va bene al di li della «protesta» astensionista, in certi limiti fisiologica. Non è il voto di chi non vota; è il voto di chi vota in maniera errata, e soprattutto non corrispondente al proprio ideale politico anche di moralizzazione e di rigore. Nulla di comune con quanto Norlicrto Bobbio, proprio su queste colonne, aveva scritto circa un anno fa: la tendenza delle socicti evolute, delle de mocrazic consolidate, è a diminuire il voto di opinione e ad aumentare il voto di stana bio. l.a scheda bianca o nulla t un voto di scambio sbagliato. Giovanni Spadolini