Con vele e cannoni l'Europa conquistò gli oceani di Alfredo Venturi

La tecnologia della guerra La tecnologia della guerra Con vele e cannoni ì l'Europa conquistò gli oceani QUALCHE settimana fa, un pomeriggio di dicembre, è parso che una grande nave esplodesse nella rada di Beirut. Era la New Jersey che apriva il fuoco sulle batterìe siriane della montagna libanese. Con immagini e suoni da girone infernale, i cannoni da sedici pollici della corazzata americana hanno scaraventato a più di trenta chilometri proiettili da una tonnellata: devastanti, apocalittici sono stati definiti gli effetti del bombardamento. In piena età dell'atomo, e della guerra atomica, la New Jersey ha celebrato cosi i tardivi trionfi della guerra convenzionale. La tempesta di fuoco piovuta dal mare sui monti di fenicia è il . puntod'arrìvo di un'avventura tecnologt' ca durata secoli: il mortifero connubio dell'artiglierìa e dèlia nave, che diede all'Europa atlantica il dominio degli oceani e del mondo. Questa straordinaria avi'entura ce la racconta con puntigliosa efficacia lo storico Carlo M. Cipolla. Il suo volume Vele e cannoni esplora i due versanti del fenomeno che permise l'aggressiva espansione europea. L'artiglierìa, nata nei primi anni del Trecento, rapidamente perfezionata dagli artigiani del bromo e del ferro, presto protagonista in guerra. La navigazione, che con la novità della vela quadra e degli scafi a più alberi può finalmente affrontare le grandi traversate oceaniche. E' così possibile portare lontano una tremenda: forza dt.persuasione e di conqui'"'std: cné'it gran lunga compensa lo svantaggio numerico degli invasori europei, e che stravolge i tradizionali rapporti fra offesa e difesa. E' insomma accaduto che all'energia muscolare umana del rematori e dei balestrieri si è sostituita, nella guerra navale, l'energia illimitata della natura: energia eolica, energia chimico-fisica. Una doppia rivoluzione tecnologica, che ricaccia in secondo piano, dalla ribalta della storia, le vecchie galere e le potenze mediterranee: mentre si affacciano e premono i nuovi dominatori atlantici. In questo senso la battaglia di Lepanto, 1571, è un episodio anacronistico per quanto grandioso: un po' come il bombardamento della New Jersey sulle artiglierìe siriane acquattate fra i cedri del Libano. Naturalmente il grande veliero non era nato soltanto per fare la guerra, cosi come il cannone non era stato inizialmente concepito per la guerra sul mare. Ma è proprio dall'incontro del veliero e del cannone che scaturisce una grande forza di cambiamento della storia moderna. Come arma terrestre, il cannone st scontra a lungo col limite di una difficile mobilità,; problema inesistente per i pezzi imbarcati. Elemento presto risolutore della battaglia navale, l'artiglierìa resta a lungo confinata, nelle operazioni terrestri, al ruolo rìduttivodi macchina da assedio. Il rivoluzionario vantaggio europeo è così prevalenteìnente navale: al balzo in avanti della tecnologia bellica sul mare fa infatti riscontro la tenace persistenza, sul terreno, dt strategie e tattiche antiche, basate sulla forza d'urto della cavallerìa e sul movimento di masse umane. DI qui il paradosso dell'Europa fra Quattro e Seicento, che mentre domina incontrastata sugli oceani subisce, sul suo territorio, l'iniziativa militare turca. Un piccolo libro affascinante, questo di CipoUa.J'urtroitpo tardivamente tradot- ^ tà dall'Originale edizione inglese dt quasi vent'anni fa. Dt cui si fa inavvertitamente rimpiangere un'iconografia che ci si limita a citare: abbiamo infatti nel testo riferimenti a illustrazioni che nel volume, con la sola eccezione di una maestosa squadra di galeoni in copertina, proprio non ci sono. . • Alfredo Venturi Carlo Cipolla: «Vele e cannoni», Il Mu-' lino, 188 pagine, 12.000 lire. ande danzatrice La tecnologia della guerra La tecnologia della guerra Con vele e cannoni ì l'Europa conquistò gli oceani QUALCHE settimana fa, un pomeriggio di dicembre, è parso che una grande nave esplodesse nella rada di Beirut. Era la New Jersey che apriva il fuoco sulle batterìe siriane della montagna libanese. Con immagini e suoni da girone infernale, i cannoni da sedici pollici della corazzata americana hanno scaraventato a più di trenta chilometri proiettili da una tonnellata: devastanti, apocalittici sono stati definiti gli effetti del bombardamento. In piena età dell'atomo, e della guerra atomica, la New Jersey ha celebrato cosi i tardivi trionfi della guerra convenzionale. La tempesta di fuoco piovuta dal mare sui monti di fenicia è il . puntod'arrìvo di un'avventura tecnologt' ca durata secoli: il mortifero connubio dell'artiglierìa e dèlia nave, che diede all'Europa atlantica il dominio degli oceani e del mondo. Questa straordinaria avi'entura ce la racconta con puntigliosa efficacia lo storico Carlo M. Cipolla. Il suo volume Vele e cannoni esplora i due versanti del fenomeno che permise l'aggressiva espansione europea. L'artiglierìa, nata nei primi anni del Trecento, rapidamente perfezionata dagli artigiani del bromo e del ferro, presto protagonista in guerra. La navigazione, che con la novità della vela quadra e degli scafi a più alberi può finalmente affrontare le grandi traversate oceaniche. E' così possibile portare lontano una tremenda: forza dt.persuasione e di conqui'"'std: cné'it gran lunga compensa lo svantaggio numerico degli invasori europei, e che stravolge i tradizionali rapporti fra offesa e difesa. E' insomma accaduto che all'energia muscolare umana del rematori e dei balestrieri si è sostituita, nella guerra navale, l'energia illimitata della natura: energia eolica, energia chimico-fisica. Una doppia rivoluzione tecnologica, che ricaccia in secondo piano, dalla ribalta della storia, le vecchie galere e le potenze mediterranee: mentre si affacciano e premono i nuovi dominatori atlantici. In questo senso la battaglia di Lepanto, 1571, è un episodio anacronistico per quanto grandioso: un po' come il bombardamento della New Jersey sulle artiglierìe siriane acquattate fra i cedri del Libano. Naturalmente il grande veliero non era nato soltanto per fare la guerra, cosi come il cannone non era stato inizialmente concepito per la guerra sul mare. Ma è proprio dall'incontro del veliero e del cannone che scaturisce una grande forza di cambiamento della storia moderna. Come arma terrestre, il cannone st scontra a lungo col limite di una difficile mobilità,; problema inesistente per i pezzi imbarcati. Elemento presto risolutore della battaglia navale, l'artiglierìa resta a lungo confinata, nelle operazioni terrestri, al ruolo rìduttivodi macchina da assedio. Il rivoluzionario vantaggio europeo è così prevalenteìnente navale: al balzo in avanti della tecnologia bellica sul mare fa infatti riscontro la tenace persistenza, sul terreno, dt strategie e tattiche antiche, basate sulla forza d'urto della cavallerìa e sul movimento di masse umane. DI qui il paradosso dell'Europa fra Quattro e Seicento, che mentre domina incontrastata sugli oceani subisce, sul suo territorio, l'iniziativa militare turca. Un piccolo libro affascinante, questo di CipoUa.J'urtroitpo tardivamente tradot- ^ tà dall'Originale edizione inglese dt quasi vent'anni fa. Dt cui si fa inavvertitamente rimpiangere un'iconografia che ci si limita a citare: abbiamo infatti nel testo riferimenti a illustrazioni che nel volume, con la sola eccezione di una maestosa squadra di galeoni in copertina, proprio non ci sono. . • Alfredo Venturi Carlo Cipolla: «Vele e cannoni», Il Mu-' lino, 188 pagine, 12.000 lire. ande danzatrice La tecnologia della guerra La tecnologia della guerra Con vele e cannoni ì l'Europa conquistò gli oceani QUALCHE settimana fa, un pomeriggio di dicembre, è parso che una grande nave esplodesse nella rada di Beirut. Era la New Jersey che apriva il fuoco sulle batterìe siriane della montagna libanese. Con immagini e suoni da girone infernale, i cannoni da sedici pollici della corazzata americana hanno scaraventato a più di trenta chilometri proiettili da una tonnellata: devastanti, apocalittici sono stati definiti gli effetti del bombardamento. In piena età dell'atomo, e della guerra atomica, la New Jersey ha celebrato cosi i tardivi trionfi della guerra convenzionale. La tempesta di fuoco piovuta dal mare sui monti di fenicia è il . puntod'arrìvo di un'avventura tecnologt' ca durata secoli: il mortifero connubio dell'artiglierìa e dèlia nave, che diede all'Europa atlantica il dominio degli oceani e del mondo. Questa straordinaria avi'entura ce la racconta con puntigliosa efficacia lo storico Carlo M. Cipolla. Il suo volume Vele e cannoni esplora i due versanti del fenomeno che permise l'aggressiva espansione europea. L'artiglierìa, nata nei primi anni del Trecento, rapidamente perfezionata dagli artigiani del bromo e del ferro, presto protagonista in guerra. La navigazione, che con la novità della vela quadra e degli scafi a più alberi può finalmente affrontare le grandi traversate oceaniche. E' così possibile portare lontano una tremenda: forza dt.persuasione e di conqui'"'std: cné'it gran lunga compensa lo svantaggio numerico degli invasori europei, e che stravolge i tradizionali rapporti fra offesa e difesa. E' insomma accaduto che all'energia muscolare umana del rematori e dei balestrieri si è sostituita, nella guerra navale, l'energia illimitata della natura: energia eolica, energia chimico-fisica. Una doppia rivoluzione tecnologica, che ricaccia in secondo piano, dalla ribalta della storia, le vecchie galere e le potenze mediterranee: mentre si affacciano e premono i nuovi dominatori atlantici. In questo senso la battaglia di Lepanto, 1571, è un episodio anacronistico per quanto grandioso: un po' come il bombardamento della New Jersey sulle artiglierìe siriane acquattate fra i cedri del Libano. Naturalmente il grande veliero non era nato soltanto per fare la guerra, cosi come il cannone non era stato inizialmente concepito per la guerra sul mare. Ma è proprio dall'incontro del veliero e del cannone che scaturisce una grande forza di cambiamento della storia moderna. Come arma terrestre, il cannone st scontra a lungo col limite di una difficile mobilità,; problema inesistente per i pezzi imbarcati. Elemento presto risolutore della battaglia navale, l'artiglierìa resta a lungo confinata, nelle operazioni terrestri, al ruolo rìduttivodi macchina da assedio. Il rivoluzionario vantaggio europeo è così prevalenteìnente navale: al balzo in avanti della tecnologia bellica sul mare fa infatti riscontro la tenace persistenza, sul terreno, dt strategie e tattiche antiche, basate sulla forza d'urto della cavallerìa e sul movimento di masse umane. DI qui il paradosso dell'Europa fra Quattro e Seicento, che mentre domina incontrastata sugli oceani subisce, sul suo territorio, l'iniziativa militare turca. Un piccolo libro affascinante, questo di CipoUa.J'urtroitpo tardivamente tradot- ^ tà dall'Originale edizione inglese dt quasi vent'anni fa. Dt cui si fa inavvertitamente rimpiangere un'iconografia che ci si limita a citare: abbiamo infatti nel testo riferimenti a illustrazioni che nel volume, con la sola eccezione di una maestosa squadra di galeoni in copertina, proprio non ci sono. . • Alfredo Venturi Carlo Cipolla: «Vele e cannoni», Il Mu-' lino, 188 pagine, 12.000 lire. ande danzatrice

Persone citate: Carlo Cipolla, Lepanto

Luoghi citati: Beirut, Europa, Libano, New Jersey