La «resurrezione» di Yasser Arafat

La «resurrezione» di Yasser Arafat La «resurrezione» di Yasser Arafat Appena un mese fa lo davano per spacciato: vecchio, pieno di acciacchi, screditato politicamente, tradito dai collaboratori. -Se ha fortuna — si diceva — riesce al massimo a salvare la pelle-. Lui, Yasser Arafat. torrideva durante le Interviste dei giornalisti mentre le bombe di mortaio piovevano intorno al suo quartier generale. L'ultimo baluardo di Tripoli, nel Libano, era sul punto di cadere sotto l'offensiva dei ribelli palestinesi e delle forze siriane e libiche. Ad Arafat non rimaneva che tentare la fuga, ma senza neppure troppe speranze. Circondato da tre lati sulla terraferma, lo attendevano in mare le navi da guerra israeliane. Uscire da quella trappola pareva impossibile. Poi, inaspettatamente, qualcosa si è mosso. I paesi arabi moderati, Arabia Saudita in testa, hanno intrapreso una intensa campagna diplomatica in suo favore. Dall'Europa sono piovuti appelli per la sua salvezza. Perfino la voce di Mosca, a lungo silenziosa, è giunta ad appoggiarlo. Da¬ masco si è dunque convinta a lasciarlo partire dal suo bunker. -Può salvare la vita, ma politicamente è già morto — sostenevano i ribelli —, la sua lunga leadership all'interno delì'Olp è finita. Perfino da Al Fatali sarà destituito-. Invece, il vecchio lupo ha saputo mordere ancora. Ha concluso con Israele un maxi-scambio di prigionieri che gli ha permesso di riproporsi con un'immagine «vincente» agli occhi dei palestinesi. E solo a quel punto ha lasciato Tripoli. Poteva accontentarsi. Ma cosi non è stato. Durante il viaggio in nave verso lo Yemen del Nord (meta di un migliaio di suol fedelissimi profughi dal Libano) Arafat ha deciso di alzare la posta. Approfittando della sosta a Suez ha incontrato, al Cairo, il leader egiziano Mubarak, cioè il capo del paese che, con gli accordi di Camp David, ha «tradito» la causa palestinese. Questo incontro ha fatto cadere su Arafat un nuovo uragano di accuse, Perfino 1 lealisti si sono indignati. •Ha tirato troppo la corda ' - - — dicevano gli osservatori — questa volta non avrà scampo-. Il 31 dicembre, quando 11 leader delì'Olp è giunto a Tunisi per il vertice di Al Fatali, la sua organizzazione maggioritaria all'interno della coalizione palestinese, Arafat sembrava ancora una volta essere giunto alla fine del suo lungo cammino politico. Un giornale degli Emirati, solitamente bene informato, annunciò perfino le sue imminenti dimissioni. -Gli altri membri di Al Fatali — scriveva il quotidiano — gli hanno imposto una pubblica autocritica per l'Incontro con Mubarak. oppure gli hanno chiesto di andarsene. Arafat ha preferito cedere il comando-. Non era vero. Non solo Arafat non ha dovuto andarsene, ma Al Fatah ha perfino avallato, nella sostanza, rincontro con il presidente egiziano. Un successo su tutti i fronti, quindi. Con l'aggiunta dell'espulsione, da Al Fatah, del colonnello Abu Mussa, il capo dei ribelli appoggiati dalla Siria. Ieri infine si è riunito, sempre a Tunisi, il comitato esecutivo delì'Olp. Al vertice non sono presenti i gruppi vicini a Damasco. E' probabile che anche questo organismo (che dirige politicamente i palestinesi) sancirà la «resurrezione» di Arafat. In concreto questo significa che forse sta per iniziare una nuova fase della vicenda palestinese. La vittoria di Arafat, infatti, dovrebbe significare una vittoria della linea moderata. Il leader delì'Olp ha già annunciato un imminente viaggio ad Amman per incontrarsi con re Hussein. Il tema dei colloqui sarà 11 piano di Fes e 11 destino della Cisglordanla. E' troppo presto per parlare anche solo di «speranze di soluzioni». Le incognite passano da Tel Aviv, da Washington, da Damasco, da Mosca. Sono tali e tante che ogni.previsione è impossibile. Ma se una probabilità di soluzione esiste per questa zona tormentata del Medio Oriente, è indubbio che l'intero castello poggia, per ora, sul nome di Yasser Arafat. Silvano Costanzo