Vallone, Ulisse nella Spagna moderna

Vallone, Ulisse nella Spagna moderna «Luci di bohème» di Pel Valle inclàn al Ghione di Roma, regista la Mezzadri Vallone, Ulisse nella Spagna moderna Grande commozione dell'attore tornato alla prosa in Italia dopo 10 anni - Una storia ambientata a Madrid nel '20: l'ultima notte, tra taverne e prigione, di un poeta vecchio e cieco DAL NOSTRO INVIATO ROMA — In un delizioso teatro in velluto porpora, che un'attrice torinese, mecenate della prosa, Ileana Ghione, ha restaurato e aperto al pubblico (era un cinema, ora è il Teatro Ghione, per l'appunto: siamo a borgo Pio, dietro il colonnato di S. Pietro), un attore, che proprio a Torino esordi nella prosa. Raf Vallone, e tornato alla stessa, dopo dieci anni di assenza, almeno in Italia, alla testa di una giovane compagnia, la Cooperativa Teatro di Sardegna. Occasione dell'atteso rientro un dramma in un atto, misterioso e affascinante. Luci di boheme, di un grande e malnoto drammaturgo del Novecento spagnolo, Ramon del Valle-Inclàn: regia di Mina Mezzadri, che questo dramma aveva già allestito, per una sera soltanto, otto anni fa, in una Biennale di Venezia tutta dedicata alla «hlspanidad». Luci di bohème, scritta nel 1920. è, per definizione del suo autore, morto sessantenne nel 1936. dopo un'esistenza difficile, un .esperpento», cioè una rappresentazione deformata e grottesca di certi aspetti del reale. Qui la realta è la Spagna, anzi Madrid, negli Anni 20, città lacerata da mille contraddizioni, che un potere imbelle e corrotto reprime e non governa, mentre il popolo tenta inutili ribellioni, tra anarchia e separatismo, e gli intellettuali oscillano tra ossequio al regime e sdegnose, solitudine. Solo, povero, disperato e proletico è Maximo Estrclla. grande poeta cieco che non si piega, ma si consuma nella sua insofferenza di spirito libero, si strugge nella sua angoscia anticoformista. 11 dramma è l'itinerario labirintico, lungo una sola notte, di Estrella tra taverne e vecchie librerie, prigioni e quartieri malfamati: sino alla morte per consunzione. Questa passeggiata tragica e ironica verso l'ultima mèta e scandita da un'alta parete di ferro, smaltata e rotante, che lo scenografo Enrico Job ha ideato a immagine della cecità di Estrclla, che tutto appiattisce; e della sua estraneità al resto della collettività tumultuosa. Mentre affastellati e cromaticamente carichi, di un gusto onirico vagamente alla Goya, sono 1 suggestivi costumi di Elcna Mainimi, che lambisce i volti degli interpreti, fortemente truccati, di livide mascherine o stretti bavagli. La regia di una Mina Mezzadri molto concentrata, coadiuvata dalla sensibile traduzione di Maria Luisa d'Amico, si muove in sintonia al doppio registro di scenografo e costumista. Le scene collettive (una rissa letteraria, una rivolta di piazza, l'incursione notturna in una sorta di giardino di piacere, tra piccole prostitute ed efebi nudi) sono impostate su una tonalità stizzosa e nevrotica, deformata nella voce e nel gesto ed esagitata nel ritmo burattinesco dei movimenti. Gli incontri di Estrella, all'opposto, si stemi)crano in cadenze estenuate e solenni, minate da una noia sorda, corrose da una fonda malinconia. L'Estrclla di Raf Vallone (gli occhi azzurri sgranati su quel volto da moderno Odisseo, circonfuso da una barba patriarcale) è calato con Intensa partecipazione in questo clima spnnambolico, increspato appena da una brezza di arguto scetticismo: e l'effetto è di una nobile asciuttezza, che sulle prime può lasciare perplessi, ma via via avvince e conquista. I dodici attori e attrici della Cooperativa danno prova di una notevole incisività e di una bella Intesa. A parte, tra luce e ombra, il canagliesco ma lucido don Latino di Luigi Mezzanotte, l'amico-guida di Estrella, che abbiamo ritrovato con piacere in scena. Alla prima grandi applausi, e commozione palese del prò tagonista. Guido Davico Bonino CcgCnmlCltmCsvClLI d nùc umilienti di «Luci di bohème»: Raf Vallone è calato con intensa partecipa/ione nel clima da Minnainlwli ricreato dal lavoro di Del Valle Inclàn, repia Mezzadri