Quando soffia il vento dell'Est di Vittorio Zucconi

Nuove strategie in Asia Nuove strategie in Asia Quando soffia il vento dell'Est DAL NOSTRO CORRISPONDENTE ! TOKYO — Non più solo portatore di competizione economica, di miti ideologici o di folklore, il «vento dell'Est» soffia ormai con forza anche sugli equilibri di forza internazionali e promette di smuoverli con assai più vigore di quanto abbia cercato di fare finora, fallendo, l'Europa. Con il «fronte occidentale» chiuso nella morsa di un gelo che nasce, prima che dai , missili, dall'impotenza europea, dalla incapacità di essere seriamente interlocutori dei «grandi», i soli segni concreti di protagonismo, di movimento fuori dall'asse dominante MoscaWashington vanno cercati in Oriente. E' a Pechino, a Tokyo, addirittura in quelle «Coree» già oggetto di commiserazione o di ironia, che si vedono » tentativi più interessanti e seri di elaborare strategie originali, di «pensare» a possibili, nuove forme di pace, che non siano né il mantenimento dello status quo, né pericolosi «giri di valzer» tra alleanze. E' in Asia infatti che, da qualche tempo, il mondo sta allontanandosi più in fretta dalla geografia politica prodotta dal la seconda guerra mondiale e dai conflitti locali che ne furono il sanguinoso strascico, come lo scontro in Corea o l'avventura postcoloniale del Vietnam. E* in Asia dove più visibile e il riflusso àeWAmerican Tide, della marca militare Usa dal punto di massima espansione storica raggiunto nel trentennio di guerra 1940-70. Ed è ancora in Asia che più impacciata, più goffa appare la strategia sovietr ca, priva di qualsiasi spessore politico c affidata interamente a spiegamenti aeronavali, se non addirittura a operazioni di guerra dirette, come in Afgha nistan, o per intermediari, come in Cambogia. E' una situazione senza pre cedenti, resa possibile dall' emergere di due nuovi «soggetti» politici, come la Cina Popolare e il Giappone, passati nel!' arco di un quinquennio dalla minore età alla maturità senza che quasi l'Europa se ne accorgesse. Con la «demaoizzazione» politica ed economica, la Cina ha guadagnato in rispetto e spazi di manovra quel che ha perduto in adulazione e in mito, dimostrandosi capace finora di uscire da quel «medievalismo rosso» che deliziava qualche intellettuale a Roma o a Parigi, ma che costava miseria e lacrime in Manciuria. Il Giappone ha pagato e paga duramente, in disciplina sociale, fatica, organizzazione, l'affrancamento industriale, quindi reale, da una tutela americana di cui restano oggi molte più forme che sostanza. Ed ecco che, sul parallelo che lega Pechino, Tokyo e Washington, prende vita una diploma■zia intensa e non solo formale, tessuta da un viavai incessante di leader: Reagan in Giappone a novembre, seguilo dal segretario del pc cinese Hu Yaobang a Tokyo; poi, Zhao Ziyang negli Usa; ora, il ministro degli Esteri giapponese a Washin gton; tra poco, il vicepresidente Bush a Tokyo; poi Nakasone a Pechino in marzo, e ancora Reagan in Cina ad aprile. «Occorrerà una torre di controllo speciale — scherzava il New York Times — per regolare il traffico dei pezzi grossi sul Pacifico». Ma non è il genere di «scherzi» che possa far sorridere lo spettro che governa ora al Cremlino. Si sta creando in Oriente un articolazione di potenze, e quindi una varietà di ipotesi, che contrastano con la rigidezza del quadro europeo e palesemente imbarazzano i russi. Non solo qui sta venendo loro a mancare 1 interlocutore odiato, ma ahi lualc e soprattutto unico, cioè 1 America: in più, i russi sono na turai mente a disagio con l'Asia, che essi non condizionano geografa .unente e con cui dividono una frontiera indifendibile. Oltre l'Ussuri non c'è l'Europa lacciaia e incerta, ma una Cina che risponde tranquilla all'imi nuda/ione degli SS-20: «Sman telluteli se volete davvero negotiare con noi». E un Giappone che, con finta riluttanza, muove un piede dopo l'altro verso un riarmo che la sua forza indù striale garantisce formidabile. 11 «vento dell'Est» porta quindi i semi della prima, autentica uscita dagli equilibri' postbellici e della nascita di un' inedito «grande gioco» di forze)! a Oriente. E' un'altra lezione;' per l'Europa, anche più amara di quelle che già hanno impartito la Cina ai suoi sciocchi adulatori maoisti, e il Giappone ai concorrenti industriali. Più amara perché non c'è niente di sospetto, di immaginario, quindi di facile, nel modello di superamento dei blocchi che si delinca a Oriente. Al contrario, la crescita dei nuovi poli che stanno cambiando l'altra faccia del mondo, ponendosi in mezzo a Usa e Urss, è il risultato oggettivo e difficile di molte piccole fatiche quotidiane, di laboriosità individuali e collettive, non coatte neppure più in Cina, dopo il disastro delle «Comuni». Il vento dell'Est ha il segno di quelle virtù che l'Europa sembra avere smarrito, perdendo insieme la propria capacità di fare storia. Vittorio Zucconi Bloccato il t

Persone citate: Bush, Nakasone, Reagan, Zhao Ziyang