INTERROGATIVI E POLEMICHE A UN CONVEGNO INTERNAZIONALE

«un INTERROGATIVI E POLEMICHE A UN CONVEGNO INTERNAZIONALE «un A quarantanni dall'insurrezione del ghetto di Varsavia, studiosi e protagonisti dell'epopea hanno discusso a Torino mezzo secolo di storia dell'ebraismo nell'Europa orientale - L'annientamento di una grande comunità e le polemiche ideali che hanno diviso il mondo israelita dal Bund al sionismo - L'assimilazione predicata dal marxismo e dalle correnti laiche finisce col disconoscere i caratteri del popolo ebraico TORINO — «Da! mondo del sopravvissuti, noi pochi testimoni, stiamo scrutando un mondo ormai svanito...», mormora quasi, la voce amplificata dal microfono, Victor Erlich. Viene da Yale ed è oggi uno dei maggiori studiosi del formalismo russo, ma la prestigiosa università americana è solo l'estremo punto d'approdo di una vita segnata da ben altre scansioni. Nato in un ghetto della Russia earista nel 1915, divenne presto uno del dirigenti delle organizzazioni socialiste ebraiche polacche che facevano capo al Bund (l'Unione generale dei lavoratori ebrei dt Polonia, Lituania e Russia fondata nel 1S97). Sfuggito ai nazisti, trovò asilo in Unione Sovietica dove incontrò presto le persecuzioni staliniane e potè emigrare negli Stati Uniti solo graeie all'intervento personale di Roosevelt. Non si salvò, invece, suo padre, membro del comitato antifascista ebraico durante la resistema, fatto fucilare da Stalin insieme con altri dirigenti polacchi, mentre il nonno, uno dei padri della storiografia ebraica, era perito per mano nazista. A quarantanni dall'insurrezione del ghetto di Varsavia, Erlich ha partecipato a Torino, assieme ad alcuni protagonisti di quella tragica epopea e a studiosi di varie nazionalità, al convegno su • Gli ebrei dell'Europa orientale dall'utopia alla rivolta. Mezzo secolo di storia-. Una storia che si è conclusa con l'annientamento di grandi e piccole comunità — t>( era concentrata la metà della popolazione ebraica mondiale — ricche di cultura, tradizioni, Impegno politico, ideale, religioso. Di quel mondo restano sparse memorie minacciate dalltncubo dell'oblio, documenti e fotografie ingiallite, opere struggenti come l libri di Singer o di Rolh, ria laddove si era rinnovata per secoli, fino ad alcuni decenni or sono, la vita di una società composita e'pulsin té, la più spaventosa lava della storia umana ha lasciato il vuoto di una civiltà scomparsa. Ma su quel deserto una cosa continua a sprigionarsi co me prima, lo spirito di persecuzione che insegue ancor oggi gli ultimi superstiti o i loro figli, sfuggiti alla morte, ma non all'implacabile dispotismo del 'socialismo realefattosi erede di un inestirpa to antisemitismo prima cristiano, poi nazional-patriottieo, quindi hitleriano ed, infine, stalinian-comunlsta. E il sofferto interrogativo con cui si è chiuso l'intervento di Erlich — «Ma perché Edelman non è qui?» — nella mo¬ destia esemplare di un episodio di cronaca fornisce la quotidiana prova della continuità .burocratica- della persecuzione. A Marek Edelman, il solo sopravvissuto della direzione militare ebraica che nell'aprile del '43 scatenò l'insurrezione del ghetto di Varsavia, non è stato, infatti, consentito di lasciare la Polonia per venire a portare a Torino la sua testimonianza, anche perché alle -colpe- di origine si è aggiunta, recente, l'adesione a Soltdarnosc. Antisemiti Eppure come un angoscioso stupore seguita a tormentare quanti cercano di ri/(ettere sulla singolare continuità storica dell'antisemitismo che ha inquinato non solo l regimi socialisti ma che, sotto l'alibi dell'antlstonismo. se- cerne il suo veleno su tanta parte della sinistra in tutto il mondo. Laceranti interrogativi sono cosi riemersi al convegno di Torino dove è stato anche ripercorso il cammino delle antiche polemiche che contrapposero t sionisti al Bund e questo a Lenin, a Rosa Luxemburg e ai socialdemocratici russi fin dagli inizi del secolo. Le relazioni di Jonathan Frankel dell'Università dt Gerusalemme, di Annle Kriegel, dell'Università di Parigi, di .Roberto Ftnzl dell'Università di Bologna e di David Meghnagi di quella dt Pescara, di Dan Diner di Francoforte, del canadese Zslavsky, dell'austriaco Bunzl e di molti altri sono servite a recuperare le radici storiche di un fenomeno, sommerso altrimenti dalla passionalità di più recenti contrapposizio¬ ni tra chi demonizza Israele e chi la difende acriticamente. Per i sionisti di sinistra che dovevano poi diventare la colonna portante della fondazione di Israele — ha ricordato Bunzl — la colonizzazione di un territorio era destinata a correggere la struttura sociale anomala del popolo ebraico, paragonata a una piramide rovesciata che si caratterizzava per la mancanza di una classe contadina e la preponderanza di elementi borghesi. Il -territoriallsmoavrebbe invece permesso lo sviluppo nazionale del proletariato ebraico e una trasformazione in senso socialista. La specificità della -colonizzazione- di Israele, la funzione che vi ebbero i kibbuteim e le organizzazioni sindacali, il peso dell'agricoltura derivano, appunto, dall'impulso datogli dai sionisti di sinistra. A essi si opponeva II Bund che, pur nella salvaguardia delle caratteristiche culturali della minoranza ebraica, puntava, invece, alla conquista delle libertà democratiche in Russia. Al Congresso dell'Internazionale socialista (agosto 1904) Il Bund indicava, guindi, nel sionismo il peggior nemico del proletariato ebraico, «un avversarlo nazionalista 11 cui scopo era quello di distogliere 1 lavoratori ebrei dalla lotta di classe, di Isolarli dal loro compagni di classe non ebrei per edificare uno Stato borghese in Palestina». Da Lenin Nello stesso tempo, però, i' dirigenti della social-democrazia russa, a cominciare da Lenin, mentre bollavano l'antisemitismo come frutto dell'oscurantismo zarista e di una velenosa azione condotta dal gruppi dirigenti per dividere le classi popolari, polemizzavano anche contro «11 separatismo bundlsta», negando la necessità di una organizzazione specifica del proletariato ebraico, malgrado questo contasse nei Paesi in questione alcuni milioni di persone. Da cosa deriva l'inadeguatezza del marxismo ad affrontare la questione ebraica o, meglio, l'anomalia ebraica, come l'ha definita Roberto Pinzi dell'Università di Bologna? La risposta ci sembra colga un nodo irrisolto delle ideologie predominanti nella sinistra, non solo marxista, che ha sempre condannato -pedagogicamente- l'antisemitismo, secondo il principio che l'ebreo non era un -altro-, salvando come unica specificità riconoscibile, per quanti ad essa si richiamassero ancora, la religioruz.. Nell'ambito marxista, poi, la concezione unitaria della classe operaia, come soggetto del procesto rivoluzionario, ha rafforzato ancor pia la negazione di una -identità ebraica», in termini etnlconazìonali. Di qui è disceso automaticamente l'assunto che la rivoluzione socialista per gli uni e il -progresso democratico- della società industriale, per le correnti laico-positiviste, avrebbero di per té risolto in termini di assimilazione la questione ebraica. Propugnatori della • tolleranza- davano per scontato l'adeguamento dei • tollerati» alla maggioranza tollerante. La difficoltà del marxismo a confrontarsi con l'antropologia ha reso e rende ancor più ostica l'accettazione dell'identità ebraica, concepita, 'd'altronde, come qualcosa di regressivo e reazionario, di timbro religioso. La meccanica interpretazione dell'anti¬ semitismo come provocazione delle classi dominanti per dividere le classi subalterne, destinato quindi a scomparire nella società socialista, ha portato non solo alla cancellazione dell'.alterità- etniconazionale dell'ebraismo ma alla negazione di un antisemitismo più profondo, radicato nellimmaginario collettivo soprattutto, ma non solo, nei Paesi dell'Est. Non è impossibile, sotto questa luce, ritrovare le fila di una permanente 'incomprensioneche passa all'interno della sinistra e stinge, riecheggiando ancora la vecchia polemica del Bund, sulle stesse odierne correnti Ideati dell'ebraismo. Certo, come ha detto David Meghnagl, visti con gli occhi di oggi quei dilemmi di allora si rivelano come il disperato tentativo di rendere accettabile con strumenti ordinari una situazione limite: «D marxismo rivoluzionario come U sionismo, 11 bundlsmo come l'assimilazione, appaiono l'estremo tentativo di fuggire un destino segnato, mentre l'ebraismo religioso si consegnava Inerme, privo di capacità di risposta se non l'illusione che la tragedia che si profilava all'orizzonte potesse avere un senso nella mente recondita di Dio». L'Olocausto e il sorgere dello Stato d'Israele sembrarono aver concluso il dibattito. Il dramma mediorientale e le contrastanti pressioni che suscita provano che non è così. Mario Plrani