Maggio, Barra, De Filippo e Giuffrè Il teatro napoletano contro i registi di Osvaldo Guerrieri

Maggio, Barra, De Filippo e Giuffrè Il teatro napoletano contro i registi A Prato un incontro degli attori partenopei: puntano sulla tradizione Maggio, Barra, De Filippo e Giuffrè Il teatro napoletano contro i registi DAL NOSTRO INVIATO PRATO — / Maggio, i Barra, i Giùf/re, i De Filippo: le famiglie del teatro napoletano sembrano vìvere una nuora, esaltante stagione. Dai l>ah-osccnici italiani porgono i frammenti di una tradizione lontana, recuperano i gesti, i tempi, i candori, le gaglioffate della commedia all'improvviso, sembrano dire: a noi non serve uivrcgista, né una struttura solida,-il nostro teatro è come un bricolage domestico, lo facciamo con le nostre ituuii,.pca^(iQ.alla tradita?-} Sono ìitoìto polemiche le famiglie napoletane e. amabilmente rissose. Sostengono unu drammaturgia genuinamente popolare e il primato assoluto dell'attore. A Tota, negli Anni Trenta, sarebbe piaciuto interpretare un Pirandello riscritto da Petrolini. Mvit, .i Oggi Pupetta Maggio dice degli attori italiani; «.Li guardo e mi sembra la. sfilata dei Saiehiappni' nella notte di Natale a Napoli. Provino a cnlrare in scena senza copione e vediamo cosa succede». Ma com'è e elle cos'è oggi V attore napoletano? Il terna è stato trattato in un incontro promosso a Prato dal Centro Internaslonale di Drammaturgia. Studiosi, critici, il regista De Boslo, Manlio Santanelli, autore dell'Isola, di Sancito in scena al Metastasio, hanno discusso il problema dinanzi a un pubblico compo¬ sto da attori (napoletani e no) e da molti giovani, tra cui gli allievi della Bottega di Gassman. Noi proviamo a parlarne con Luca De Filippo, che ha debuttato con la sua compagnia al Verdi di Pisa in Chi è cchiù felice 'e me!, commedia di Eduardo scritta nel 1929 e da allora mai più rappresentata. Luca riconosce che l'attore napoletano lavora prevalentemente sulla tradizione. «Per me si è trattato innanzi tutto di capire clic cosa fosse questa tradizione, se era ancora possibile dare un senso alla Commedia dell'Arte, all' improvvisazione, dì cui sentivo tanto parlare. La napoletanità implica pei- lo meno il vivere a Napoli. Io questo non l'ho avuto: sono nato e cresciuto a Roma, il napoletano l'ho dovuto imparare. Ora sto cercando di vedere clie cosa sono io per questo teatro... Luca è orgoglioso di non dover imporre nulla agli attori della sua compagnia, di dar loro completa libertà. Dice: «Oggi il rapporto che si dovrebbe instaurare tra attore e personaggio, attore e autore, è un rapporto di parità. L' attore deve lavorare con la propria intelligenza, senza rispettare le direttive del regista e dell'autore. Deve formarsi una coscienza dello spettacolo in generale, capire che non è uno che serve se stesso, ma il proprio personaggio, le parole dell'autore». «C'è molto egoismo da par-, te degli attori Italiani — cón(irtua Luca —. Pensano a sé sulla scena e non a quello che arriverà al pubblico In due ore di rappresentazione. E' una mentalità che si forma col procedere della carriera. In Italia l'attore non sceglie una strada, tende ad essere molto superficiale nelle scelte, a diventare attore stagionale. La tendenza del teatro è di stare tre giorni in ogni città, fare in media duecento chilometri al giorno. Come si può, in questo modo, lavorile il rapporto dell'attore col testo?». Anclie le parole di Luca De Filippo escludono la presenza del regista, dominatore assoluto del teatro negli ultimi trentanni. Sta crollando un' istituzione? Speriamo però die non s'ingrossi la fila dei Sarchiaponi nella notte di Natale a Napoli. Osvaldo Guerrieri } e i i a V è o o , a I .tica De Filippo: «L'attore deve lavorare in libertà»

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