Amleto socialista

Amleto socialista MARXISMO, I GUAI DELLA PALINGENESI Amleto socialista L'anno da poco finito ha accumulalo tanti scritti su Marx c il marxismo che può sembrare ridondante tornare ancora sul tema. Ma il libro di Domenico Settembrini — Una idea alla conquista del mondo (Giordano ed., Cosenza) —, che tormentate - vicende editoriali fanno giungere solo ora in libreria, è così stuzzicante da far superare la reazione di rigetto per sazietà. L'autore ha pensato il volume come seconda parte del suo Labirinto marxista, pubblicato da Rizzoli nel '75. Esso ne conserva quindi la struttura: un'intraduzione generale, ami segue un'antologia ragionata di testi, con introduzioni e commenti specifici. Risulta così una storia documentata dei dibattiti ideologici marxisti, che va dalle polemiche di fine Ottocento tra ortodossi e revisionisti sino a Stalin. ' Settembrini aveva già erbolato la sua chiave interpretativa nell'ultimo decennio, con scritti che hanno contribuito, tra noi, a rompere l'acritica e quasi indiscussa egemonia ideologica ilei marxismo. Egli ha infatti mostrato, oltre l'arcaicità della nozione marxiana di valore-lavoro, che in Marx c'è la presenza contraddittoria sia di un' istanza illuministico-scientifica sia di un'esigenza gnostico-religiosa tli totale rigenerazione terrena dell'umanità. E fu tale antinomia che lo portò a formulare profezie, tutte fallite, sul realizzarsi di un mondo incommensurabile con quello esistente-. -La contraddizione venne ereditata dai suoi seguaci. La promessa di un mondo senza classi, diseguaglianzc, sfruttamento, la quale aveva attirato al marxismo il movimento operaio, andava realizzata. Ma realizzarla, essendo impossibile adeguare la realtà a un progetto ch'era il «totalmente altro», significava fate i conti con gli aspetti effettivi del reale e snaturare quindi, il progetto originario. La storia del marxismo è l'insieme delle «metamorfosi» attuate dai marxisti «per venire a capò di'qucslo probloftta rigore insob&ih>l><*, 11 libro di Settembrini acquista così un valore particolare proprio perché compare dopo che si sono chiuse le celebrazioni del cenrenario della morte di Marx. In Italia, esse sono state segnate dal tono spento (inimmaginabile pochi anni fa) dei j cclcbratori comunisti. Di fronte al fallimento delle varie metamorfosi dell'idea marxiana, brancolanti alla ricerca di una. «terza via» —che sarebbe anch' essa risposta al problema insolubile — i cclcbratori più intelligenti hanno cercato di salvare faccia c fede. «Liberiamo Marx dal marxismo»; «Con Marx oltre i marxismi»: con questi appelli e con •gli sforzi per dimostrare «che Marx non è siato capilo, è stato anzi malignamente trarisalo e distorto da tutti quelli che hanno operato in suo nome», si è tentato di giustificare il fallimento del solo socialismo realizzato, che ha attuato lutto fuorché il promesso regno della libertà. Si spera cosi di tener viva quella certezza — che il capitalismo è il male e solo dalla sua abolizione verrà la rigenerazione terrena dell'uomo —, senza la quale il comunista perderebbe la propria identità genetica. Settembrini confuta puntualmente tale tesi. I fallimenti del marxismo non sono dovuti a incomprensioni, infedeltà o tradimenti dei seguaci verso il maestro, benché la storia di esso sia piena di simili accuse reciproche. Se non resta puramente fantastico, un progetto di ristrutturazione della realtà secondo i nostri valori deve trasformarsi per poter fare presa sulla realtà quale essa è: i marxismi non sono quindi tradimenti dell'idea marxiana, ma 1' inevitabile passaggio di essa dalla teoria alla pratica. Se quest'ultima s'è risolta in disastri, non si può credere che la salvezza stia nel ritorno alla teoria originaria, perché proprio là era già impressa l'alternativa tra il «lasciarsi riassorbire dal liberalismo democratico borghese» (si pensi alla condanna marxiana, dopo il 1871, dell' anarchismo di Bakunin) e l'abbandonarsi «alla logica populistico-totalitaria, di cui era stata dotata dal suo creatore, in previsione appunto che non vi fosse altra strada per imporla al mondo». Risulta così un quadro unitario delle vicende storiche dell' ideologia marxista. Avanti la prima guerra mondiale, dalla divergenza tra le vie dell'ortodossia di Kautsky e del riformismo di Bernstcin, Turati o Jaurès, sino al continuo fiorire dei «revisionismi di sinistra» (leninismo, trockismo, sindacalismo francese c italiano, mussolinismo), sempre il marxismo oscillò tra opposte alternative, più o meno aderenti alla realtà, ma tutte legate alla fede nell' inevitabile catastrofe del capitalismo. Le idee condizionano la storia, ma non la determinano necessariamente, perché certe svolte dipendono da eventi imprevisti o da singoli uomini. Fu questo il caso della rivoluzione' che sfondò nel paese più arretrato d'Europa grazie al conflitto mondiale ed a Lenin. E tu in virtù di essa che si riunifìcarono le strade prima divergenti del marxismo. Ma, proprio per la teoria originaria, l'unificazione portò fatalmente, nel marxismo postbellico, allo «sviluppo dei germi di populismo, e quindi di nazionalismo, in esso presenti sin dalle origini». Ne scapitarono le componenti più occidentali e moderne del marxismo, a cui pur avevano guardato i riformisti di destra, attenti alla rjatura reale dello sviluppo economico. Ma, come essi non avevano mai rinunciato, nonostante le aperture, alla fede anticapitalista, così anche il socialismo tra le due guerre non osò, eterno Amleto, varcare il limite che lo separava dal.rifpfmismo borghese. In tal modo, la realizzazione, storicai ■dell'idea marxiana si legò inevitabilmente al paese in cui era avvenuta. Dal primato leniniano del partito sulla classe si passò al «primato mondiale» del primo paese socialista della storia. E tale primato ha come suo adempimento — e non come «degenerazione» — lo sbocco totalitario. Già nel 1936, Otto Bauer vedeva che o si segue la strada del totalitarismo o si rinuncia per sempre «a realizzare vii ideali della cultura rivolimonarla». Le pagine di Settembrini fanno nascere la domanda sul perché tanti uomini continuino nell'illusione che confonde gli ideali di giustizia con il sogno che li fa realizzabili solo attraverso la rivoluzione. Forse ciò avgrr avviene perché il sogno della rivoluzione è consolatorio e toglie dall'impegno gravoso delle realizzazioni parziali e ininterrotte dell'ideale di giustizia. Ma anche la consolazione può essere illusoria. Settembrini, da buon storico, osserva quanta presa abbiano avuto il populismo e il nazionalismo rivoluzionari nei paesi del terzo mondo sostenuti e potenziati dal socialismo reale. E si chiede che cosa resterebbe in piedi del mondo della civiltà «senza aggettivi» (in aii vive anche 1' ideale di giustizia) se, fallito il tentativo di mettere per essi in moto il processo di industrializzazione senza la simbiosi, ritenuta parassitaria, con il capitalismo, la «sfida del populismo mondiale all'Occidente dovesse trionfare lo stesso». E' un interrogativo che dovrebbe turbare anche i consueti ottimismi dell'inizio d'anno, almeno quanto il timore di una strage nucleare. Francesco Barone

Luoghi citati: Cosenza, Europa, Italia