I «signori 15 per cento» in Sicilia sono certi che Azzaro non ha prove di Guido Rampoldi

I «signori 15 per cento» in Sicilia sono certi che Azzaro non ha prove Il vicepresidente della Camera sarà interrogato dal giudice Pajno sulle tangenti I «signori 15 per cento» in Sicilia sono certi che Azzaro non ha prove L'esponente de ammette: «Fare nomi sarebbe riduttivo e se avessi prove contro qualcuno lo avrei già denunciato» - Aggiunge: «Sono solo la modesta voce di tanta gente che non ne può più» -1 socialisti: «E* un democristiano pentito» - Il pg Viola: «Bisogna cambiare la legge e favorire chi denuncia di avere pagato» DAL NOSTRO INVIATO PALERMO — Adesso le vecchie volpi della politica siciliana attendono il vicepresidente della Camera, Giuseppe Azzaro, alla prova dei fatti, nella previsione che ne uscirà sconfitto. Chi sono I ••signori quindici per cento» della Regione siciliana?, domanderà ad Azzaro il procuratore di Palermo, Vincenzo Pajno, in un giorno alla fine di questa settimana o all'inizio della prossima. Ed Azzaro si troverà nel dilemma: se fa i nomi degli imprenditori che, aveva dichiarato in un'intervista a L'Ora di Palermo, sono costretti a gonfiare 1 preventivi per coprire il costo della tangente, questi saranno chiamati a confermare con il pericolo di finire in cella per corruzione; se invece si manterrà sul generico, quella parte àeWestablisliement che non ha gradito i toni drammalici della sua denuncia lo iscriverà tra i denigratori della Sicilia, o, peggio, tra gl'interessati spargitori di ombre. Azzaro ha gettato un sasso nello stagno, ma ora rischia schizzi di mota. Sarà anche per questo se comincia a sentire il fastidio dei riflettori. Dal suo ufficio di Montecitorio dice con un filo di amarezza: «Non vedo l'ora di uscire di scena, non ho la vocazione del protagonista. Sono solo la modesta voce di tanta gente die non ne può più-. E 1 nomi, i fatti, le circostanze che pretendono a Palermo? Quali politici dovrebbero andarsene? «Fare dei nomi sarebbe riduttivo, diventerebbe tutto un pettegolerò, e se avessi prove contro qualcuno l'avrei già denunciato. Mettiamo poi clic parlassi di un tale: tutti direbbero, ecco, voleva colpire Tizio, la sua corrente-. Ma la Palermo politica ha già istruito il processo alle intenzioni. Come mai, ci, si chiede nei corridoi, questo democristiano di Caltagirohe, cresciuto nella corrente del controverso Giovanni Gioia, scopre nel 1984 che in Sicilia i partili, il suo partito, tollerano un sistema di corruzione favorevole all'infiltrazione della mafia? Contro chi è mirata questa sortita, in una de che con le consuete effervescenze si prepara al Congresso nazionale? E ancora: si sottolinea la coincidenza tra il suo intervento e il mandato di comparizione al presidente della Giunta, Santi Nicita, per una storia vecchia di dodici anni che ha funzionato come una bomba ad orologeria ed è esplosa al momento giusto, facendo cadere il governo regionale. Nella Sicilia dei Gattopardi e dei bizantinismi estremi anche le parole di fuoco pronunciale da Azzaro finiscono invischiate in qucsli ragionamenti. Lui, comunque, non ha de posto il cannone e adesso spara ad alzo zero sulla de si ciliana. Ci dice da Montecitorio, con impeto: «J>i Sicilia la democrazia cristiana va rinnovata completamente, bisogna azzerare tutto, tutte le incrostazioni die esistono. Oppure la situazione non cambierà». E spiega: «In Sicilia il gioco delle correnti è talmente chiuso die la selezione passa attraverso questo meccanismo .lutale. Ne risulta una specie di spinta distruttiva attivata dall'interno. Una "selezione dei peggiori", per usare la definizione di uno storico a proposito della Roma del Basso Impero». Queste asprezze verso la de siciliana mitigano il malumore negli altri partiti di maggioranza, irritati perchè la denuncia di Azzaro non risparmia nessuno. I socialisti tendono ad inquadrarla come questione interna alla de, e il segretario regionale Anselmo Guarraci ironizza: il vicepresidente della Camera sarebbe un democristiano «pentito-. «Afa pentito di die?-, ribatte secifato, Azzaro, e dice: -No parlato quando l'ho ritenuto opportuno. Tanta gente era venula a raccontarmi nell'anonimato di aver ricevuto pressioni. E già un anno fa, al convegno della de sulla mafia, denunciai l'attivismo dei comitati d'affari. Mi si oppose una congiura del silenzio? Non so, dico solo die non ci furono reazioni. Ora parlo come vicepresidente della Camera, ma soprattutto la mia voce cade in una situazione drammatica. Ma ci si è accorti che a Catania la mafia Ita ammazzato un giornalista, che li si parla di "terzo livello" mafioso?». La vecchia guardia democristiana in Sicilia, un anno ia come oggi, ha preferito lasciar cadere nel silenzio que¬ ste dichiarazioni provocatorie. Tacciono 1 signori delle tessere, Lima e Gullotti, padri immobili de) partito nell'Isola; tace Luigi Gioia, capogruppo del (anfanimi! nella Sicilia Occidentale (Azzaro appartiene all'altro spezzone della corrente, i fanfaniani della Sicilia Orientale). Quella de che il vicepresidente della Camera vorrebbe rifondare ha fatto i suoi conti e ha capito che Azzaro non potrà fornire al giudice elementi certi per avvalorare la sua analisi. Neppure Vincenzo Pajno, procuratore di Palermo, pare attendersi granché dall'indagine preliminare aperta in seguito alle dichiarazioni di Azzaro. Dice in base all'esperienza: -Questa storia delle tangenti l'abbiamo già valutata, come ipotesi generica, sulla base di qualdic esposto anonimo. Ma prove concrete non siamo riusciti ad ottenerle. Sul piano dell'illecito amministrativo le dicerie sono facili, ma la prova è difficile da raggiungere, per via della "normativa che crea di fatto una solidarietà tra corrotto e corruttore». E11 procuratore generale Viola: «L'ostacolo più diffìcile da superare è il codice, se viene da me un imprenditore e dice: ho pagato una tangente ad X, fa harakiri, perchè io sono costretto ad arrestarlo. Bisognerebbe cambiare la legge». Guido Rampoldi