I cinque anni di Scià Khomeini di Mimmo Candito

1 cinque anni di Scià Khomeini Il 16 gennaio del 79 Reza Pahlavi lasciava l'Iran: oggi la rivoluzione islamica si è trasformata in nuovo assolutismo 1 cinque anni di Scià Khomeini Dopo la partenza del sovrano del Trono del Pavone il primo ministro Bakhtiar tentò di difendere un'economia e uno sviluppo sociale legati all'Occidente ma fu travolto dai «pasdaran» - Nello scontro tra nuovo e antico, contro la logica di tutte ìe altre rivolte popolari, ha vinto l'antico - L'esercito è impegnato nella guerra con l'Iraq e il potere del vecchio Imam è ormai totale Quando lo Scià se ne parti da Teheran, cinque anni fa ieri, la rivoluzione di Allah, non aveva ancora vinto. I massacri erano cominciati, e Shapur Bakhtiar tentava V ultimo dialogo; ma sembrava, illusione di Orienti lontani che la sommossa popolare potesse battere uno degli eserciti più forti del mondo. E gl'Immortali, la guardia di Reza Palliavi, marciava pelle strade di Teheran mostrando in corteo i suoi carri armati, i cannoni, la disciplina infrangibile delle squadre addestrate dai marines alla razionalità fulminea della guerra moderna. Nuovo e antico stavano ancora di fronte. E più che categorie dello spirito, erano materia concreta di vita: 1' esercito, le strutture politiche, la scorza di potere, il regime (contraddittorio e assolutista, ma autentico) d'un Paese arretrato che a passi lunghi muoveva verso la soglia modernizzante dell'industrializzazione; contro la folla a mani nude (c'erano i bastoni e i kalashnikov, certo, ma poco contava di fronte alla fede) d'un mondo stritolato dalla fine troppo rapida d'ogni certezza e, perciò, votato ciecamente a recuperare nel passato le radici dell' identità perduta. Erano nuovo e antico, come in ogni rivoluzione. Ma questa volta l'intrico legava passato e futuro lungo percorsi stranamente rovesciali, rispetto al corso che solitamente hanno le rivolte dei popoli oppressi, La rivoluzione stava nel passato d'una società conladina, dove Aliali 6 grande e l'Islam guida le sorti del mondo. I missili invece, le torri del petrolio, l'industrializzazione diffusa, le tentazioni elettroniche del bazar — il nuovo, insomma — erano solo la colonizzazione modernista dell'Occidente. Tra l'un mondo e l'altro non v'erano possibilità di coesistenza; o almeno cosi diceva la rivoluzione, fondandovi la propria forza. In realtà l'aereo dello Scià che si alzava verso la neve lontana delle montagne d'Alborz recava ancora la speranza d'una ricucitura. Bakhtiar doveva salvare il compromesso, e dietro di lui sta- va Wall Street e l'intera I pstruttura' economica dell'Occidente: lo shock d'una rivoluzione musulmana nell'ultima fine del secolo ventesimo scuoteva ancora 1 mercati increduli del capitalismo industriale, che si vedeva precipitato bruscamente nella notte di tempi scomparsi ormai dalla memoria collettiva. La rotta del petrolio era vitale e oticoscgcecocib per lo sviluppo dell'economia, e andava preservata contro ogni rischio; ma alla fine il' timore d'un crollo appariva comunque impossibile, nello scetticismo razionale che seguiva la crisi iraniana con le certezze derivate dalla forza concreta dei cannoni d'acciaio e delle ciminiere accese. Però quando, il primo febbraio di cinque anni fa, alle nove del mattino limpido di Teheran, dalle stesse cime d' Alborz si vide spuntare il Jumbo che riportava In patria Khomeini, la storia si spaccò definitivamente. E consegnò l'Iran alla rivoluzione del credenti, Era una rivoluzione che trionfava, prima stentatamente poi con un dominio incontrastato del Paese e delle opposizioni. Ma dentro la sua vittoria portava anche i germi della tormentata gestione che ne sarebbe seguita, tra tensioni sociali e potere clericale sempre più dominante. S'iniziò il tempo del Terrore, come nella storia d'ogni rivoluzione. I mullah, la sharia, il chador sono l'immagine che in questi cinque anni 1' Iran ha trasmesso di sé al mondo esterno; la barba bianca del profeta 6 diventala il simbolo declinante d'un mondo arcaico che sconta nella repressione più dura le contraddizioni d'una dottrina medievale dello Stato. Molto c'é di vero, certamente, anche se molto fa parte d'un •impaccio occidentale- (cosi direbbe Edward Said) a cogliere le ragioni sociali e politiche che pure nella rivolta islamica c'erano e a lungo 1' hanno sostenuta. Non vi sono rivoluzioni permanenti. La dinamica del tempo segna i processi di trasformazione della società, costringendo le rivoluzioni talvolta a istituzionalizzarsi, talvolta a fallire i loro obiettivi. Questa Iraniana è ormai un regime chiuso, una casta di potere che ha promosso in una struttura rigida di controllo della società iraniana le forze che hanno prevalso nello scontro tra le molte tendenze coagulate dall'opposizione allo Scià. Il regime pare anche aver consolidato 11 suo futuro, dopo aver sterminato ogni dinamica politica d'opposizione. Le strutture istituzionali e gli organismi •rivoluzionari» creati in questi anni mostrano oggi una quota reale d'autorità, esercitata in modo credibile attraverso la litta rete di collegamenti che unisce lo Stato e le comunità islamiche di base. La normalizzazione si direbbe compiuta, e il grosso sbandamento provocato dall'attentato a Behcsti ha tinilo per essere una verifica della capacità del regime di autoriprodursi, conservandosi a se stesso an che dopo la morte violenta dei suoi più alti rappresentanti. Per Khomeini, capo dello Stato a 85 anni d'età, malan dato di cuore e sempre più solo nei suoi appartamenti sorvegliati da una guardia severa di pasdaran fedelissimi, il problema non è tanto d'una morte violenta quanto d' una successione inevitabile. Il corso della rivoluzione, ora che lincile 1 comunisti del Tudeli sono stali incarcerati e giustiziati, s'avvia lungo tracciati assai meno segnati dalla tensione antiamericana: il Grande Satana , anzi, non sembra più stare a Washington, ma a Mosca. E il delfino designato dell'Imam, l'ayatollah Husseinali Montazeri, lancia segnali che l'Occidente mostra d'aver già raccolto. Vi sono troppe tensioni nel Gollo, e troppi interessi coinvolti, perché si abbia già certezza definitiva di questo nuovo corso. Ma le importazioni dell'Iran dagli Usa (in gran parte attraverso società clic hanno sede in Dubai, a Singapore e Amsterdam) hanno superato nell'83 il miliardo di dollari, e nessun intervento del Congresso ha bloccato «Ificacemente il commercio di armi americane che rifornisce gli eserciti iraniani dalla Corea del Sud e da Israele. Il conflitto con 1' Iraq dissangua il Paese; ma tiene impegnato al fronte il potere militare, e facilita il controllo d'una società costretta alla crisi dalle ragioni della guerra. Per questo, é destinato ancora a duraic. Il dopo-Khomeini, dunque, 6 già cominciato. E' una fase lunga di transizione, destina-, la probabilmente a durare per tutto il tempo che il vecchio Imam resterà in vita. Sarà un tempo ancora di contrasti, comunque: perché le correnti che dall'interno del regime si battono per conquistarsi l'eredità del potere assoluto che oggi é di Khomeini debbono muoversi in una società segnata dalle difficoltà della crisi e dalle tensioni della fede. La scelta delle alleanze si fa rischiosa, ogni tattica deve subire il calcolo d'un potenziale attacco del Gran Vecchio, che da Qom si muove ancora come il mediatore delle tendenze in contrasto. E non vi sono certezze alle quali appoggiare le speranze dell'azione politica. Da Pargi Baili Sadr dice clic Khomeini è un angelo trasformatosi in diavolo. Come a recuperare alla rivoluzione vittoriosa le ragioni storiche del suo trionfo .-impossibile... cinque anni fa. Amareggiato, lontano da quanto avviene nel suo apese, l'ex Presidente tenta comunque di trovare il senso politico d'uno scontro che oppose il regime dello Scià alla rivolta islamica del popolo; e assegna esclusivamente all' Imam le responsabilità del fallimento delle speranze. La memoria di quanto é avvenuto nei cinque anni passati ieri dalla partenza di quell'aereo, in una città che scandiva nei suoi cortei fanatici il grido di •Morie allo Scià», si trova costretta a spingersi oltre il giudizio riduttivo di Bani Sadr. Oggi che Reza Palliavi é morto senza trono, ma che sono morti anche migliaia d'iraniani che alla rivoluzione islamica avevano creduto come alla liberazione dalla dittatura, il tempo delle assoluzioni complici sembra inaccettabile. La politica torna forse a Teheran, ma si porta dietro una lunga catena di cadaveri. Mimmo Candito