Tra quei bellimbusti da opera buffa solo la Borboni fa rivivere Farquhar
Tra quei bellimbusti da opera buffa solo la Borboni fa rivivere Farquhar Laiido Buzzanca all'Alfieri nella commedia diretta da De Sosio per Venetoteatro Tra quei bellimbusti da opera buffa solo la Borboni fa rivivere Farquhar TORINO — Ho la netta impressione che Lo stratagemma dei bellimbusti, proposto l'altra sera all'Alfieri da Venetoteatro, regia di Gianfranco De Bosio, non abbia nulla a che fare con l'omonima commedia di quello straordinario talento che fu J/irlandeseGeorge Farquhar. Non sono affatto turbalo ■dall'éssermi trovato dinanzi ad Una traduzione-adattamento (di un valente collega, Mario Roberto Cimnaghi); né mi disturba che dalla provincia angloirlandese qualcuno abbia deciso di trasferire l'azione tra Ferrara e Venezia, In una celebre stazione di posta settecentesca, quella di Fosson dì Loreo. Ciò, anzi, mi ha permesso di godere del poco di buono che codesto allestimento ofire: la deliziosa, come sempre, scenografia di quel talento raro e poetico ch'è Lele Luzzati, lutto un collage di venete pitture d'interno ed esterno, da Carpaccio al Bellotto, che di per sé, nella sua dolce suggestione visiva, si vorrebbe poter quietamente rimirare. Ma ciò che De Bosio vi ha introdotto e fatto agire mi sembra francamente tutt'altra cosa dal testo originale: che è uno squarcio, scanzona¬ to fin che si vuole, certo assai comico, di livido realismo, un ruvido abbozzò di impietosa satira del degrado morale dlj borghesia e aristocrazia di campagna, specchio sin troppo nitido delle omologhe classi cittadine. Come non avvertire, _ alla semplice lettura del testo, il tanfo,.,tl«fla rorriWlrim che ammorba t quell'osteria d'apertura, gran crocevia e bordello d'intrighi di varia natura e livello; e, in parallelo, l'atmosfera claustrofobica di quel castclluccio di campagna, in cui coniugate, nubili, fantesche soffocano in attesa del maschio liberatore? Allestire Farquhar vuol dire ricreare in scena questi afrori, che la speditezza di un dialogo smagliante non rimuove, semmai amaramente accentua; vuol dire far rivivere, in carne ed ossa, sul palcoscenico, le stesse sagome, aguzze e deformi, di canonici sacrileghi, gentiluomini stupratori, tagliaborse e bari, che popolano le incisioni di quel graffiante quasi contemporaneo che fu William Hogarth. Con De Bosio siamo, invece, in clima da opera bulla, tra Goldoni e il Buranello: qualunque intenzione realistica va a 'farsi benedire e della commedia-scherzo, subito al tinnente incredibile, non rimane che il 'nudo Intreccio, quel rincorrere gruzzolo e dote insperati da parte dei due speranzosi pluy-boys del titolo, via tutte le punte polémiche, neppure quell'Idea (scaiv dalosa per 1 tempi) della sepa c rfinwiu>ualr.,anzi del consensuale annullaménto del matrimonio, la si riesce a percepire in tutta la sua fosca gravità. Gli attori assecondano il regista nella sua ipotesi di glo cosa commedia per musica, con franca, goliardica speditezza, cbn una ostentata ricerca dell'effetto per l'effetto, con una rotondità di accenti e gesti che vuol esser ad ogni costo placevolona. Lancio Buzzanca, che è uno dei due bcaux del titolo, in carna alla perfezione (si la per dire) le intenzioni del regista: senza stare a citare 1 supi compagni (stavolta non mi pare il caso) dirò che al loro manieristico prodigarsi ho preferito I dieci minuti di puro realismo farquhariano offerti, a contrasto, dalla straordinaria tensione vitale della signora Paola Borboni. Guido Davico Bonino Paola Borboni: dieci minuti di esibizione, da maestra
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