Roma, le mani sull'arte

Roma, le mani sull'arte POLEMICHE E INTERROGATIVI SULLA GALLERIA D'ARTE MODERNA Roma, le mani sull'arte La notizia secondo cui l'istituto resterà chiuso alcuni anni per restauri riaccende il dibattito con insolita asprezza - Si indaga sui lavori già costati cifre enormi, si discutono decenni di acquisti - Ma quanti altri grandi musei della capitale sono chiusi o in pericolo o sede di mostre indegne? • Mezzo secolo di errori L'annuncio dei soprintendente Dario Durbè che la Galleria nazionale d'arte moderna di Roma, da lui diretta, resterà chiusa per alcuni anni (a causa di restauri dell'edificio) ha riaperto le polemiche di cui l'importante istituto è stato oggetto da molto tempo; e questa i<olta gli interventi si sono succeduti con insolita asprezza. Anche se è impossibile riassumere in questa sede gli articoli e le interviste (ap-' parsi specie su L'Europeo, su la Repubblica e sul Corriere della Sera> è indispensabile rilevare come critiche da un lato e giustificazioni dall'altro abbiano messo in luce taluni deplorevoli aspetti dell' attuale situazione, che è quella ereditata dal lunghissimo periodo in cui la Galleria venne diretta da quel discusso personaggio che è Pahìia Ducarelli, oggi pensionata ancltc se tattora presente dietro le quinte. Ad esempio, si sono xmnuti a conoscere molti e significativi dettagli relativi a(/'ampliamenlo della Galleria stessa; grazie alla precisa indagine di Antonello Trombadori (vedi la Repubblica del 27 dicembre) si sa ora che tali lavori (che fanno pensare alla proverbiale Fabbrica di San Pietro^ sono già costati al contribuente cifre enormi, sema che il capitolo finale sia mai apparso all' orizzonte. Si è anche appreso die a intercedere presso uomini politici e presso il Parlamento affinché tali somme (miliardi e miliardi) venissero stanziate è stato sempre Giulio Carlo Argon. In realtà, l'unico e solo risultato di siffatta interminabile impresa (per la quale un'indagine parlamentare sarebbe quanto mai opportuna, come suggerisce lo stesso Trombadori) è che la Bucareili, sebbene andata in pensione nel lontano 1975, continua a dirigerla e continua (quantunque . risulti, pronrictaria, di vari alloggi), a occupare un faraonico appartamento nella Galleria stessa, del quale nessuno conosce con esattezza la superficie e la consistenza. C'è chi parla di nove, altri di dodici grandi vani; a ogni buon conto,' un'interrogazione parlamentare in proposito da parte dell'on. Costumagna (de) nel 1977 fu insabbiata e non sorti risposta alcuna. Oggi c'è chi sostiene che, al fine di non disturbare la pensionata Bucareili, è stata varata in silenzio una leggina, per cui l'appartamento stesso è stato scorporalo dalla Galleria, divenendo semplicemente alloggio demaniale esente dalla possibilità di sfratti. Se tale voce è vera (io la riporto per dovere d'informazione) sarebbe interessante sapere chi hq proposto la legge c quali parliti l'abbiano approvata. L'altro aspetto messo in luce dalle attuali polemiche e relativo alla pluridecennale gestione bucarelliana della Galleria è quello die concerne gli acquisti delle opere d'arte. E' ovvio che si tratta di una questione molto delicata, perché in una galleria statale le scelte (oltre a costituire un'arma di potere) sono, sebbene indirettamente, legate a fatti pubblicitari, quindi commerciali. Le spese E'anche ovvio che una galleria nazionale dovrebbe effettuare gli acquisti soltanto in base a criteri di qualità e di significato storico, accrescendosi in modo da rappresentare tutte le correnti. Ma una semplice visita alle tristissime sale della Galleria è sufficiente a provare che per decenni gli acquisti sono stati effettuati senza un piano preciso, che non fosse quello discriminante, dal quale sono state privilegiale le tendenze non figurative dell' arte contemporanea (secondo principi di cui, a detta della voce comune, / ispiratore sarebbe Giulio Carlo Argon). Ma ora si è venuti a conoscenza del fatto che molte delle opere più significative dell'arie italiana del Secolo XX presenti nella Galleria (tra cui pezzi assai notevoli di Carrà e del Martini) non appartengono neppure alle sue raccolte, essendo state, concesse in prestito dalla Galleria comunale di Roma. Ci si chiede allora perché mai, in una situazione del genere, l'odierna pensionata Bucareili. invece di acquistare dipinti e sculture italiani, abbia speso somme non indifferenti per quadri stranieri, quasi tutti di livello secondario. Contrariamente alle afferj mozioni della responsabile in un'intervista rilasciata all' edizione romana del Corriere della Sera del 4 gennaio, si tratta di un mediocre Afone/, di un Van Gogh del quale esìstono altre due o tre versioni, di un acquarello a due facce di Cézanne, cose dunque assai modeste, ma pagate prezzi con i quali molte delle lacune della Galleria nel campo italiano avrebbero potuto essere colmate. Il solo dipinto degno di nota, i Cacciatori di Gustare Courbet, pervenne alla Galleria perché, raffigurando un uomo die percuote un cane, non sarebbe mai stato vendibile in America: si è trattato dunque di una vera e propria vicenda di dumping, ed è anche evidente che gli strombazzati acquisti di capolavori francesi non sono stati effettuati in base a un indiriz¬ zo meditato e razionale, sibbene rispondendo a quel che offrivano i mercanti d'arte. C'è poi da dire die negli anni della Bucareili ci fu in Italia un dipinto eccezionale che passò in vendita, ma la Gulleria nazionale non sembra essersi accorta della sua esistenza. E' il bellissimo Giardiniere di Van Gogh, che si dice appartenga oggi a Sereno Frealo; quando poi il successore della Bucareili, il prof. Italo Faldi, cercò di farlo acquistare allo Stato (e per un prezzo d'occasione) egli venne perentoriamente invitato a desistere sull'argomento da parte delle superiori autorità. Ma su tale oscuro e sconcertante episodio si veda La Stampa del 9 novembre e 23 novembre 1980; per dovere d' informazione dirò che negli ambienti internazionali più ' qualificati si afferma (ed è voce sorla in questi ultimi giorni) che il Giardiniere di Van Gogh (l'ultimo capolavoro dell'artista ancora in mani privale) è stato comprato da una fondazione americana alla quale, dopo un periodo a bagnomaria, il preziosissimo dipinto finirebbe con l'approdare. Considerando però con obiettività il rumore sollevato dall'annuncio del soprintendente Durbè, bisogna riconoscere che esso è esagera¬ to se non ingiustificato. La chiusura, si dice temporanea, della Galleria d'arte moderna non è che l'ultimo capitolo di una vera e propria liquidazione di musei e gallerie della capitale; anzi, il penultimo, visto che è ora crollata anche una parte della volta del Lanfranco nella Galleria Borghese, nella sala die ospita i capolavori del Caravaggio. Non si comprende il perché di tanta emozione per la Galleria d'arte moderna ■ quando la Galleria nazionale d'arte antica attende dal 1950 che si liberi la sua nuova sede. Palazzo Barberini, occupato abusivamente per più di metà da un circolo di militari; quando il Museo nazionale non lo si vede da molto tempo (anche li crollò una volta guastando un capolavoro della scultura antica) mentre si tenta di smembrarlo con il folle progetto di spedire al Quirinale una delle sue sezioni più importanti, la Collezione Ludovisi; quando persino la Galleria Spada è stata chiusa, mentre Castel Sant'Angelo, Palazzo Venezia e la Pinacoteca Capitolina vengono usati per mostre e mostriciattole, spesso di inqualificabile livello. In una situazione del genere, ci si chiede chi siano i responsabili: e ci si avvede che i personaggi alla ribalta sono sempre gli stessi, o in vista o dietro le quinte, o come protagonisti o per vìa dei loro allievi, adepti e protetti. E' du quasi mezzo secolo die, a Roma, il potere delle Belle Arti viene gestito dai medesimi nomi, die prima vedemmo in orbace, poi col fazzoletto rosso. Strapotere Jveiia catastrofe attuale, c' è da sperare soltanto che finisca lo strapotere e il monopolio di chi ha accumulato l amministrazione delle Belle Arti, Consiglio superiore. Università, Accademia dei Lincei, ecc. ecc. ecc. C'è da sperare insomma che si possa finalmente considerare chiuso questo capitolo basato sul baronismo, sul pressapochismo. sulla manovra clientelare, sull'improvvisazione. E' impossibile procedere alla medicatura delle ferite aperte nel vivo dei musei di Roma senza die sia lecito dire Riposa in pace! a questi eterni personaggi, che oltre al potere si sono appropriati anche della critica e della contestazione, che sono riusciti a sopravvivere al crollo di regimi, imperi, mentalità, miti; gente cosi abile a incantare gli uomini politici (non importa di quale colore) come incapace di costruire qualcosa di solido, di serio, di realmente utile alla cultura. Federico Zeri Van (Jouli: «Il giardiniere» (particolare). K' slato acquistato da una Tonda/ione americana?

Luoghi citati: America, Castel Sant'angelo, Italia, Roma, Venezia