Scontro aperto nelle università contratto unico: chi lo vuole, chi no di Clemente Granata

Scontro aperto nelle università contratto unico: chi lo vuole, chi no I sindacati confederali l'hanno chiesto, TUspur lo respinge recisamente Scontro aperto nelle università contratto unico: chi lo vuole, chi no Ora i professori universitari sono equiparati ai dirigenti statali - «Meglio soffrire per le dimenticanze dello Stato che avere vantaggi apparenti dalla contrattazione collettiva» - «Il nostro ruolo non è negoziabile» DAL NOSTRO INVIATO ROMA — «No alla sindacalizzazione forzata». «No al contratto, solo la legge ci deve governare». Con comunicati e slogan scende in campo l'Uspur, l'Unione sindacale dei professori universitari di ruolo e afferma di essere decisa a combattere la proposta dei sindacati confederali di regolare con un contratto collettivo l'attività del personale universitario, docente e non docente. La proposta, fatta durante un incontro con il ministro della Funzione pubblica, Remo Gasparl, ha un carattere radicalmente innovativo: sinora la legge, non il contratto, ha regolato il rapporto di lavoro dei professori universitari. Per l'Uspur, che sostiene di raccogliere i consensi della maggioranza dei ventimila professori universitari, la situazione non deve essere modificata: se si lascia spazio alla contrattazione, affidata per di più a sindacati non rappresentativi, può essere lesa l'autonomia dei docenti. Peggio ancora se il contratto è unico. I confederali ribattono: «Noi agiamo secondo le indicazioni delle riforme». Uno dei punti di riferimento della delicata questione è la legge-quadro del pubblico impiego (marzo 1983). Essa ha esteso il principio della contrattazione triennale ai pubblici dipendenti a eccezione di alcune categorie come militari, diplomatici, magistrati, dirigenti statali e «assimilati». Non si parla di docenti universitari, ma, secondo l'Uspur, essi rientrano nella categoria degli «assimilati... Perché? «Per due motivi — risponde il prof. Carlo Alberto Mastrelli, glottologo, segretario nazionale dell'Unione —: 1) c'è una sentenza della Corte Costituzionale (1975), la quale precisa che professori universitari e dirigenti sfatali fiatino "identico potenzialità di svi^foppo di carriera" e quindi, se la contrattazione non vale per gli uni, non vale neppure per gli altri; 2) in base ai principi della Costituzione l'insegnamento universitario riveste un ruolo primario nello Stato e, come tale, il suo regolamento non può essere il frutto di una trattativa». «A questo punto — aggiunge Mastrelli — noi preferiamo magari anche soffrire per la dimenticanza dello Stato, piuttosto che avere vantaggi immediati derivanti dalla contrattazione: vantaggi che sono destinati a rivelarsi solo apparenti». Mastrelli sottolinea che una slmile impostazione si riscontra anche in altre democrazie occidentali. La Corte Suprema degli Stati Uniti respinse, per esemplo, la proposta di obbligare la Yeshiva University di New York a sottoporsi alla contrattazione collettiva. «Il professore — sentenziò — è un supermanager». Se tali sono le reazioni, che cosa spinge i sindacati confederali a insistere a favore del contratto? I sindacati rispondono: -Innanzi tutto il comportamento del governo; esso, con alcuni provvedimenti, ha disapplicato il principio dell'equiparazione del professore al dirigente, sicché bisogna tentare di riaggiustare il meccanismo nell'interesse di tutti gli insegnanti». Risposta che può anche apparire sorpren- dente. Il prof. Rino Caputo, della segreteria nazionale Cgilscuola, porta il discorso sul terreno strettamente economico e puntualizza che: 1) la Corte Costituzionale nel 1975 equiparò gli stipendi di dirigenti e professori a condizione che questi ultimi superassero concorsi a numero chiuso e adottassero il tempo pieno (condizione, quest'ultima, che non si è ancora realizzata): 2) nel 1980 la legge 382 agganciò la carriera del professore a quella del dirigente e stabili, in particolare, che il docente al 16" anno d'anzianità fosse equiparalo all'ambasciatore : 3) la stessa legge inserì in un ruolo unico due fasce di docenti: ordinari e associati e lasciò il professore libero di scegliere il tempo pieno: 4) nel 1982 il governo emanò un decreto-legge assegnando agli ambasciatori particolari aumenti economici senza estenderli ai docenti con 16 anni di anzianità, il che costituì una grave disparità di trattamento; 5) un nuovo disegno'di legge ripristina l'aggancio con In dirigenza statale, ma favorisce, nei fatti, soltanto 1 professori anziani (circa 1500) trascurando gli altri e In particolare gli associati. Secondo i sindacati siamo di fronte a un cumulo di incongruenze, contraddizioni ed errori, sicché si rende necessario disciplinare in modo organico tutta la materia. Dice Caputo: «Non siamo affezionati alle questioni di principio: contratto sì, contratto no. Pensiamo soltanto che la trattativa costituisca lo strumento migliore per realizzare quell'obiettivo. Del resto noi puntiamo alla parte economica, insistiamo sull'opportunità d'incentivare il tempo pieno e di prendere in considerazione, ai fini di un equo trattamento, tutti i docenti, ordinari e associati. Non pretendiamo, quindi, di sostituirci alla sovranità del Parlamento per ciò che riguarda l'inscgnamentoela ricerca-. Parole che non tranquillizzano gli aderenti all'Uspur. Dice Mastrelli: «Certo, i confederali propongono persino di pagarci molto bene, però... Però vogliono rendere automatico il passaggio da professore associato a ordinario, vogliono abolire la titolarità della cattedra, pensano ai dipartimenti con atteggiamenti demagogici; non parlano degli studenti, non parlano di razionalizzare i corsi di laurea. No, non ci siamo. Dicono die abbiamo uno scarso seguilo. Bene. Percìié non facciamo un bel referendum?». Clemente Granata

Persone citate: Caputo, Carlo Alberto, Rino Caputo

Luoghi citati: New York, Roma, Stati Uniti