Quei falsi (splendidi) del Metropolitan di Angelo Dragone

Quei falsi (splendidi) del Metropolitan Lo pseudo-Cellini riapre la polemica sulle opere di «minori» attribuite ai «grandi» Quei falsi (splendidi) del Metropolitan Di tanto in tanto, dall'una all' altra sponda dell'oceano rimbalzano le notizie di clamorose scoperte di false opere d'arte e tanto maggiore è lo scalpore quando a farne le spese sono i grandi musei e gli artisti più famosi. lì'di ieri quella che almeno quarantacinque oggetti e opere d' arte del Metropolitan Museum di New York, già attribuiti ai più bei nomi del Rinascimento, non sono che delle contraffazioni e tra queste anche la famosa coppa nota come la Saliera Rospigliosi del Cellini (1500-.1571). A dire il vero, Sebbene si tratti di un oggetto confortato da una delle più antiche attribuzioni al maestro fiorentino, è significativo che fin dal 1883 la saliera sia sitila esclusa dal catalogo delle opere del Cellini pubblicato da E. l'Ion a Parigi (con un'appendice dell'anno dopo). Im si supponeva tuttavia opera di un orafo antico, mentre ora si è giunti alla conclusione che l'autore dovrebbe esse¬ re identificalo in Reinhold Vasters, operoso ad Aachen, Germania, tra il 1853 e il 1890. Braissimo, al punto che soliamo pochi sarebbero in grado di distinguere le sue imitazioni dalla produzione autentica e originale. In questo caso la scoperta è stata resa possibile dal confronto con i disegni del Vasters conservati al Victoria and Albert Museum di Londra. Per quanto riguarda il Cellini è risaputo che, soprattutto nei depositi di numerosi musei, come in qualche galleria privata, si conservano numerosi piccoli bronzi e targhette, bacili, medaglie e coppe che, pur vantando qualche sostegno critico, non solo risultano privi d'una vera documentazione storiografica, ma si direbbero del tutto estranei ai modi dell'artista. Si calcola che siano almeno duecento questi pezzi che nella maggior parte dei casi non sono però creazione del famoso artefice del Perseo della fiorentina Loggia dei Imixzì e della celeberrima Saliera di Francesco 1 in possesso del Kunsthistoriches Museum di Vienna, ma di suoi imitatori, più o meno consapevoli, soprattutto per quanto riguarda la produzio- ne ottocentesca. A questo proposito può dirsi sintomatico il caso dello scultore Odoardo Fantacchioltì del quale si conoscono due opere soltanto dell'ultimo ventennio della sua vita, mentre uno studioso d'arte antica qual è il Pope-Heimessy ha finito col ritenerlo, motivatamente, autore di alcune sculture pseudoquattrocentesclie. Né fu certo il solo a rivivere nel secolo scorso i fasti di un passato che non cessava di esercitare le sue più vive suggestioni sino a caratterizzare una certa rivisitazione dell'antico, ai limiti della falsificazione, come uno degli aspetti della cultura figurativa ottocentesca. Basterebbe ricordare per tutti Giovanni Baslianini (18301868), pur considerato tra i maggiori protagonisti del mondo della falsificazione, con tutta una sua stereotipa letteratura e il mito del falsario dalle doti artistiche misconosciute, povero e sfruttato, quasi ignaro della spe¬ culazione cui il >,uo lavoro si sarebbe prestalo. Per tornare al Cellini si potrebbe ricordare ancora come nel 1850 la Kumlkammer di Berlino avesse acquistino per mille federìchi d'oro, da un antiquario di Colonia, un Vassoio d'argento di Benvenuto Cellini, che rappresentava una battaglia di Amazzoni. Il pezzo era accompagnato da una nota c erudita') per la quale sarebbe stato realizzato dal Cellini nel 1559 per Ercole d' Este; Nove anni più tardi su una rivista edita a Colonia, /' Organ fiir Chrisdiche Kunst (Organo dell'Arte cristiana), un articolo metteva in evidenza le strane somiglianze del vassoio con altri lavori in argento che appartenevano a Don Carlos, pretendente al trono di Spagna, e che erano opera di un orafo di Tolosa che viveva a landra. Ora è la volta dei Cellini di Vasiers. Ma la storia continua. Angelo Dragone.