Ticino, sogno di fiume azzurro di Giorgio Martinat

Ticino, sogno di fiume azzurro BATTAGLIE VINTE E PROGETTI NEL PARCO CHE COMPIE DIECI ANNI Ticino, sogno di fiume azzurro Correva schiumoso e inquinato dagli scarichi di una delle zone più industrializzate d'Italia - Oggi sulle sue rive ricomparsi uccelli rari e persino la lontra - Un santuario ecologico governato da un'assemblea che rappresenta sono ricomparsi uccelli rari e persino la lontra - Un santuario ecologico governato da un'assemblea che rappresenta quarantasei Comuni - Non si conserva solo la natura, ma anche le testimonianze della storia e della civiltà della valle DAL NOSTRO INVIATO MAGENTA — Perfino la lontra, ormai quasi introvabile in tutta Italia, è ricomparsa sulle rive del Ticino. Le sue impronte palmate, con il segno di cinque dita, sono state notate tra il ponte di barche di Bereguardo e il ponte che congiunge Vigevano con Abbiategrasso, nella sona dove i boschi sono più fitti e le acque più pulite. Gli ultimi censimenti registrano la presema, in media, di ventimila anatre, sulle lanche e sulle marcite lianno ricominciato a volare uccelli rari come i codoni, i fischioni, le canapiglie, i quattrocchi. La valle è di nuovo una tappa delle grandi migrazioni di oclie, cormorani, cicogne, aironi, cavalieri d'Italia. Il Parco del Ticino ha appena compiuto dieci anni. E' del 9 gennaio 1974 la prima legge di tutela ambientale della Regione Lombardia, che poneva il divieto assoluto di caccia, taglio dei boschi e attività edilizia nel vasto comprensorio attorno alle sponde. Nasceva cosi qualcosa di unico nel suo genere Non un parco a difesa di un territorio ecologicamente più o meno intatto, ma di una valle gravemente degradata, da millenni luogo di insediamenti umani e via di traffici intensi. Dieci anni fa, il Ticino correva schiumoso e inquinato dagli scarichi di una delle zone più industrializzate d' Italia; il suo letto era dragato e saccheggiato dalle sca natrici; su un cospicuo patri ?Honio artistico e monumentale abbandonato o in rovina avanzava minacciosa la schiera di seconde case sospinte verso il verde superstite dalla pressione della ^grande Milano-, incombente a meno di trenta chilometri. Un territorio, insomma, in cui le preoccupazioni protezionistiche erano destinate a scontrarsi con uno fitta rete di interessi economici consolidati sui novantaselmlla ettari del comprensorio, lungo un asse di 120 chilometri dal Lago Maggiore al Po, nel 46 Comuni tra cui vere e prò prie città come Pavia, Vigevano, Magenta e Gallarate, per un totale di quasi mezzo milione dì abitanti. L'istituzime in un territo rio cosi densamente popolato di un » santuario ecologico» sull'esempio di quelli che proteggono rigidamente le rive di taluni grandi fiumi americani, dal Potomac al Buffalo, sarebbe stata una velleitaria pazzia. Ma nel 1980, quando il Parco viene definitivamente costituito, lo statuto contiene una norma di grande saggezza: il governo della volle è affidato a un' assemblea dì 101 delegati dei 46 Comuni e delle tre Province interessati. -E' questa, dice il presidente del Consiglio direttivo die l'assemblea esprime, Ambrogio Colombo, da pochi giorni in carica dopo le dimissioni del suo predecessore, Achille Cutrera, al quale si devono la nascita e la crescila del Parco fino ad oggi, che distingue il Ticino e ne fa un caso unico. Non una difesa ' territoriale calata dall'alto, ma la partecipazione popolare alle decisioni». L'assemblea, insomma, è la naturale mediatrice tra radicalismo ecologico e realismo, la camera di compensazione di un mosaico eterogeneo di interessi economici e posizioni politiche: «La gente si è convinta che i vantaggi della protezione, a lungo andare, superano i sacrifici». Si sono vinte, in dieci anni, grosse battaglie. Il presidente Colombo le enumera: «Primo: l'inquinamento. Oggi il Ticino è certamente il fiume meno inquinato d' Italia, anche se non è ancora il "fiume azzurro" di un tempo che noi vorremmo. Lo sarà forse tra un quinquennio, quando saranno stati interamente impiegati i 40 miliardi che la Regione, dietro le nostre Insistenze, ha stanziato per impianti di depurazione.. Secondo: le cave. «Abbiamo eliminato tutte quelle elle scavavano nell'alveo». Erano diciannove, e costituivano il pericolo maggiore: le \ buche sul fondo scagliano mulinelli contro le rive, bisogna difenderle con argini di cemento; ma dall'argine la corrente rimbalza di nuovo sul'altra sponda e rende necessaria una nuova arginwtura, finché il fiume diventa un canale. «Purtroppo, sulla riva opposta la Regione Piemonte non è altrettanto vigilante». Terzo: è stata arrestata V avanzata del cemento. Le norme edilizie sono molto flessibili: si va dai vincoli totali sulle riserve integrali di grande interesse naturalistico o scientifico alle zone urbane, dove l'iniziativa dei Comuni resta sovrana, ma -orientata-: «Sono re costituzionali, tenuti a rispettare il parere vincolante dell'assemblea del Parco». Anche gli insediamenti industriali non sono tassativamente vietati, ma subordinati alla presentazione di un certificato di «compatibilità ambientale». Si disciplina, insomma, lo sviluppo produttivo senza ■ soffocarlo. «Ma ora, prosegue Colombo, vogliamo passare dalla fase negativa del divieti alla fase positiva. Cioè alla realizzazione di strutture che consentano lo sviluppo del Parco, il suo uso sociale». Innanzitutto i resti, cospicui, dell'antica selva planiziale padana. «Bono ventimila ettari di riserva, che comprendono boschi unici non solo in Italia, ma In Europa. Sta per essere ultimato il censimento di tutti gli alberi, affidato all'Università di Pavia. Poi verranno 1 plani di rimboschimento, i programmi per una coltivazione razionale, con indennizzi ai proprietari per il mancato reddito». Ma il parco del Ticino presenta aspetti unici anche per altri versi. La conservazione non riguarda soltanto la natura, ma la storia e la civiltà della valle: dai famosi resti preistorici della cosiddetta «cultura di Golasecca» alle ville sui Navigli, che hanno poco da invidiare a quelle sul Brenta; alle undicimila cascine (un migliaio sono state censite per il loro particolare interesse storico e culturale), ai vecchi mulini documento di un'antica civiltà contadina, ai monumenti del Risorgimento. La stessa sede del Parco, a Magenta, ha "recuperatoVilla Giacobbe, testimonianza, con i suoi muri ancora crivellati dalle pallottole, dell'ultima disperata resistenza austriaca ai francopiemontesi nel 1859. A Morimondo si sta ristrutturando l'edificio attiguo all'abbazia romano-gotica, acquistato dal Comune con il concorso della Regione: ospiterà un museo della storia monastica e dell'agricoltura, poiché furono appunto i monaci, nell' undicesimo secolo, ad iniziare le bonifica delle paludi. Un ^laboratorio della natura- ha già cominciato a funzionare nel Bosco Grande, a pochi chilometri da Pavia; un museo del lavoro nelle cave a Boffalora. A Gambolò, nel castello visconteo, è previsto un museo archeologico. In pratica, molti Comuni della valle avranno il loro mini-museo, per ricordare tutti gli aspetti della vita sul -fiume azzurro- nel corso dei millenni. «Ma, conclude Colombo, sono in programma molti altri servizi, per favorire e distribuire meglio su tutto 11 i territorio l'afflusso di visitatori: grandi parcheggi, come quello già costruito a Vlzzola Ticino, centri di educazione naturalistica come quello di Bernate, aree attrezzate per campeggio. Un grande barcone al servizio del pubblico risalirà 11 Naviglio Grande da Milano fino a Boffalora: è già acquistato, comincerà a navigare in primavera». Questo è il Ticino restituito alla natura. Forse qualcosa dì meno di un parco, secondo i criteri rigidamente protezionistici. Certamente molto di più in una dimensione nuova e diversa. Soprattutto, un modello di gestione corretta e lungimirante del territorio, che meriterebbe di essere d'esempio a tutto il Paese. Giorgio Martinat ,

Persone citate: Achille Cutrera, Ambrogio Colombo, Bosco Grande, Giacobbe