Una saga laica di Aldo Rizzo

Una saga laica SPADOLINI E IL PARTITO D'AZIONE Una saga laica Quando si concluse la parabola del partito d'azione, ormai 37 anni fa, Ugo La Malfa commentò: «Una grande energia morale si è dispersa». E le energie morali, in qualsiasi Paese, aggiunse, sono scarse, «sono conisi' uranio...». Se si disperdono in rutto o in parte, «la società tende a diventare opportunista e trasformista», perché la forza morale «quando accompagna le vicende politiche, è quella che "tiene" un Paese». K ■ Non si può certo dire che, in questi 37 anni, all'Italia siano mancate del tutto le energie morali. Basti pensare alla determinazione con la quale, nonostante certe sfasature passate e recenti, o anche attuali, è stata affrontata la sfida del terrorismo. Ma una parte di esse, è indubbio, si è persa con la fine del partito d'azione, che Leo Valiani definì il «partito-pilota» della democrazia. Un partito che a tal punto si era identificato, non diciamo con la «questione morale», come oggi l'intendi» rno, ma con la tensione eticopolitica che doveva accompagnare la nascita e il decollo della Repubblica da scontrarsi con le contraddizioni politico-ideològiche, fino a morirne. 'Ma — ecco il punto — quelle contraddizioni del 1946, la di sputa tra lo stesso La Malfa e Lussu sulle quote di eredità liberaldemocratiche e socialiste cioè sui rapporti tra un liberalismo pragmatico e un sociali smo non dogmatico, avrebbero hanno ancora senso al giorno d' oggi? La tesi lamalfiana del capitalismo come sinonimo di un sistema industriale moderno, da orientare secondo le esigenze sociali e le maggioranze politiche, alla sola condizione di non osteggiarne i meccanismi essenziali, chi osa ormai seriamente contestarla? Nel psi di Craxi, ma persino, per certi aspetti, nel pei di Berlinguer. ** • . Nostalgia del partito d'azione, di un partito che fondeva in potenza come nessun altro la tradizione del Risorgimento, y*imb'c secondo, con ransia di dna''democrazia moderna, liberale ed egualitaria insieme, fino al punto in cui i due termini non fossero incompatibili. Nostalgia anche per chi non ricorda personalmente, e ormai siamo in tanti, ma solo attraverso i libri e la «memoria» del sistema politico. Nostalgia di un partito «impossibile»? Nostalgia, certo, di una grande occasione, che fu mancata. Forse nessuno come Giovanni Spadolini, fra gli studiosi e i politici di quest'Italia, tiene yjvo il ricordo, e il problema, del partito d'azione. Lo testimo nia anche il suo nuovo librò (Italia di minoranza. Le Monnier), che fa seguito a L'Italia della ragione e a L'Italia dei loia in una serie tesa a ripercorrere gli itinerari della cultura democratica e laica del Novecento, nel suo intreccio con la lotta pppd a e , a politica. Cinquantotto profili di politici, scrittori, giornalisti, di personaggi comunque legati alla storia di un «partito della democrazia», svincolato da ogni fideismo e da ogni visione «totalizzante», di destra ma anche di sinistra, un partito-cerniera per una società industriale moderna, insomma il partito che fu (e non fu) il partito d' azione. E' ovvio che Spadolini lasci intendere, e intcntla, che un erede autentico esista, e sia il partito repubblicano. Delle due anime «azioniste», in fondo, è quella lamalfiana che ha vinto, nei conti con la storia. Ma Spadolini è anche il leader del pri che ha «ricucito» un certo rapporto col psi, passando sopra alle incomprensioni, anche vi rulente, dell'epoca che va tra il tardo centro-sinistra e la fase detta della «solidarietà nazionale», in forza di una memoria storica, è il caso di dirlo, dei rapporti speciali, pur se dialctt ci, tra le due correnti originarie della sinistta italiana, Ne deriva un problema, che non è da porre, per carità, termini partitici, tanto meno immediati, ma come ipotesi d sviluppo di questa complessa, e anche tormentata, area intermedia della democrazia italiana. Un'area vista nel suo insieme, e circa la quale bisogna ormai domandarsi, senza più remore, se i fattori di aggregazione non siano definitivamente superiori ai motivi, più storici che politici di divisione, o anche solo di d stinzione. Non si tratta di riesumare formule filosofiche tipo il «liberalsocialismo», con tutta la loro invincibile ambiguità. Si tratta di vedere se, concretamente, di fronte ai problemi oggettivi di una società industriale alle soglie del Duemila, esistano an cora differenze apprezzabili tra' un programma democratico-ri formatore e un liberalismo aggiornato, da una parte, e un socialismo sulla via di un riformi smo moderno, dall'altra. E' un analisi che meriterebbe un grande sforzo collettivo, come contributo alla crescita e alla razionalizzazione del sistema italiano nel suo complesso. In questo sforzo, per quel che lo riguarda, Spadolini appare per molti aspetti impegnato non fosse altro, sul piano culturale, con quest'autentica saga, del pensiero e dell'azione delle minoranze laiche, che sono suoi libri più recenti. Sul piano politico, tiene ferma la distinzione, quanto meno di ruoli, tra la corrente democratico-riformatrice, mai attratta dal manti smo, e quella socialista, che con tutto il suo rinnovamento, anzi in virtù di esso, dovrebbe conservare una precisa collocazione a sinistra, in competizione col pei. Ma Spadolini dice anche «Impossibile fare previsioni sul futuro». Se ho ben capito, la sua' ipotesi vera è quella di una ri fderv«uaMs fondazione dal basso, per così dire, dell'intera area, cioè di un' evoluzione e di una maturaziodella società italiana, che rendano possibile, in forme da vedere e che verranno, quella «saldatura dei ceti produttivi con un disegno riformatore organico e avanzato», che fu il sogno di La Malfa e del partito d'azione. Basterà? *★ Dicevo della saga laica. Da( Croce a Salvemini, da Gobetti a Giovanni Amendola (ma, in un certo senso, anche a Giorgio), dai Rosselli a Parri, a Salvatorelli, fino a Valiani, Compagna, Gorresio, Colletti, Bobbio e tanti altri. Bobbio, forse, sii tutti, col suo stile «magro e asciutto, conseguenziario e quasi martellante, senza una punta di adipe». Un elogio «freudiano»? Ma no. Spadolini, è ovvio, ha altrettanta considerazione del proprio stile, che è classico e ciclico, ma attraversato da improvvise immagini moderne, da subitanee inquietudini, con un controllo quasi leggendario (con i tempi che corrono) della lingua italiana. Aldo Rizzo

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