II tesoro di Calvi di Renato Cantoni

II tesoro di Calvi UN LIBRO E UN NUOVO ENIGMA II tesoro di Calvi 11 destino del banchiere Ro-j bcrto Calvi è singolare: intro-' verso di carattere e riservatissi-' mo, egli chiedeva soprattutto agli amministratori dei giornali; da lui abbondantemente finali-; ziati di non essere mai nominato. Agiva quasi sempre per in-; terposta persona e rimaneva ^ gran parte della giornata asser-' ragliato all'ultimo piano del, Banco Ambrosiano in piazzetta j Ferrari a Milano, in un ufficio plumbeo attiguo a un terrazzo anch'esso semi-nascosto da un gruppo di piante di notevole dimensione. Per giungere sino a llui occorreva prendere un; ascensore che, per arrivare al ■quarto piano, doveva essere sbloccato con una chiave speciale. * * Ebbene, se vi è una persona che ha riempito pagine e pag; ne delle pubblicazioni di tutto il mondo, che farà ancora parlare di sé per lunghissimo tempo e che ha stimolato scrittori giornalisti ad esplorare la sua esistenza, è proprio lui. .Già nell'estate del 1982, con eccezionale tempismo, Gianfranco Modolo e Leo Sisti si erano occupati a fondo delle vicende sue e del Banco Ambrosiano (// Banco paga, ed. Mondadori) ottenendo un grande successo. L' anno scorso un giornalista inglese, Rupcrt Cornwcll, dopo un estenuante lavoro di ricerca, aveva pubblicato Tìx God's Banker, che dovrebbe uscire fra poco anche in Italia. Sono poi in preparazione altri volumi, sia in'Gran Bretagna sia negli Stati Uniti. Ma'ceco che proprio in questi giorni la stagione libraria del 1984 sta aprendosi con La Storia di Roberto Calvi (ed. Longanesi) che probabilmente riscuoterà un grande successo. Gli au tori, infatti, Gianfranco Piazze si e Sandra Bonsanti, sono spe rimentati giornalisti non nuov alle imprese letterarie e, oltre ad avere la penna facile e comunicativa, hanno trattato la ma' tcria con impegno e profondità fuori dal comune. Non si tratta, come si può pensare, di una ri' costruzione piena di cifre e di argomenti tecnici, bancari e fi nanziari, ma di un'allucinante spaccato di quella che viene normalmente chiamata «alta fi nanza» c che in questo caso si riduce a una serie incredibile di espedienti per mantenere potere vacillante fin dal princi pio e assediato da ogni parte nell'illusione di conquistare una solidissima e importantissi ma «stanza dei bottoni». Inoltre la Storia di Piazzcsi e della Bonsanti offre un quadro realistico del sottobosco italiano, e particolarmente romanostrettamente vicino ai quartieralti della finanza e della politica. Su tutto però sovrasta la figura del protagonista che alla fine lascia un'immagine patetica se si pensa quali devono essere stati i suoi ultimi due anni dvita quando, nonostante la serie di trincee protettive che si era' creato attorno, cominciò a rendersi conto che si era messa in moto una inesorabile macchina che avrebbe finito per stritolarlo. Gli autori hanno cercato di formarsi un'opinione sulla vera, fine del banchiere: assassinio o, suicidio? Soppesano accuratamente i prò e i contro c alla fine rinunciano a esprimere un giudizio: probabilmente una versione certa non la si saprà mai. Quel che invece è sicuro è quel mondo da «corte dei miracoli» cui si era affidato con infantile immaginazione il banchiere. Le figure di Flavio Carboni e Francesco Pazienza escono scolpite con grande risalto. Ambedue ritenevano di aver trovato finalmente una inesauribile miniera da sfruttare, non sapendo, poveretti, che si stavano avvicinando a un abisso che li avrebbe inghiottiti fatalmente. Molto intetessante è la questione Ior-Vaticano. Quando il luglio 1981 l'inviato speciale dello Ior Pellegrino De Strobel giunse a Lugano alla Banca del Gottardo per esaminare la posizione vaticana nei confronti del gruppo Ambrosiano deve aver passato un drammatico momento rilevando la proliferazione delle società finanziarie che erano germogliate dalle capofila, appartenenti almeno in ap parenza allo Ior, e gli impres sionanti dati concernenti le par tecipazioni ci prezzi di carico. Proprio da qui scaturì la de cisionc del presidente della ban ca vaticana monsignor Marcio kiis di prendere le distanze da Calvi e si comprende lo scambio di lettere di patronage e d scarico di responsabilità scambiate fra Calvi e Marcinkus fine agosto 1981. Probabilmente lo Ior aveva concesso a Calvi un buon lasso di tempo (fino al 30 giugno 1982) per cambiare protettori o trovare comunque i capitali necessari per ridurre la posizione debitoria. Ormai però lo scandalo P2 aveva fatto I vuoto intorno a lui, ad ecce-1 zione di alcuni avventurosi apprendisti stregoni e di coloro che tenevano d'occhio la situaRizzoli-Corriere ■ della zione Sera. Spiegalo con ordine, l'imbro-, glio Calvi diventa intelligibile anche ai profani. Nel vorticoso giro di miliardi che domina il campo appare una novità che meriterebbe di essere approfondita. Quando, la sera del 14 giugno 1982, Calvi incontrò la ►banda» Carboni a Bregcnz in Austria egli, forse nella paura di essere abbandonato e per dimostrare che era tuttora un amicocliente di grande rispetto, parlò di un patrimonio personale di 200 milioni di dollari oltre a una grande tenuta in Costa Rica c a gioielli di grande valore. Lo stesso discorso ripetè successivamente a Carboni Londra. Non si è saputo nulla di questo tesoro, ammesso che esista davvero, e sarebbe interessante conoscere il parere de gli inquirenti e dei liquidatori del Banco Ambrosiano. E la famosa valigetta? E' poco probabile che Calvi la portasse con sé in piena notte quando mori e la «banda» Carboni dovrebbe saperne qualcosa. Dalla lettura — di per sé tra volgente — del volume nascono alcuni interrogativi e si è costretti a fare qualche riflessione. Non si riesce a capire, per esempio, come le nostre autorità tutorie non siano riuscite a «incastrare» Calvi nel 1981 dopo lo scoppio della bomba P2 quell'epoca il buco del gruppo Ambrosiano doveva essere assai più contenuto e la banca non sarebbe fallita, con grande beneficio per l'immagine della finanza italiana all'estero meno drammatiche ripercussioni sui suoi azionisti. ', Vi è"jjiòì"il risvolto politico: Ancor peggio che ai tempi di Michele Sindona, fiumi di danaro sono andati a finire nelle tasche di una miriade di personaggi di ogni tipo che avevano così costituito una cortina fumogena fra Calvi e l'opinione pubblica c gli organi di controllo. Praticamente buona parte della stampa italiana era influenzata da Calvi e dai suoi alleati Gelli e Ortolani: si capisce come il povero Paolo Baffi, governatore della Banca d'Italia fra il 1975 c il 1980, sia stato messo sotto tiro e come si sia trovato isolato nei momenti più caldi dell'inchiesta. Va comunque ascritto a lui il merito di avere scoperchiato un pentolone che rischiava di scoppiare coinvolgendo nell'esplosione f intero Paese. Renato Cantoni

Luoghi citati: Austria, Costa Rica, Italia, Lugano, Milano, Stati Uniti