Una polemica che è traviata

Una polemica che è traviata Zeffirelli: lettera sul cinema Una polemica che è traviata Riceviamo una lunga lettera del regista: ne pubblichiamo i passi salienti. Caro direttore. indirizzo a lei queste mie considerazioni, anche se sarebbero piuttosto di competenza del suo critico cinematografico. Ma se scrivo a Stefano Reggiani ho, per cominciare, un problema di avvio. Non saprei infatti se chiamarlo: «Caro Reggiani-, lierché caro non mi è. né: -Gentile Reggiani-, perché è lutto con me fuori che gentile, né: «Stimatissimo*, per carità!, e neppure un pallido «jEpreffio». L'argomento in questione, è l'amaro bilancio del cinema italiano per il 1983. Il titolo con cui il suo giornale lo ha presentato sarebbe anche spiritoso, («Cinema italiano, è solo nialinconiico?») se, purtroppo, su questo argomento dovrebbe essere di rigore una assoluta serietà. Davvero fino ad oggi non si era scesi ' tanto in basso. Il suo Reggiani attribuisce la nostra «débàcle» alla caccia all'Autore che pare imperversi nel nostro Paese, tanto da costringere 1 nostri «Autori» a scappare e prosegue accusando di questa drammatica situazione la pazzesca e dispendiosa concorrenza che si fanno la tele visione di Stato e le private. Una pregevole constatazione che io personalmente ho già avuto l'ardire e l'onore di portare più volte all'attenzio ne dell'opinione pubblica senza peraltro che nessuno dei critici italiani, con la sola eccezione dì Grazzini, abbia sentito il dovere di darmi una mano. E poi Reggiani prose gue accusando l'imperialismo dell'industria cinematografi ca americana che sembra riesca a precettare con la forza gli spettatori. Poi si arriva al punto che mi riguarda personalmente. La notizia è ufficiale e non ha mancato di sorprendere anche il sottoscritto. Sarei ipocrita se affermassi che non mi abbia fatto piacere, ma ho il dovere di precisare che è stato un piacere velato da sincera amarezza. Dunque, statistiche alla mano, il solo film di produzione italiana che ha tenuto testa ai grandi incassi sul mercati internazionali, è stato la mia Traviata (un film opera, musica di Verdi, che vergogna!) E allora? Tutte le chiacchiere che per decenni gli addetti ai lavori hanno fatto per inventare, sostenere, imporre, questo o quel talento, questa o quella «rivelazione», l'incoscienza con cui ci si è disinteressati delle indicazioni offerte dal nostro pubblico e dagli indici di gradimento internazionali, la pervicacia, la cecità, la protervia con cui si sono riempiti! fino a traboccare, i convegni, le pagine degH spettacoli, i festival, i riconoscimenti ed i premi, non sono serviti proprio a nulla? Cosi si scopre sconsolatamente che nessuno ha sapulo raccogliere l'eredità dei grandi maestri del nostro cinema. Ma di chi è la colpa? Delle strutture? Della società in crisi generale (ma non è questa la condizione che ha sempre favorito il fiorire dei talenti?), dell'assenza di generosi e fiduciosi operatori produttivi (ma non c'era la Gauniont che è stata alla fine costretta a chiudere i battenti)? ' • ■ 'Chi doveva,-allora, "prtma'til1 ogni altro, guidare, scoprire, incoraggiare i nuovi talenti: questi autori non nati, queste opere che non hanno mai visto la luce? Bisognava aiutarli questi autori potenziali, non seminare confusione e caos ideologico nelle loro giovani nienti. SI, mi riferisco, senza nessuna incertezza di diagnosi, alle colpe, e alle malefatte della critica italiana degli ultimi decenni, nella sua quasi totalità. Ricominciamo da capo proprio da loro. I fatti dimostrano inequivocabilmente che quello' che hanno seminato, che hanno cercato quotidianamente di imporci come verità indiscutibile, pena l'eclisse o l'accusa di essere fascisti o reazionari, è stato falso, bugiardo, irresponsabile. Facciano loro, per primi, l'esame di coscienza. Il cinema italiano è ancora una eccezionale assise di artisti, di tecnici, di lavoratori, e le prospettive che si presentano a questa ragguardevole e rispettabile fascia di cittadini sono davvero preoccupanti. Non ci sono progetti, idee, investimenti. Resta lo spettro della disoccupazione. E, infine, Stefano Reggiani non può permettersi di gettare tango sul mio film di Trainala, che è riuscito a ben rappresentare il nostro Paese nelle sale di tutto il mondo, affermando che: «...inenitubilmcntc la Traviata zeffirelliana, con tutte le elisioni e le ruffianerie della messa in scena, è fatta per il pubblico internazionale Perché dunque Reggiani si lamenta se i film italiani non hanno più successo all'estero quando, secondo lui, basta confezionare «ruffianate» per conquistare quel successo? Perché rincorrerlo, allora, perché piangere se non arriva? Cerchi di essere più coerente il suo Reggiani. E s'informi più accuratamente su quello che hanno scritto di Trainala i più autorevoli critici di tulio il mondo (vuole che gliene fornisca la documentazione, davvero impressionante?). Critici eccelsi e pubblici massicci. Tutta gente che si lascia incantare dalle «ruffianate» di un furbo italiano? So Reggiani va in bestia e se ne vergogna sono affari esclusivamente suol e del giornale che lo si Ipend ia. Franco Zeffirelli