Nella luce di un classico

Nella luce di un classico La morte del pittore romano-veneziano Virgilio Guidi Nella luce di un classico (Le Teste femminili, gli Incontri, le Isole di S. Giorgio: pochi temi e forme immersi nella infinita chiarità mediterranea - Perché restò moderno) Nell'inverno 1971-72 Tran-ccsco Arcangeli organizzò nel Palazzo dell'Archiginnasio di Bologna una grande antologica del romano-veneziano Virgilio Guidi, allora ottantenne, e cosi concluse la sua presentazione: < Cgli non lui mai abbandonato V immagine proprio per l'ambizione, anzi per la necessità, che l'immagine dovesse, potesse avere nuovi significati; e di fatto Guidi è uno dei pochi artisti viventi che ancora si affidano a remoti temi iconici con la capacità mi-abile di farli vivere entro il mondo di oggi: e perciò di suggerire ancora, al mondo di oggi, delle ipotesi non soltanto plausibili, ma probabili. Che cosa poteva dare di più all'arte e alla vita quell'antico maestro mediterraneo, e in realtà tpwlgrande uomo moderno, che è I irgilio Guidi?*. Arcangeli si riferiva ai pochi, depuralissimi temi e forme che Gnidi stava perseguendo da alcuni anni prima di quella antologica, e che lo hanno poi accompagnato sino alla sua odierna scomparsa: le Teste femmi¬ nili, le Isole di San Giorgio, gli Incontri; poche, liquide pennellate di colore puro su spazi biancoazzurri di infinita, luminosissima chiarità {.mediterranea». Una luce, come ben vide e scrisse lo stesso Arcangeli, ben più «morale/ che non puramente fisica, anche se fino dagli Anni ?0 Guidi studiò e meditò sulle teorie fisiche di Goethe, impegnandosi a fondo in quella missione di maestro all'Accade- mia di Venezia che egli senti e |visse come imperativo morale. In fondo, non aveva forse mai dimenticato la sua originaria educazione all'Accademia di Roma, nel primo decennio del '900, alla scuola di Giulio Aristide Sartorio: spogliate le forme del maestro, con un felice istinto antiplastico e antieroico che sempre lo sorresse, dalla loro retorica michelangiolesca, gli era forse rimasta negli occhi la loro forza positiva, la solarità delle scene marine. A Roma, negli Anni 10, frequentò il gruppo giovanile, colto c spregiudicato, del Caffè Aragno. De Chirico, Longhi. e ancora Ungaretti, Bacchelli, Cardarelli, al quale fu particolarmente legato: persegui, vicino a quella Secessione Romana in cui comparve per la prima volta in Italia il Matisse <<fauvc>, una pittura densa di colore costruttivo, che sarà definita « neoseicentesca•>. Dopo la prima guerra mondiale, esponendo per la prima volta alla Biennale del 1920. poi alle mostre di «Novecento», quella ricca formazione culturale, quelle frequentazioni che gli parlavano più di Piero della Francesca che non di Masaccio, lo tennero lontano da ogni gravezza plastica e chiaroscurale, vicino invece alle esatte scansioni neo oggettive di alcuni primi artisti di «Novecento* e di Casorati (basterebbe ricordare la bellissima Donna con le uova del 19.12). Un capolavoro che stupì fu, alla Biennale del 1924, bi tram, elaborato in quattro anni di lavoro: la cronaca quotidiana trasformata dalla astrazione formale in una sorta di teorema euclideo. La liberazione e la lievitazione del puro colore-luce avvenne poi immergendosi con tutto se stesso nel sogno veneziano, ma avendo ben presenti i momenti più lirici di Cczanne e Matisse. Passata la guerra, non fu allora, nel caso di Guidi, una delle tante svolte di comodo della sua generazione l'accostamento alla astrazione e alla informalità, e nel suo caso allo < spazialismo» di Fontana. ' Era solo, citando ancora Arcangeli, i i»i(7 dimostrazione in crescendo di un determinato tipo di esistenza dell'energia... Era /' unico modo di difendere, anzi di far proliferare un mondo che altri artisti della stessa generazione avermi lasciato inaridire in se stesso'/. Marco Rosei

Luoghi citati: Italia, Roma, Venezia