Cattivi Pensieri di Luigi Firpo

Tramonto delle Feste Cattivi Pensieri Tramonto delle Feste di Luigi Firpo Oliando si celebrava ancora la solennità dell'Epifania, Ire grosse feste nello spazio d' una dozzina di giorni potevano sembrare fin troppe, o almeno troppo ravvicinate. I bambini, inclini a rassegnazione meno degli adulti, non intendevano ragioni e la notte del 5 gennaio appendevano la calza, anche se a Natale avevano ricevuto una cesta di giocattoli ormai scniidistrutti e dimenticati. lira difficile convincerli che la llcfana, rimasta senza quattrini, avrebbe portato, al più. qualche caramella e mollo carbone. Per chi poi, come me, fosse nato nel cuore del .Capricòrno malinconico e saturnino, anche il compleanno veniva a cadere in quelle due settimane, riuscendone assorbito come di passata, senza speciali allegrezze o regali. Residuo di tradizioni millenarie, di baldorie pagane, di ricorrenze religiose, di genetliaci sovrani, di anniversari patriottici, le feste sono destinate presto o tardi a sparire, e non tanto per pubblico decreto c in omaggio all'austerità imposta dalla durezza dei tempi, ma per l'evolvere dell' organizzazione del lavoro, nonché — diciamolo pure — per una sorta di sopravvenuta sazietà e stanchezza. Sul primo punto, è chiaro che il progresso tecnologico vertiginoso. Vera dell'elettronica c dei robols vedranno una progressiva espulsione di <■ forza lavoro.» dalle singole fasi della produzione. Insieme alla crisi italiana c internazionale, questa c una delle cause che tendono a far crescere - oggi come oggi — la disoccupazione, cioè una piaga sociale lacerante. Gli economisti dicono che una cena percentuale di disoccupati e necessaria c «fisiologica» all' interno di un sistema economico efficiente, ma si tratterà sempre di un concetto difficile da far capire a chi viene a trovarsi senza risorse in una società sempre più ricca di garantismi teorici c di pratici egoismi. La risposta sembra facile: «Lavorare meno, lavorare tutti »: ma a nessuno è venuto in mente di dire: «Lavorare meno, guadagnare meno», sicché si ricade subito nei complicati problemi della politica dei redditi, della com- pelitività, elei bassi salari del Tcr/.ò Mondo. Anche se lutto andrà bene, cioè se l'Occidente non dovrà ridurre sostanzialmente i propri consumi in omaggio a una più equa ripartizione delle risorse mondiali, ci vorranno decenni di assestamento prima che le tecnologie avanzale producano non più disoccupazione ma dilatazione del tempo libero. Un'ipotesi suggestiva per il futuro e quella della flessibilità del lavoro, ad esempio il disporre di sei mesi di ferie all'anno, o andare in fabbrica una settimana si c una no. o lavorare solo per ire ore al giorno e cosi via. Accantono per ora il problema dell'impiego di questo tempo riconquistato, che rischia di tradursi in noia, incbciimcnto c .scontentezza. Una cosa però e certa: che un sistema di questo genere dovrà funzionare a incastri perfetti c senza la minima sfasatura, cioè che esso saia incompatibile con qualùnque tipo di festa: chi c in vacanza per metà dell'anno, non può pretendere anche il «ponte» di fine settimana, o di starsene a casa per la ricorrenza del santo patrono o per la festa dello Statuto. Quanto più gli impianti saranno sofisticati e costosi, tanto più dovranno funzionare senza interruzione. Ma non basta. Se il mondo moderno tende a sopprimere le feste, anche la gente sembra celebrarle ormai solo per abitudine, converv/vionc. ini- ' tomatisnio. Quando il lavoro era essenzialmente agricolo, svolto in gran parte a forza di braccia, in condizioni di sullo alimenta/ione, le giornate di riposo ravvicinale ciano una necessità fisiologica: il contadino medievale godeva di cento c più giorni di festa all'anno, che gli consentivano di sentirsi un po' meno infelice e di riprendere un po' di, fiato. Adesso la fatica manuale per molli è solo un ricòrdo c per i più l'esperienza della fame e della carestia è roba da tristi Tropici, un sentilo dire che non ci tocca, visto che all'angolo sfavilla il supermercato stracolmo d' ogni ben di Dio. Testa significava allegria, sollievo sinemoiante, famiglia raccolta intorno al fuoco, al desco, ai bambini Adesso i bambini montano con mani esperie, irrìdendo la nostra goffaggine ili adulti, astronavi ine di missili e razzi, automi coloratissimi e micidiali. La superiorità con cui ci guardano noi! solo ci umilia, ma ci disamora, (ili adulti mangiano in licita cibi inusitati e costósi, parlano di colesterolo e di infarto, bevono alcol esotico, ma in realtà sono lutti impazienti di concludere quel cerimoniale per sedersi in silenzio davanti al televisore. Li ognuno può rinchiudersi in se slesso, eludere le schermaglie della conversazione, fissare insonnolito i piccoli nani colorali del teleschermo, che gli propinano la quotidiana dose di droga visiva. C'osi la festa diventa eguale a tutti gli altri giorni, il cenone non ha più senso per chi si può permeitele di mangiare pasli regolari, e quanto al divertimento ne abbiamo anche troppo e sin dentro casa. Ma se non è diversa dagli altri giorni, che festa è? In fin dei conti la Terra percorre la sua orbila senza sussulti e non si ferma alle stazioni degli anniversari: il primo di gennaio e esattamente un giorno come gli altri, l.c sole feste autentiche sono i momenti in cui ci sentiamo in pace con noi stessi e col mondo, certi di fare qualcosa che riteniamo utile e giusto, l.c altre non sono che cerimonie stanche, di cui stiamo scordando il significato. Luigi Firpo

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