A Tunisi, città assediata

A Tunisi, città assediata Sarebbero salite a 30 le vittime della «sommossa del pane» A Tunisi, città assediata DAL NOSTRO INVIATO TUNISI — Una città stordita, tesa, guardata a vista dai blindati dell'esercito, sorvolata dagli elicotteri armati. Ecco Tunisi il giorno dopo la .battaglia del pane. Una città sotto choc, che non sa nemmeno quanti morti si debbano piangere: trenta, più di trenta? Una città che alle sei della sera, smarrita per decreto presidenziale la vivacità di sempre, piomba nella morte apparente del coprifuoco. Soltanto il rombo dei carri armati, che prendono posizione per la notte, squarcia questa drammatica quiete. E qualche raffica: probabilmente destinata alla persuasione sonora di chi voglia sfuggire alle regole ferree dell'emergenza. Stretta nella camicia di forza di questo apparato militare, la capitale ieri non ha fiatato. Niente soprassalti della battaglia del pane: soltanto qualche rapida scaramuccia, in mattinata, nei lontani sobborghi del Bardo e di Kram. Né si hanno notizie di ritorni di fiamma in provincia, quella provincia da dove è parti¬ ta, una settimana fa, la rivolta contro il carovita. Ma bisogna considerare che le comunicazioni sono interrotte: le avevano interrotte tre giorni fa, nel vano intento di risparmiare a Tunisi il contagio della ribellione. Che cosa è dunque accaduto, nell'inquieto regno di Habib Bourghiba? Qualcosa di simile ai sanguinosi disordini di sci anni fa, si è detto. Ma allora — era il gennaio '78 — fu un sindacato ostile al governo che invitò i lavoratori a scendere in piazza. Stavolta il sindacato è dalla parte del governo, abilmente cooptato nelle istituzioni del potere. Di simile, fra allora e oggi, c'è soltanto la durezza della risposta governativa. La rivolta di questi giorni, si dice a Tunisi, non ha manifestato risvolti xenofobi, né connotazioni religiose. E allora? A scuotere la Tunisia, secondo una prima analisi a caldo, è stata una rivolta dei poveri contro i ricchi, che via via si è arricchita di ragioni di contestazione politica. Tutto è nato, come si sa, dal raddoppio del prezzo del pane, determinato a sua volta dalla decisione governativa di cancellare dal bilancio dello Stato una voce di spesa considerata insostenibile: i 34 milioni di dinari, circa 70 miliardi di lire, che nel 1983 erano stati destinati, attraverso il meccanismo della cassa di compensazione, a sovvenzionare i prezzi dei cereali. Risultato: una baguette, un filone che costava 80 millesimi di dinaro, 160 lire, è balzata da un giorno all'altro a 160 millesimi. In un Paese come questo, dove il salario medio mensile è sugli 80 dinari, 160 mila lire, dove i diso'ccupati e i sottoccupati :ono folla, dove il pane rappresenta la base alimentare, una novità di questo tipo non può non avere effetti traumaUoi. E' un po' come l'Italia della tassa sul macinato. Si aggiunga 1' effetto di comparazione che è implicito nella forte affluenza turistica, si aggiunga il confronto quotidiano con i modi di vita europei, reso possibile dal fatto che qui si riceve la televisione italiana: e si avrà una miscela davvero esplosiva. La miscela infatti, ha cominciato a esplodere giovedì scorso, 29 dicembre. La decisione che ha portato al raddoppio del prezzo dei rereali è stata ufficialmente adottata il 31, ma già c'era stato un preannuncio. I primi a insorgere sono gli abitanti della regione di Nefzaoua, nel Centrosud: coltivatori di datA il re do Venturi (Continua a pagina 2 in ottava colonna) M 1 labili nourghiba

Persone citate: Habib Bourghiba, Venturi

Luoghi citati: Italia, Tunisi, Tunisia