Il giudice che mandò a casa Zaza «E' fuggito? Succede, lo rifarei» di Guido Rampoldi
Il giudice che mandò a casa Zaza «E' fuggito? Succede, lo rifarei» Sulla decisione chiesti ragguagli dal procuratore generale Sesti Il giudice che mandò a casa Zaza «E' fuggito? Succede, lo rifarei» ROMA — Michele Zaza, introvabile dopo la fuga dalla clinica romana dove si trovava in stato di «arresto domiciliare», non è un personaggio «veramente pericoloso»; quindi piantonarlo nella casa di cura avrebbe richiesto un numero di uomini sproporzionato al caso. Per questi motivi uno dei più attivi contrabbandieri italiani non era sorvegliato: lo dichiara nell'intervista che segue il giudice Polena, il giovane magistrato che nell'agosto scorso — essendo in ferie il collega titolare del processo — autorizzò l'imputato Michele Zaza a lasciare il carcere per una clinica («Ma a quel die ricordo — precisa Polella — il mio provvedimento fu revocato, e poi ripristinato dal giudice titolare»). Mentre Polella rivendicar di aver agito secondo coscienza e nega di essersi pentito, il procuratore generale di Roma, Franz Sesti chiede alla Procura, all'ufficio istruzione e al presidente del tribunale ragguagli sul caso; anche perché, dietro la vicenda, si profila una inedita questione di diritto: le modalità di sorveglianza dell'imputato sottoposto agli arresti domiciliari che. come nel caso di Zaza, venga ricoverato in clinica. Non si spegne la polemica: dopo i socialisti, anche i liberali preannunciano un'interrogazione ul ministro di Giustizia, Martina zzoll. Beppe Facchetti, deputato del pli, chiede «come sia possibile che i giudici di Roma non abbiano valutato la pericolosità sociale di Zaza, mèi ne quelli di Napoli lianno addirittura ironizzato sul fatto che tutti i detenuti stanno male in carcere», quando hanno respinto la richiesta di arresti domiciliari avanzata da Enzo Tortora. Di Tortora e di Zaza, dice Facchetti, si deve occupare il Consiglio superiore della magistratura. — Che risponde, giudice PoIella? «die ogni giudice ha un testa diversa, purtroppo, andie se da una parte è un bene. Però prima di parlare bisognerebbe conoscere i processi: quello di Tortora, ma anche quello di Zaza». — Perché non ordinò di piantonare il contrabbandiere? «Per una sorveglianza di quel genere occorrono una ventina di agenti. Eravamo in agosto, in periodo feriale, e pensavo die le forze dell'ordine non ce la facessero. Il piantonamento, poi, va deciso quando si lia a die fare con un killer, con una persona veramente pericolosa, e Zaza non mi sembrava tale. Diciamo die non avevo una convinzione chiarissima della pericolosi tà di questa persona». — Ma Zaza, dottor Polella, è accusato a Roma di partecipazione ad associazione di stampo mafioso finalizzata al traffico di stupefacenti. E a Napoli i carabinieri lo considerano l'elemento di congiunzione tra la «Nuova famiglia» camorrista e cosche mafiose. Non le sembra abbastanza? «Un magistrato non può stare ai "si dice", ma deve attenersi alle prove die emergono dalle carte del processo. E poi, se questo Zaza fosse stato cosi pericoloso, non si sarebbero persi mesi per decidere a chi assegnare il processo, come invece è avvenuto». — Il risultalo è ohe è scappato. «In Italia succede. E' scappata gente ben più pericolosa». — Ma quésto non è una giustificazione, non le sembra? «Vabé, è successo. Ma lavoriamo in condizioni difficili, il collega titolare del processo avrà due o trecento fascicoli, chissà quante decine di detenuti... spero non abbia rimorsi, io non ne ho. Quando concessi a Zaza gli arresti domiciliari, sulla base di perizie di specialisti cui certo non potevo dire "hai sbagliato, io ne so più di le", fui accusalo quasi di malafede, p peggio. Sinceramente, non me ne importa niente: io rispondo solo alla mia coscienza». Vinicio De Matteis, numero uno nel nutrito collegio di difesa di Zaza. difende la scelta del giudice. «Nelle perizie accolte dalla magistratura — dice — specialisti di fama hanno attcstato die il piantonamento, e il conscguente stato di coazione, avrebbero provocato uno stress nocivo per le condizioni di salute di Zaza, minalo da una grave cardiopatia. E poi, le cliniche non vogliono agenti accampati nei corridoi». Gli agenti che le case di cura non amerebbero, avrebbero dovuto non solo sorvegliare il contrabbandiere, ma anche proteggerlo dai sicari di Cutolo, che Zaza ha ragioni per temere. In assenza di piantoni, Zaza aveva assoldato due metronotte: insomma la magistratura non solo lo elesse — incautamente, visti 1 risultati—custode di se stesso, ma anche tutore della propria incolumità. Guido Rampoldi
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