Contro il veleno un telefono amico

Contro il veleno un telefono amico Contro il veleno un telefono amico Al Centro delle Molinette giungono ogni anno circa 600 richieste di soccorso per tentati suicidi, intossicazioni o tragici errori - Il latte, un rimedio sbagliato In questi giorni di festa quel telefono ha cominciato a trillare più spesso, come capita sempre da vent'anni a questa parte, da quando venne istituito. E' un numero facile da ricordare, come tutti quelli di prima necessità (carabinieri, polizia, vigili del fuoco). A Natale, a Capodanno o a! ritorno dalle vacanze estive, quel C37.637 riportato sulle prime pagine della guida telefonica costituisce talvolta «l'ultima spiaggia* per chi, sopraffatto dalla depressione, esprime il suo rifiuto inghiottendo una manciata di pillole. Quel telefono utile corrisponde al «Centro Antiveleni» delle Molinette. settore specializzato del reparto di Rianimazione diretto dal professor Marco Trompeo, dove si trattano intossicazioni varie: Vi arrivano in media seicento telefonate l'anno: per lo più richieste affannose di ragguagli per un congiunto che ha bevuto un veleno scambiandolo per vino o per acqua minerale (sono più frequenti di quanto non si pensi le sorsate accidentali di liquido 1 otografico, di anticongelante, o alcol, provocate dalla cattiva abitudine della gente di tenere i veleni in ex bottiglie di vino o acqua). Ma sono anche molte le richieste di istruzioni da parte di medici di base, incerti davanti ad avvelenamenti che richiedono un trattamento specifico. «Una convinzione molto diffusa — dice Trompeo — è che basta prendere del latte e tutto passa, in realtà il latte fa assorbire più rapidamente le sostanze venefiche e quindi è ancora più dannoso. Un toccasana generico non esiste — aggiunge il primario — perché ogni sostanza ha il suo specifico antidoto. Mai, comunque, somministrare alcol, altro errore assai diffuso». Benché in forte calo (la rilorma sanitaria ha affidato buona parte degli intossicati alle cure del pronto soccorso) le chiamale al 037.637 si tramutano pur sempre in circa 400 ricoveri all'anno. Trompeo tenia una classìfica: «Il quaranta per cento — dice — sono tentati suicidi dimostrativi: tutti gli altri, intossicazioni industriali, alimentari (sci avvelenamenti da funghi nell'83, ndr.), domestiche». Trompeo distingue tra suicidi «dimostrativi» e tentativi veri e propri, perché il più deile volte i suicidi mancati servono solo a lanciare un segnale di aiuto o di ricatto affettivo. Praticati dalle donne, più che dagli uomini (il rapporto è di quattro a uno), non preoccupEno più di tanto 1' équipe del Centro, «perché sono le. vittime a fare in modo che la salvezza arrivi comunque, ingerendo una dose non sufficiente di veleno o lanciando esse stesse l'allarme. Chi vuole veramente morire — osserva il primario — purtroppo prima o poi ci riesce». E ricorda il caso di una quattordicenne che aveva tentato di togliersi la vita -in modo dimostrativo» per tredici volte: «Alla quattordicesima ce V ha fatta, quand'è riuscita a farsi coraggio».

Persone citate: Trompeo