I SUOI QUADRI A VERONA, NEL CENTENARIO DELLA NASCITA di Angelo Dragone

Gino Rossi, poeta della forma I SUOI QUADRI A VERONA, NEL CENTENARIO DELLA NASCITA Gino Rossi, poeta della forma DAL NOSTRO INVIATO VERONA — Non è di tutte le mostre il presentare quasi per intero l'opera di un' artista. Col patrocinio della Regione Veneto, lo fa ora la galleria «Lo Scudo- di Verona per Gino Rossi (Venezia 1884Sant'Artemlo, Treviso, 1947) di cui, alla vigilia del centenario della nascita, ha riunito ottantaclnque dipinti a olio e una decina fra tempere e pastelli. E è veramente un tutto Gino Rossi che documenta l'intera vicenda creativa del pittore morto nel 1947 dopo ventldue anni di manicomio. Un solo decennio — dal 1909 o poco prima al '14 e dal 1919 al '24 — gli era tuttavia bastato per manifestare la personalità d'un pittore di primo piano che con autentica Intelligenza critica aveva saputo inventarsi un suo linguaggio. -Quanto a credere che nellimpressionismo sia la salvezza, scrisse nel 1921, io lo nego ormai assolutamente. Monet, Pissarro, Gutllaumln ecc. ci oliranno lasciato indubbiamente delle belle cose dal punto di vista del colore. Ma non si costruisce con il colore, si costruisce con la forma-. Da un lato riconosceva 11 magistero di Cézanne, rifacendosi dall'altro con tempestività all'esemplo di Gauguin e alla poesia della Scuola di Pont-Aven e del Nabls che avevano portato a una vera e propria crescita del simbolismo di fine secolo. Non ci si meravigli se il suo Paese gl. era subito sembrato • terribilmente ritardatario- e se scelse la Bretagna comeluogo capace di ispirare la sua stessa ricerca di iniziato. La mostra (che rimarrà aperta sino alla fine di gennaio e si vale di un catalogo edito dall'Electa con i saggi d' un gruppo di studiosi, da Perocco a Magagnato, dalla Gian Ferrari alla Bartolatl e al Mencgazzi. autore delle preziose schede) sembra muovere proprio di qui, con alcuni piccoli paesaggi — Il rccc/ifo villaggio. Tetti rossi a Bruges. Chiesetta e Paese in Bretagna — nei quali non c'è tanto la memoria dei luoghi, quanto la libera interpretazione poetica ch'essi avevano saputo suggerire all'artista. Forma e colore si fondono nell'affascinante Douamenez che ha trasformato un povero villaggio di pescatori in un azzurro paese di sogno: quasi sospeso tra la luminosità del mare con 1 silenti battelli alla fonda e le svaporanti tonalità del cielo lontano. La luce talora esplode: Primavera in Bretagna, quasi un omaggio a Gauguln, gode dell'insolita tavolozza giocata tutta con arditi accostamenti rosaarancio, anche carichi, o rosso mattone e una serie di azzurri e verdi ben timbrati. La fanciulla del fiore, del 1909, considerata - la sua più bella poesia-, nelle sue due versioni, sembra riassumere ogni remota radice culturale per aprirsi tanto ai più recenti raggiungimenti dell'Art Nouveau, quanto al richiami di palesi cadenze nordico-europee. Ma entrano nel novero di quelle sue nuove esperienze anche le strutture di certi volti d'uomo o di donna potentemente fantasticati che potrebbero dirsi di ascendenza vangoghiana o matissiana mentre la giovane protagonista di Mestizia, col velo bianco e il mazzolino di fiori in mano, può sembrare una Madonna. Quando nel 1912 Gino Rossi giunse a Parigi con Arturo Martini esposero insieme al Salon d'Automne in una sala vicina a quella In cui Modigliani aveva ordinato una -personale- con sette sculture. Martini, che aveva cinque anni meno dell'amico e lo considerava il vero suo maestro, vi era stato accolto con quattro incisioni e un disegno. Gino Ross: vi figurò con otto dipinti che riassumevano le sue più avanzate ricerche maturate in Bretagna (fin dal 1907). a Burano e a Asolo. Dalla guerra era uscito sconvolto: devastato dalle miserie della prigionia in Germania. A fatica parve poi riprendersi tornando nel 1922 a Crocetta e capeggiando 1' anno dopo il gruppo di giovani artisti trevigiani riuniti a Ca' Pesaro ancora una volta accanto a Felice Casoratl. Vi era tornato con undici nuove opere, ma l'anno successivo si ritrovò in piena crisi per cui alla nuova rassegna della fondazione Bevilacqua La Masa non mandò che un solo dipinto e alcuni disegni. Nel 1926 non si trovò per lui che la via del manicomio in cui venne internato, a Sant' Artemio, presso Treviso, di dove, tolta la piccola tela del Cortile e poche altre opere, non uscirono che alcuni pastelli dalle drammatiche immagini disarticolate, nelle quali lo splendido disegno che aveva costituito come 1' anima della sua pittura s'era come spezzato, frantumato in segni che sembravano andare alla deriva come sillabe, più parole, prive di senso. Tragico destino per questo autentico poeta dell'Immagine che in pochi anni di felice creatività aveva forse saputo guardare più di ogni altro nel futuro, con intuito di visionario. Angelo Dragone

Luoghi citati: Asolo, Germania, Parigi, Treviso, Venezia, Verona