C'è un libro nel nostro futuro

C'è un libro nel nostro futuro C'è un libro nel nostro futuro srotolandolo con la destra, una sorta di film da far scorrere sotto gli occhi, pagina dopo pagina. Ma l'uso era scomodo, precaria la conservazione dei rotoli infilati in vasi-contenitori, distruttivo quel continuo sfregamento, per tacere della difficoltà di ritrovare un singolo passo. Si impose cosi la forma del liber, con i fogli Squadernati e cuciti al dorso, protetti da solide legature, facili da sfogliare e da allineare negli scaffali. Liber significava «scorza», «corteccia», con evidente riferimento al papiro; e quando, dalla Gna attraverso gli arabi, si diffuse la fabbricazione della carta di cencio pestato e macerato, il processo si concluse nel «prodotto» che ancora oggi maneggiamo e stu¬ aperta, tentatrice. Ma non aspettiamoci di scoprire poemi né romanzi. Sempre più chiaro ormai, dalla B micenea alle tavolette d'argilla di Hebla, emerge che a inventare la scrittura non furono vati o sacerdoti, bensì i contabili che registravano movimenti di magazzino: pecore, corbe di miglio, anfore, otri. Ma via via che la scrittura abbandona l'ideogramma (cioè il simbolo) e diventa fonetica, cioè può registrare qualsiasi parola, il suo problema si sposta dal segno al supporto: non più come saivere, ma su che cosa scrivere. La molle argilla cruda incisa con piccoli cunei di canna, la foglia di palma del pali impressa con i semicerchi di un'unghia animale, le pitture smaglianti dei geroglifici sulle pareti delle tombe, le lettere greche graffite sui gusci d'ostrica o sui cocci di terraglia, le maestose maiuscole romane scolpite sui frontoni e sulle lapidi marmoree, la minuscola corsiva quasi stenografica graffiata con punte metalliche su tavolette di legno incerate... su qualunque superficie si è scritto, paghi del provvisorio o aspirando all'eterno. Ma i testi lunghi, destinati alla posata lettura e ai ripostigli delle biblioteche, vollero per sé la robusta pergamena o la fragile carta naturale della corteccia di papiro. E sempre nella forma della striscia aggiuntata, del rotolo o volume»: un supporto, appunto, da svolgere, arrotolandolo via via con la sinistra e diamo, reso soltanto più economico e tanto più diffuso dall'invenzione della stampa, che moltiplicò in migliaia di esemplari quella che' era stata l'opera dei calligrafi pazienti. Oggi si dice che il libro sia in crisi, che le biblioteche crollino sotto il proprio peso, che il futuro sia delle videoteche, dalle quali potremo estrane a comando elettronico qualsiasi testo, per proiettarlo su schermi giganti o tradurlo in aistalli liquidi verdolini sul Personal di casa. L'ultimo attentato al libro, fortu-iatamentc fallito, è stato quello delle collane super-economiche, con le pagine incollate al dorso, senza cucitura. Come li aprivi, il taglio sulla destra si faceva bombato e sconnesso, la colla plastica cedeva qua e li, si staccavano foglietti vo-, land: come per la biancheria o i tovagliolini, era nato il libro «leggi e getta»; una bestemmia. Ancora adesso, i libri che dovremmo trasmettere ai nostri figli quale sòia testimonianza di ciò che fummo (e fummo ciò che leggemmo), sono spesso poveri, dimessi, su carte grigiastre, rivestiti di cartoncini leggeri, rifilati all'osso; invece i romanzi destinati a vivere una sola estate, le inutili storie che molti si sforzano di narrare per tener vivo il conto in banca, quelli si che hanno copertine solide, margini sontuosi, carta spessa, impressioni dorate, sovracopcrte smaglianti: scatole di cioccolatini con tanto imballaggio e scarso conte¬ In veste elegante e con ricchezza di corredo Iconografico l'editore Guida propone «La terra dell'anima», pp. 200, L. 70.000) una scelta delle lettere che George B. Byron scrisse nel suo lungo periodo italiano. La Presentaeione di Giorgio Manganelli rileva come l'Italia e soprattutto la Venezia di Byron appaia «più che altrove, come lo scenario di un'avventura eroica e fatua, passionale e "leggera": Altro libro fondato sull'eleganza e sulla ricchezza del corredo e «Capri. Materiali per una descrizione dell'isola», edito da FrassineUl (pp. 385, L. 80.000). Norman Douglas lo pubblicò nel 1930 L'ultimo Canettl esce da Adelphl con 11 terzo volume della sua autobiografia, «Il gioco degli occhi» (pp. 383, L. 25.000). Riguarda gli anni dal 1931 al 1937 ed è ricco di ritratti, da Broch a Wotruba, da Musil a Kokoschka.. Sullo sfondo di una Vienna affetta dall'«infezione psicanalitica» si svolge l'avventura tutta intellettuale degli occhi di Canotti, la forza acuta del suo vedere. E' stata raccolta di Gina Lagorio e Vanni ScheiwWer «L'opera In versi e in prosa» di Camillo Sbarbaro in un volume unico per l'editore Garzanti (pp. 715, L. 50.000). Dalle poesie di Pianissimo e di Rimanenze alle prose di Trucioli, di Fuochi fatui, di Cartoline in franchigia. Manca Resine, ma è un'esclusione che nasce dalla volontà del poeta: «Resine non va ristampato». Non si tratta propriamente di un'edizione critica, ma è una golosa occasione per leggère quasi tutto Sbarbaro. Tornano «I nostri antenati» di Italo Calvino ristampati da Garzanti (pp. 409, L, 30.000) insieme con la nota che accompagnò l'edizione einaudiana del 1960. il visconte Medardo, il barone Cosimo Piovasco di Rondò, il cavaliere Agilulfo dei Guldiverni, misurano il tempo della loro durata tra favolose avventure e illuministiche trame di pensiero. «Diretta per Einaudi da Alberto Asor Rosa La letteratura italiana è arrivata al quarto volume: «L'interpretazione» (pp. 703, L. 85.000). I rapporti tra l'Interpretazione letteraria e la storia, la questione del generi, l'estetica e la critica letteraria, la sociologia della letteratura sono alcuni del temi trattati da studiosi come Cesare Segre, René Wellek, Francesco Orlando, Alberto Abruzzese, Emilio Garroni, lo stesso Asor Rosa e altri.

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